So che si tratta di un argomento spinoso, ma voglio condividere un mio recente pensiero.
Il titolo nasce da una recente discussione con un amico fotografo (amatoriale, come me), dove al solito siamo finiti a parlare di sviluppo, post produzione, foto ritocco e via dicendo. Inevitabile, dato che lui è un convinto assertore della fotografia che finisce al momento dello scatto, io viceversa sostenitore che il momento dello scatto è solo a metà del processo.
Come già capitato altre volte, ha voluto tirare in ballo Ansel Adams, fondamentalmente per evidenziare come anche un grande fotografo sia riuscito a produrre scatti fenomenali senza esposimetri automatici e senza poter correggere sul campo scatti mal riusciti.
Stavolta, però, mi è venuta in mente un'analogia che sto vivendo in questo periodo, avendo due figli attorno ai 13 anni: il telefonino.
Spesso, infatti, mi sento dire da non_genitori: eh, ma noi alla loro età non avevamo il telefonino...il mio primo cellulare l'ho preso a 37 anni...e via dicendo. Certo, non esistevano...non era difficile farne a meno...ma OGGI, il telefonino ce l'hai.
Non ho letto libri, ma molti articoli su A.A, mi sono reso conto che egli utilizzava il top disponibile in fatto di tecnologia in fase di scatto (il procedimento zonale che ha inventato, si basa su misure di evoluti, all'epoca, esposimetri, non a occhio) ma, soprattutto, usava tutte le tecniche possibili e immaginabili per correggere e tirare fuori il meglio in camera oscura.
Certo non usava il PC, ma è lo stesso discorso del cellulare: da quello che ho capito di questo artista, se fosse arrivato al digitale con ancora voglia di imparare, avrebbe cestinato pellicola, acidi e lampadine rosse in favore del più recente software di sviluppo....e credo che si sarebbe fatto moltissimi meno problemi di molti di noi a togliere, clonare, cambiare cieli e tutto quant'altro non gli andasse nello scatto originale.
Ovviamente, io e il mio socio ci siamo lasciato ciascuno ancora con le sue idee, ma dal canto mio ho messo a fuoco meglio alcune cose che avevo in testa.