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Sottosezioni educazione all’immagine: commenti ed opinioni

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  • #1807307
    Claudio
    Partecipante

    Premessa

    Molti dei fraintendimenti che spesso ingenerano, anche tra gli studiosi, discussioni polemico-bellicose sono frutto non di nette divergenze teoriche, ma di posizioni che ogni sostenitore di una determinata tesi sceglie volutamente di mantenere parziali, per meglio amplificare il peso del proprio punto di vista.

    Il medesimo rischio di cadere nella polemica è naturalmente presente anche sui forum. Spesso però in questi casi si giunge ad una polemica del tutto sterile e fine a se stessa. Accade infatti non di rado che i partecpanti alle discussioni non abbiano la consapevolezza di come stanno le cose a livello teorico e si lascino piuttosto prendere da un sacro fuoco polemico che, al danno di non aumentare le personali conoscenze degli intervenuti, aggiunge la beffa di lasciare alle volte come strascico qualche amicizia incrinata.
    Ora questo legittimo non-sapere (perché è assolutamente legittimo quando la fotografia è un hobby!) viene generalmente risolto in due modi. Da un lato c’è chi con una posizione tanto paradossale quanto efficace, per i più svariati motivi, rifiuta qualsiasi discorso critico-teorico sulla fotografia e semplicemente sceglie di praticarla come gli pare. Poi dall’altro lato c’è chi invece si accontenta di brevi definizioni sentite qua e là e, senza preoccuparsi troppo della pertinenza, le tira in ballo tanto per dire qualcosa; oppure ancora c’è chi le convinzioni se le confeziona in proprio derivandole dall’esperienza diretta: cosa in sé lodevole e auspicabile se non fosse che poi, come se indossasse un paraocchi, pretende di ridurre la fotografia a ciò che è per lui fotografia: e così non fa che ripetere brevi motti che hanno l’apparenza di un mantra e la sostanza di uno slogan.

    Ciò che ci apprestiamo a fare in questa sede (ovvero nella sezione “Teoria e storia, tecnica e composizione fotografica”), non è certo dar battaglia ai succitati modi di accostarsi alle discussioni fotografiche.
    Semplicemente, volendo dar spazio a discorsi che mettano al centro di tutto il dialogo il confronto e l’approfondimento, e nella consapevolezza che per far questo deve essere predisposto un terreno fertile dove i discorsi possano crescere e autoalimentarsi senza lo spettro di polemiche distruttive, si è pensato di partire proprio creando tali condizioni favorevoli. E propedeutico a qualsiasi tipo di discorso che voglia ambire, pur con la massima umiltà, ad essere almeno un po’ tecnico e, soprattutto, descrittivo piuttosto che normativo, è l’avere una minima proprietà di linguaggio ovvero la conoscenza (cioè una minima consapevolezza critica) dei termini fondamentali di un certo ambito di discorsi.

    Da qualche parte bisogna pur cominciare e così si è pensato ad una distinzione che spesso viene data per scontata, ma che, se non tenuta in considerazione, porta a incomprensioni che poi è davvero difficile dipanare. Sto parlando della distinzione tra “poetiche” e “teorie”.

    Distinguiamo: “poetiche” e “teorie”

    Ciò che è bene sottolineare è che si tratta di due termini ricorrenti (e non di rado lasciati sottintesi) nei discorsi di fotografia, arte ed estetica. E ogni autore (dal fotografo, al critico, al teorico) tende, usando questi termini, a connotarli (più o meno parzialmente) di sfumature di significato ulteriori. Questo fa si che possano addirittura, in alcuni casi, apparire come sinonimi oppure divergere notevolmente.
    In questa sede (la sezione “Teoria e storia, tecnica e composizione fotografica”) si sceglie di proporre una distinzione atta a semplificare la storia semantica dei due termini. Adotteremo la distinzione classica proposta dall’estetica, una distinzione mutuata tra gli altri da Claudio Marra, il quale se ne è ad esempio servito dovendo scegliere quali testi includere/escudere nel volume “Le idee della fotografia : La riflessione teorica degli anni sessanta a oggi”.

    Poetiche:
    “la riflessione che gli artisti […] esercitano sul loro fare indicandone i sistemi tecnici, le norme operative, le moralità, gli ideali”; una riflessione che “può avere diversi caratteri secondo le prospettive storico-estetiche in cui si dà”; in ciascuna poetica sarà rilevabile “l’universalizzarsi di un aspetto particolare storicamente determinante dell’attività artistica” (Luciano Anceschi).

    Teorie:
    sono delle “riflessioni metacritiche” (Seymour Chatman), le quali – in opposizione con la critica normativa – hanno un’attitudine descrittiva. Nell’ambito della fotografia si tratta di quelle riflessioni atte a riflettere sull’oggetto di studio delimitandone i confini e le peculiarità, considerando costanti e varianti in un orizzonte diacronico. Si cerca di rispondere a domande che potremmo sintetizzare in un unico interregativo: che cos’è la fotografia?

    #1807312
    fotograficamente
    Partecipante

    Non sò se avrò la cultura e le capacità per poter comprendere i temi che saranno trattati,ma che dire…Interessantissimo.

    #1807385
    Franco
    Partecipante

    Volendo semplificare, la funzione poetica tende a restringere il campo, a limitarsi, mentre la teoria ad allargare il suo raggio d’azione, a comprenderne altri.
    Una tende ad implodere, l’altra ad esplodere evolvendosi al di fuori; una E’, l’altra vuole essere; una è realtà percepita, l’altra si basa su delle ipotesi …..

    Liborio Termine (l’estetica della simulazione, 1976, p.205) sul termine poetica riferito all’operato del registra Ronconi scrive alcune cose interessanti :

    [size=2][i][color=#000044]“Caratteristica della parola “poetica” è un naturale contrasto (una “esitazione prolungata”, Valéry) tra Senso e Suono, “onde ogni poesia e metalinguistica”, è cioè linguaggio che parla di se stesso, « perché ogni parola poetica è una scelta non compiuta tra il suo valore fonico e il suo valore semantico ».
    Ronconi ha voluto opportunamente mantenere tale contrasto, anzi attraverso la recitazione, l’ha sottolineato e persino dilatato. Ma lo spettacolo trasmesso non è solo fondato sulla parola: c’è anche l’immagine fisica, qualcosa cioè che contraddice la parola poetica che, in quanto suono e per ciò stesso « immagine », si pone in «contrasto con la realtà fisica di cui l’immagine [poetica] riprende e custodisce gli elementi».
    Come il regista, dunque, ha risolto quest’intima contraddizione? Attraverso un impiego dell’immagine filmica teso sempre a correggere, se cosi può dirsi, la naturale « ambiguità » della parola poetica: impiego che si regge, in gran parte, sull’uso, talvolta debordante, di continui movimenti di macchina. Una sorta di operazione metalinguistica (il discorso filmico) condotta su una contemporanea e diversa operazione metalinguistica (il discorso poetico). E la conseguenza è questa: che se la parola poetica — in cui il suono fa violenza al senso — « rovescia i rapporti di contiguità e similarità », il corrispettivo visivo tende a riportare quei rapporti alla « normalità »; tende, cioè, a rovesciarli di nuovo: da ciò uno scontro, di grandissima efficacia espressiva, tra la dilatazione semantica operata dalla poesia e la restrizione semantica operata dal testo visivo. (Naturalmente questo discorso vale anche se, come in questo caso, la scelta del materiale « fisico » è del tutto antinaturalistico, al punto, addirittura, ch’esso può dare l’impressione di essere stato scelto per sottolineare, in maniera del tutto « illustrativa », la rarefazione, la labilità fluttuante della Parola. E tuttavia non è la scenografia — anche se importantissima — o la scelta dei materiali che determina questo effetto: non è, per intenderci, il cavallo di cartone o le foglie secche nella stanza o il mare nella cantina che dematerializza la « materia », quanto, piuttosto, il linguaggio impiegato: l’uso della macchina da presa cinematografica sempre preoccupato di sottolineare il contrasto tra la fisicità dell’immagine e la dilatazione della parola poetica; sottolineatura di un contrasto, appunto, che tende a « materializzare » la parola e a rarefare l’immagine fisica). “[/color][/i][/size]

    Questo passaggio, anche se riferito all’immagine in movimento può trovare una decente collocazione anche con la singola immagine fotografica, che di certo non si lascia intimorire di fronte alle limitazioni dovute alla poetica “ristretta” al singolo momento catturato dal mezzo fotografico.
    Ed ecco che con alcune tecniche come il “mosso creativo”, l’autore si riappropria di una poetica del mezzo, che nell’intercalare dei limiti del tempo, trova una sua originale dimensione, sotto certi versi anacronistica, irreale, sotto altri punti di vista, consapevole di non poter seguire una coerenza cronologica, un “discorso temporale” classificabile in un determinato contesto storico.
    La perdita del referente principale dovuta dal mosso, diventa auto-referenziale (tipico della poetica) nel momento in cui si arricchisce della volontà dell’autore (il mosso “creativo”) per definire e caratterizzare la desinenza poetica attuata dall’autore stesso.

    Nella retorica Aristoteliana la poetica assume una funzione antagonista, per citare le parole di Roland Barthes (La retorica antica alle origini del linguaggio letterario e delle tecniche di comunicazione, bompiani 1972, pag,20) :
    “la retorica come : -l’arte di estrarre da ogni soggetto il grado di composizione che esso comporta-, o come – la facoltà di scoprire speculativamente ciò che in ciascun caso può essere atto a persuadere-……….. vale a dire: il mezzo per produrre delle cose che possono indifferentemente essere o non essere, e la cui origine sta nell’agente creatore, non nell’oggetto creato.”
    nella realtà fotografica contemporanea, la retorica non si antepone direttamente alla poetica, entrambe tendono a svelare un contenuto extra-descrittivo proponendo una differente mimesi (rappresentazione del mondo), in un caso denotata da una serie di fattori espositivi che tendono a ricercare un referente, dall’altro canto (poetica), con una spiccata auto-referenzialità.

    a pag.21 troviamo:
    “La retorica di aristotele è soprattutto una retorica della prova…….. volontariamente degradata, adattata al livello del pubblico, vale a dire del senso comune, dell’opinione corrente…………”

    Un adattamento di queste teorie vede nella retorica una parte costituente del mezzo fotografico (intelligenza tecnologica) e per ultimo nella facoltà autorale del fotografo, il giusto mezzo per creare delle “figure retoriche” di immagini visuali dove la rappresentazione figurariva è solo un pretesto per veicolare dei significati, talvolta “probanti”, atti a fornire una testimonianza, altre volte utili a determinare una poetica tesa a -caratterizzare- l’immagine, già di per se degradata dall’intervento (retorico) del mezzo fotografico.

    #1807435
    Claudio
    Partecipante

    E ora facciamo qualche esempio

    Cercando insomma di non essere né troppo approssimativi ma nemmeno troppo rigorosi, per semplificare ulteriormente le cose, si potrebbe partire da questa proporzione:

    :[color=#ff0000] POETICA[/color] = [color=#0000bb]CRITICO/TEORICO[/color] : [color=#0000bb”>TEORIA[/b]

    Esempio 1
    Su fotopadova.org viene raccontata la tecnica fotografica di cui si è servito Salgado per il suo recente lavoro intitolato “Genesi”. A monte delle scelte (alcune delle quali anche piuttosto discutibili) fatte dall’autore c’è una ben precisa idea personale di fotografia e ci sono delle ben precise necessità/difficoltà pratiche che sono state piegate al fine ultimo del progetto fotografico.
    Tutte le scelte operate da Salgado costituiscono, nel loro insieme, la poetica dell’autore: dunque poetica come “riflessione che gli artisti […] esercitano sul loro fare indicandone i sistemi tecnici, le norme operative, le moralità, gli ideali”.
    E la stessa definizione può funzionare bene anche nel momento in cui a “gli artisti” si sostituisca “i fotografi”.

    Esempio 2
    Marra (storico, critico e teorico della fotografia) nel sua raccolta antologica “Le idee della fotografia : La riflessione teorica dagli anni sessanta a oggi”, come abbiamo detto, si è trovato nella necessità di dover scegliere quali testi includere nell’antologia stessa.
    E nelle “Avvertenze” poste ad inizio volume si legge: “Rifacendoci alla classica distinzione che l’estetica pone tra teorie e poetiche, si è ritenuto opportuno escludere la riflessione prodotta in prima persona dagli artisti in quanto, pur risultando sicuramente decisivo per la delineazione di una complessiva identità della fotografia, questo tipo di pensiero rimane comunque sostanzialmente orientato sul fare e dunque troppo compromesso con la parzialità e il dogmatismo che la produzione dell’opera necessariamente richiede”.
    Cosa ci dice dunque Marra? Innanzitutto troviamo di nuovo sottolineato l’aspetto pragmatico delle poetiche (un “tipo di pensiero […] sostanzialmente orientato sul fare”) e poi nel contempo notiamo come venga scelto di escluderle – proprio per via della loro natura pratica e quindi parziale, oltre che dogmatica – da un’antologia che si propone come una raccolta della “riflessione teorica dagli anni sessanta a oggi”.
    Marra insomma ci propone una sorta di definizione in negativo: invece di dirci cosa è “teoria” ci dice cosa non lo è: e per indicare ciò che teoria non è usa il termine “poetiche”, proprio nell’accezione che qui in questo topic si è proposto di adottare.

    Esempio 3
    Ma allora cosa possiamo definire “teoria”? Continuiamo a servirci dell’antologia di Marra per cercare di capirlo un po’ meglio.
    Scorrendo le pagine dell’antologia troviamo testi di fotografi, ma anche di scrittori e registi e filosofi. E così vien da chiedersi cosa c’entrino questi specialisti di un altro settore con la fotografia. Come mai troviamo le considerazioni di Umberto Eco e non quelle di Henri Cartier-Bresson? Come mai troviamo le riflessioni di Italo Calvino e non quelle di Ferdinando Scianna? Come mai ci troviamo un brano di Wim Wenders e non uno di Steve McCurry? La risposta è semplice: perché i vari Eco, Calvino, Wenders hanno proposto uno sguardo descrittivo (“descrittivo”: questa è una parola fondamentale) chiedendosi in base alla loro esperienza diretta e/o indiretta cosa sia la fotografia. Chi propone una teoria offre uno sguardo che indaga le peculiarità che distinguono la fotografia dalla pittura o le differenze che la caratterizzano in rapporto al cinema, ecc. E così sorgono domande come: la fotografia può davvero essere considerata un linguaggio? Oppure: in base a quali premesse possiamo parlare di narrazione all’interno di una fotografia? O ancora: la fotografia è arte o è una pratica sociale? Oppure può essere entrambe le cose?
    Ponendosi queste ed altre domande e fornendo risposte ovviamente personali che si configurano (non come l’apologia di una ben precisa “poetica” bensì) come il tentativo di spiegare tutto ciò che in una determinata epoca viene fatto rientrare (e persino ciò che non vi rientra ma che anche solo potenzialmente vi potrebbe rientrare) sotto l’etichetta di “fotografia”, questo significa, detto in maniera molto poco accademica ma spero comprensibile, fare “teoria”.

    #1807477
    marco66
    Partecipante

    Da qualche parte ho letto un pensiero di Vitruvio Pollione (architetto) sulle capacita’ teoriche e poetiche che dovrebbe avere un buon architetto.
    Mi e’ capitato cercando informazioni sulla fotografia di quel filone.(per caso quindi non che io sia esperto in materia)
    L’argomento qui introdotto da Clanon mi ha ricordato quelle righe che al momento non ho collegato potessero essere valide anche per la fotografia .
    Tratto liberamente dal web…

    Vitruvio, ritornando al rapporto tra teoria e poesia, scrive: “…il vero architetto … dovrà possedere doti intellettuali e attitudine all’apprendere, perché né il talento naturale senza preparazione scientifica, né la preparazione scientifica senza il talento naturale possono fare il perfetto artefice. Sia perciò competente nel campo delle lettere e soprattutto della storia, abile nel disegno e buon matematico; curi la sua preparazione filosofica e musicale; non ignori la medicina, conosca la giurisprudenza e le leggi che regolano i moti degli astri…”.
    Come si vede già per Vitruvio, trattatista dell’epoca romana, è importante per la formazione di un buon architetto una formazione umanistica, globale.
    L’architetto affronta il problema dell’abitare, un problema che è all’origine dell’essere-nel-mondo dell’uomo, un argomento che ha le sue radici nel nucleo essenziale dell’antropologia: il rapporto dell’uomo con lo spazio, l’ambiente, il luogo che lo circonda.
    Tutte le categorie astratte dell’uomo, dall’immaginario alla logica, e le conoscenza sensitive ed empiriche, concorrono alla comprensione dello spazio-tempo dell’abitare. Ed è proprio la rilevanza del ruolo dell’architetto di mediatore ed interprete del rapporto uomo-ambiente in tutta la pluralità di significati che lo rende un umanista, una figura professionale che tende ad unire nella sua attività teoria e poesia, una persona che opera nel mondo con la ragione e con il cuore per la comprensione dei veri bisogni dell’umanità.
    [lo]

    #1807489
    Franco
    Partecipante

    Sotto certi versi il fotografo è architetto del suo -divenire fotografico- e artefice degli spazi e dei tempi (*) che si ritaglia a misura del suo percorso fotografico, ed è proprio con questa “misura” che la poetica del singolo fotografo, o di una corrente, si delinea e definisce nel contesto sociologico di riferimento, questo punto, già citato in precedenza, dovrebbe essere fondamento di ogni nostro sapere riguardo la natura, la crescita e lo sviluppo delle “poetiche” individuali, e di conseguenza, di ogni discussione in merito.
    Se è di tuo interesse, Marco, ti anticipo che prossimamente in questa sezione verranno trattati degli argomenti che riguardano la fotografia di architettura, soprattutto in ambito storico e artistico/concettuale.

    (*) “Spazi e tempi” intesi in senso ampio, a partire dalla realtà in cui il fotografo opera ed espone, al risultato finale : la stampa, tutto concorre a definire la natura degli spazi tramite delle distanze, dei rapporti tonali, delle masse e volumi, dei materiali, geometrie, contrasti, ecc.

    #1807499
    Itzer
    Partecipante

    Mah!… Ho qualche perplessità e non mi riferisco solo a questo post o a questa neonata (ennesima) sezione, ma ad una tendenza che mi pare stia prendendo piede.
    In tutta franchezza, che come sempre mi piace usare e posso permettermi, mi pare che qui stia facendo pura accademia, sfoggio di citazioni e riferimenti culturali noiosi e fini se stessi, “roba” elitaria, insomma, capace di “entusiasmare” 4 – 5 “eletti” a formazione umanistica o da scuola d’arte, non di più.
    Certo, potreste obiettare che non sono obbligato a leggervi, ma…. Sicuri sia questo il modo di risollevarCI?
    Dei personaggi che snocciolate, tolti per ovvi motivi Aristotele e Calvino, gli altri mai sentiti nominare. Eppure… è vero, da quando uso questo mezzo infernale leggo molto meno di un tempo, ma vi giuro che non mi son fermato alla scuola dell’obbligo. E se mi chiedete un sunto di quanto sin qui detto, dovrei rileggervi almeno altre cinque volte per cavarne fuori qualcosa di decente: no… troppa fatica, anche perché nessuno mi toglie dalla testa la convinzione che la fotografia sia qualcosa di culturalmente mooolto più semplice.
    E adesso, lasciando perdere gli altri cinquantamila, se su cinquanta frequentatori abituali non trovo almeno uno che mi dia ragione, vorrà dire che questo luogo non fa più per me.

    #1807500
    Claudio
    Partecipante

    Qualche precisazione, giusto per non fraintendere

    Quando Franco nell’attacco del suo primo post parla di “funzione poetica” semplicemente si serve di una tale espressione come sinonimo di “poetica”. Non c’è nessun riferimento alla probabilmente più nota “funzione poetica” teorizzata da Roman Jakobson.

    Sempre parlando di “poetica” ne approfitto per ribadire che la definizione che ho proposto e cercato di esemplificare è quella usata dai più nell’ambito dell’estetica. La parola “poetica” però ha una storia millenaria tanto complessa quanto altalenante a livello semantico; e per mere ragioni pratico-opportunistiche, meglio non soffermarsi troppo in questa sede sui (o – come del resto è stato fatto da Franco – toccare solo di striscio alcuni dei) vari momenti di questa affascinante ma anche complessa (e, ai fini di un discorso sulla fotografia, inutile) evoluzione semantica.

    Il bel passo di spirito umanistico-rinascimentale citato da Marco è stato da lui introdotto con le parole “teoria” e “poetica”, tuttavia a quelle due parole nel post è stato associato un significato diverso (per certi versi opposto) da quello presentato da me più sopra. Non vorrei confondere le idee, ma il non dir niente credo sarebbe ancora peggio. E allora…
    Marco ha usato l’etichetta “teoria” col significato di “competenze tecniche proprie dell’architetto” e quella di “poetica” come parola utile a riassumere sia la “formazione umanistica globale” sia quello che ha chiamato “cuore”. Ovviamente liberissimo di farlo, ma in un topic avviato con le premesse esposte nel primo post, la cosa può creare confusione in un lettore poco attento. Da qui la necessità di precisare.
    Già che ci siamo, ci si puo’ chiedere: cosa fa Vitruvio quando dice le cose citate nel passo? Il suo discorso è etichettabile come “poetica” o come “teoria”? Vediamo di rispondere. Vitruvio ci dice – in soldoni – quale è secondo lui la buona architettura. Dicendocelo ammette implicitamente che esistono (anzi: ce li indica pure!) altri modi di fare architettura ma non li considera adeguati. Insomma, riprendendo le parole di Marra, Vitruvio è parziale e dogmatico, quindi propone una “poetica” (tanto che lui oltre a parlare di architettura era anche e soprattutto un architetto in prima persona; così come un fotografo che preferisce parlare della sua fotografia piuttosto che con distacco di quella degli altri).
    Inoltre vanno contestualizzate almeno temporalmente (Vitruvio scriveva a cavallo dell’anno zero) le parole di Vitruvio; dopodiché, fregandose se siano o no “teoria” o “poetica”, le si possano trovare – così come le trovo io – splendidamente condivisibili, soprattutto oggi che viviamo in un’epoca di specialismi e specializzazioni.

    Riprendendo la già evidenziata polarità tra un procedimento descrittivo ed uno normativo, un altro modo di distinguere “teoria” da “poetica”, semplificando la questione, è il seguente:
    : [color=#ff0000]POETICA [/color] = [i][color=#0000bb]ISTANZA DESCRITTIVA[/color] : [color=#0000bb”>TEORIA[/i]
    Dove parlando di “istanza normativa” si intendono quei casi in cui un fotografo/autore/critico spiega come la fotografia deve essere (e ovviamente ci dirà come deve essere per lui); mentre parlando di “istanza descrittiva” si intendono quei casi in cui chi parla lo fa per descrivere il fenomeno (ovvero: cosa è fotografia in una data epoca) sotto tutti i punti di vista e senza preconcetti/dogmi/parzialità, ecc.

    Fare questa distinzione sarebbe davvero inutile se producesse due schieramenti opposti che urlano gli uni “meglio la teoria!” e gli altri “meglio la pratica!”. A dirla tutta non è nemmeno il caso di scegliere: quando ragioniamo sulle nostre foto, sui nostri personali gusti, su tutto ciò che ci rende almeno un pochino autori, bè, stiamo facendo dei discorsi di poetica. Quando invece guardiamo alla fotografia con più distacco senza sentire il bisgno di prendere posizione se non per sottolineare la forza o la debolezza di un ragionamento, facciamo discorsi di teoria. Due modi di fare e di vedere diversi, con scopi diversi, della cui diversità è sempre bene esser consci. Due modi di vedere e di fare che, con questa consapevolezza, possono benissimo convivere in ciascuno di noi.

    #1807501
    Claudio
    Partecipante

    [quote=”Itzer” post=635606]
    Certo, potreste obiettare che non sono obbligato a leggervi, ma….[/quote]

    Tu puoi fare e dire ciò che vuoi, ma come unica regola devi – al pari di tutti noi – rispettare il regolamento del sito. E col tuo intervento non lo hai rispettato.
    Eventuali dubbi, proposte, critiche, insinuazioni, chiarimenti ecc. sai in quali sezioni postarli o a chi inviarli tramite messaggio privato.
    Altri post fuori tema (di chiunque) verranno cancellati.
    Il titolo del topic è Distinguiamo: “poetiche” e “teorie”: di questo si parla, e non è affatto difficile da capire.

    #1807505
    Luca Lupi
    Partecipante

    [quote=”clanon” post=635608][quote=”Itzer” post=635606]
    Certo, potreste obiettare che non sono obbligato a leggervi, ma….[/quote]

    Tu puoi fare e dire ciò che vuoi, ma come unica regola devi – al pari di tutti noi – rispettare il regolamento del sito. E col tuo intervento non lo hai rispettato.
    Eventuali dubbi, proposte, critiche, insinuazioni, chiarimenti ecc. sai in quali sezioni postarli o a chi inviarli tramite messaggio privato.
    Altri post fuori tema (di chiunque) verranno cancellati.
    Il titolo del topic è Distinguiamo: “poetiche” e “teorie”: di questo si parla, e non è affatto difficile da capire.[/quote]

    Claudio,
    Se io ai tempi in cui ero moderatore avessi scritto un post come il tuo qui sopra mi sarei preso una lavata di capo in area riservata, sacrosanta peraltro.
    Su questo sito non mi risulta vigente una forma di rieducazione neonazista che imporrebbe di non poter esprimere liberamente una critica, soprattutto quando questo viene fatto in toni più che rispettosi.
    Sento di poter condividere ogni singola parola del commento di Paolo (Itzer), se vuoi scagliarti anche contro di me fai pure, spero di non vedere post cancellati perché se questo succedesse mi cancellerei all’istante dal sito.
    Se di vuole discutere bisogna anche essere capaci di comprendere e inserire nella discussione anche le voci fuori dal coro se si esprimono con rispetto.

    #1807516
    Franco
    Partecipante

    Per ironia della sorte questo specifico topic, il primo di una serie, è nato dalla speranza di alcune persone scoraggiate nel vedere quasi tutti i topic dove si discute di cultura, “disturbati” dai soliti interventi polemici, privi di contenuti, fuori regolamento, provocatori e qualche volta anche scorretti. La speranza era quella di fornire al lettore la conoscenza e l’approfondimento di alcuni termini dove spesso si tende a fraintendere, ad esempio uno dei prossimi sarà l’estetica, il concetto di “bello”.

    L’idea di evolvere la sezione educazione all’immagine è partita dall’idea di creare un’apposita area dove poter discutere di argomenti teorici con la facoltà di poterlo fare, senza essere disturbati da coloro che giustamente, in altre aree del forum non sono interessati a farlo.

    Il problema principale quando si parla di questi argomenti, soprattutto quando questi sono di natura concettuale, e la presenza di post fuori tema che tendono a distrarre coloro che sono intervenuti sull’argomento, quindi il post di Itzer e quello di Luca, entro stasera, dopo che tutti avranno potuto leggerli, verranno oscurati, al riguardo si spera in futuro di avere una maggiore collaborazione e magari perché no, anche qualche intervento interessante proprio da parte di Itzer e Luca.

    #1807521
    Itzer
    Partecipante

    Davvero non ho parole!
    Negli ultimi tempi mi son dovuto sorbire termini quali:
    “scoglionamento”… “disturbo”… “OSCURARE”!!!
    Adesso ne uso io uno che li riassume tutti: ARROGANZA, ovvero quella dote che, assieme alla maleducazione, proprio non sopporto nelle persone.
    Vabbè, non mi resta che prender atto e lasciarvi volentieri alla vostra prossima interessantissima e dotta disquisizione a due sul concetto di “bello”.
    Ahimè non potrò essere dei vostri per due semplici motivi: in primis perché la mia formazione non me lo consente e poi perché, da indesiderato “disturbatore”, la mia partecipazione in Canoniani.it finisce qui.
    Adieu

    #1807523
    Luca Lupi
    Partecipante

    Ahia, se le voci fuori dal coro sono considerate distrazioni, e ‘oscurate’ sono stati fatti dei passi indietro.
    Attendo di conoscere le determinazioni dell’amministratore in merito.

    #1807526
    Lorenzo Canoniani
    Amministratore del forum

    Le sottosezioni legate all’educazione all’immagine come detto nel topic di presentazione sono nate per dare giusto spazio e valenza ai vari temi in essa legati che vanno dalla storia della fotografia allo studio dei grandi autori e relative opere.

    Come ben capite per lo staff si tratta di affrontare un incredibile impegno di documentazione e di stesura dei vari topic finalizzati a portare sul tavolo di discussione dei concetti che diversamente rimarrebbero relegati ai libri di testo.

    Detto questo mi dispiace molto che il topic di presentazione di una di queste sottosezioni abbia preso una vena polemica che francamente non ci aspettavamo.

    Sappiamo benissimo a prescindere che tali sezioni non sono studiate per ricevere ampio consenso ma non è questo lo scopo per cui sono state create.
    Crediamo invece di offrire un luogo che nessun altro sito attualmente ha e se all’inizio sono in pochi a rispondere pazienza perché alla base l’idea è sana e potenzialmente vincente.
    Sono queste pertanto le basi che ci hanno spinto ad affrontare questa strada

    Per quanto riguarda il fatto di oggi può essere che siano stati usati toni un pò forti e me ne scuso ma non si deve dimenticare che per fare polemica è questione di un attimo mentre per cercare di costruire qualcosa di concreto non è per nulla altrettanto semplice.

    I post nel topic di presentazione non verranno oscurati, può diventare un luogo dove chiarire delle perplessità che i canoniani vedono in questa iniziativa, noi saremo al solito ben lieti di rispondere.

    #1807528
    Franco
    Partecipante

    Luca, non parlerei di voci fuori dal coro, ma di voci non pertinenti all’argomento trattato, se la sezione fosse moderata e quindi queste “voci” non comparissero perché fuori argomento, per te sarebbe meglio?
    E’ chiaro che non si vuole guardare le cose dal giusto verso : per tutte queste polemiche ci sono le apposite sezioni, non si chiede di non parlare, ma di aver rispetto di tutti coloro che svolgono dei compiti per la comunità, e quindi di fare le loro esternazioni, se proprio devono farle, attraverso gli appositi canali, oppure per via privata.

    Itzer, questa sezione si chiama “educazione all’immagine”, ma anche al di fuori dei discorsi legati all’immagine, è sempre gradita un po’ di educazione.
    Alcuni, per fortuna pochissimi, pensano che il forum sia un abito su misura, che debba essere cucito e studiato per le loro esigenze, che si possa scrivere qualsiasi cosa, senza come, e senza dove, senza lamentele di chi deve gestire il sito, e che l’unica sezione del forum (una su 64) non consona al loro grado di cultura, debba essere rivista per far piacere a loro…….
    Sono io senza parole……

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