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Della fotografia trasgressiva, dall’estetica dei “freaks” all’etica della ribellione, saggio su Diane Arbus

 Autore: Pino Bertelli  Categoria: Biblioteca  Editore: NdA press  Pubblicato: 2006  Pagine: 125  Prezzo: 13€  Tag: Livello AvanzatoSaggistica |
 Descrizione:

Indice Capitoli :

– Noi e gli altri tra identità e differenza, di Alfredo De Paz

– preludio: miseria e fotografia, rapporto sulle immagini e le teorie dell’impostura nell’epoca della falsificazione

– la scatola magica

– la decontrazione della comunicazione e il declino del vero

– la radicalità dello sguardo o il détournement della critica situazionista

– l’insurrezione dei freaks e la fotografia botole

– l’etica dell’osceno, immagini della cultura suburbana

– fotografia della crudeltà, l’oscenità del vero

– l’angelo nero della fotografia randagia, commiato di ieri e apologia eversiva dell’eu-topia

 

 

 

Introduzione di Alfredo De Paz

 

<< Il lavoro di Pino Bertelli non ha bisogno, secondo un’espressione usata (e abusata), anche in riferimento ad altri ambiti, di presentazioni. È un testo che si commenta, per così dire, da solo. E si commenta da solo per la forza, l’incisivita delle sue argomentazioni radicali, nonché per un modo di conoscere (e di far conoscere) la fotografia, differente da quello degli “storiografi” ufficiali che (chi sa perché?) si sentono solitamente autorizzati a tediare il povero lettore con centoni che assomigliano più a elenchi telefonici (pletorici come sono di nomi, di notizie, di indicazioni…) che a contributi critico-interpretativi. >>

<< Diane Arbus iniziò, come è noto, la propria attività come fotografa di moda, ma nel 1958 abbandonò tale attività per collaborare con la fotografa Lisette Model. La Model la cui visione si fondava su interessi sensibilmente umani, da un lato insegnò alla Arbus che nell’isolamento della figura umana sono riflessi gli aspetti più rilevanti della società e, dall’altro le fece comprendere che in una fotografia i dettagli più specifici costituiscono la fonte essenziale di un senso più generale. Dopo tale esperienza, la Arbus si defilò dal mondo dell’alta moda per approdare a un mondo costituito da persone che possono parere al di fuori della realtà o tragiche, ma la cui cultura è purtroppo significata da sistemi di valori eterogenei a quella stessa cultura e quindi il più delle volte violenti nei confronti dei valori e dei comportamenti di tali persone.
Il metodo della Arbus, in quanto ritrattista, andò indubbiamente al di là delle pratiche della fotografia di moda o documentaria; era un metodo che consisteva soprattutto nel minimizzare il rilievo dell’abito e dei fatti che circondano una persona per focalizzarsi sulla soggettività della persona stessa, nella sua dimensione materiale e psicologica.
Il ruolo della Arbus in quanto fotografa è stato quello di essere una compagna nei confronti di individui la cui autentica prova era quella di vivere con se stessi. Le sue immagini tematizzano il controllo, la disciplina di vita nonché gli eventi affrontati e/o superati nel vivere di questa stessa vita. Le persone delle sue fotografie avevano comunque fatto dell’esistenza considerata come attività comportamentale la loro soggettività e veritiera affermazione uscendone in un certo senso vittoriose. La sua concezione fotografica si spiega attraverso le immagini dell’emarginazione sociale e di situazioni che eccedono la cosiddetta normalità; si pensi, a questo proposito, a foto come Gemelle, Paradiso dei nudisti, oppure Quinta strada. Diane Arbus trovò la propria sorgente d’ispirazione caratteristica tra gli individui che Sander definì gli “ultimi uomini”. Qui ella fu capace di esprimere tutta l’inquietudine di un sistema di vita, servendosi, fra l’altro, di lunghi e incisivi titoli che aveva l’abitudine di apporre in fondo alle proprie opere, titoli che concentravano spesso tutta la storia che le sue fotografie registravano: Una giovane famiglia di Brooklyn durante una passeggiata domenicale. Il loro neonato si chiama Dawn. Il loro figlio è un ritardato mentale, oppure Questo è Eddie Carmel, un gigante ebreo ritratto accanto ai suoi genitori nella loro abitazione nel Bronx a New York.
Nella poetica fotografica di Diane Arbus ciò che risulta importante sono i tratti, i soggetti più che la composizione o la resa formale. >>

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