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Dicembre 11, 2008 alle 9:41 pm #1415304Antony999Partecipante
Originariamente inviato da bisbi: « Prendete un giornale. Prendete le forbici. Scegliete nel giornale un articolo della lunghezza che desiderate per la vostra poesia. Ritagliate l’articolo…..” non mi sembra un metodo razionale questo, nonostante sia pensato…
😀 😀 😀 Preciso che non rido di te, ma delle affermazioni contenute nel manifesto! Questo non le conoscevo! Ma è solo una provocazione! Mi sembra di vederlo, tutto impettito e sicuro di se, davanti al pubblico dei benpensanti che lo deride e gli lancia improperi..
“L’irrazionale è per la scienza ciò che non può essere oggetto di previsione, ciò che non si può prevedere partendo dai modelli scientifici, i quali presuppongono un certo determinismo, ovvero presuppongono che date certe premesse, si possa prevedere un certo comportamento”.
Questo però è vero! Mi sembra una definizione più che esatta.
…è partire da un modello che ti consente di utilizzare un metodo razionale… ciò non vuol dire che chi agisce sia una persona irrazionale, ma si può agire in maniera irrazionale… i dadaisti sapevano ciò che volevano, ma non usavano metodi razionali, comprensibili e riconducibili… rottura… creare una rottura volutamente… ma in maniera irrazionale… non scientifica…
Ma, lasciando stare per un mommento da parte il dadaismo, pensi che l’arte in generale sia razionale? Pensi che un gesto, un accordo di sfumature di colore, in una composizione estetica che crea uno stato d’animo contrastante a seconda di chi la legge (c’é chi si annoia, chi si distrae, chi gode, chi si esalta), possano essere razionalizzate? Per comprendere quello che c’é dietro il dadaismo e tutte le altre correnti artistiche di ogni epoca bisogna esaminarle nel contesto del tempo e poi esaminare tutto insieme, dalle caverne alla cappella sistina. La rivoluzione, la necessità di stupire, di shoccare, non sono solo dei dadaismo. Guarda i tagli di Fontana, gli escrementi “opera d’artista” di Piero Manzoni, le installazioni, happening, le performance. Sono tutte “opere” che paiono irrazionali. L’arte concettuale, Land Art, l’Arte povera, la Body Art, la Narrative Art. Non sono più espressioni di una sensazione, ma esprimono un concetto, un’idea, “fondata sul pensiero e non più su un ormai frainteso ed equivoco piacere estetico”. “L’arte concettuale fu, in un certo senso, il punto d’arrivo del percorso che, dall’impressionismo in poi, aveva caratterizzato l’evoluzione dell’arte visiva contemporanea mediante la volontà di sottrarre l’arte medesima ai vincoli formali e culturali che ne avevano costituito la tradizione: la scelta di rinunciare addirittura all’opera dopo aver ripudiato in sequenza la prospettiva, la storia, la forma, il valore sociale, la realtà e la natura, rappresentò senza dubbio il momento più alto e, nel contempo, l’ultimo possibile offerto alla ricerca e all’ansia di novità delle avanguardie novecentesche” Bisogna vederle tutte come conseguenziali al primo segno tracciato nelle grotte col carbone, come la ricerca di vie nuove. Definire e logicizzare l’arte è come “negarla”. Queste correnti hanno rotto col passato, preparando il campo ai Picasso, ai Modigliani, ai Carrà, ai De Pisus, ecc. Credo che l’arte non sia mai stata veramente razionale. Già i segni tracciati nelle grotte col carbone o con la pietra, non rappresentavano la realtà, la logica; bensì l’astrazione, la tensione verso gli dei, l’esorcismo delle proprie paure, cioè verso un qualcosa che è possibile definire irrazionale ma che esiste, almeno nella mente “complessa” (?) dell’uomo. L’arte esprime il bisogno dell’uomo di comunicare qualcosa che ha dentro e che vuol venire fuori. Qualcosa che esalta ed atterrisce, che fa sentire grandi, “meno soli” e perfino importanti, anche al costo del ridicolo, in certe situazioni. Quindi è frutto della razionale-irrazionalità dell’uomo. Irrazionale perché forse non è ben compresa neanche da chi la fa; razionale perché è pur sempre frutto della mente pur limitata dell’uomo e del suo pensiero logico. L’arte nasce dal bisogno di esprimere una tensione interna. Il bisogno di colorare, di abbellire, di esprimere le ansie le gioie, le aspirazioni, i timori; di esorcizzare le proprie paure, di glorificare e trasfigurare i propri campioni e le proprie emozioni. In poche parole i sentimenti, le sensazioni dell’uomo, che sono insieme razionali ed irrazionali, dipende sempre dal punto di vista. Il problema è che, pur dovendo riconoscere il valore dell’arte, è molto difficile definirla ed incanalarla in qualcosa di oggettivo e razionale. Nel momento in cui lo fai, l’hai già troppo limitata e ridotta a qualcosa di minore. Ed in quel momento la neghi. Ma alla fine essa trionfa sempre. Da milioni di anni!
Dicembre 12, 2008 alle 5:01 pm #1415588bisbiPartecipantePreciso che non rido di te, ma delle affermazioni contenute nel manifesto! Questo non le conoscevo!
ti confesso che anch’io ho riso o meglio sorriso la prima volta che lessi questo stralcio di tzara (ai bei tempi del liceo) e mi è rimasto impresso… l’ho sempre considerato il manifesto non ufficiale ma che la dice lunga su chi erano i dadaisti… non è da sottovalutare comunque anche perchè rappresenta (senza volerlo) gli albori della tecnica del “collage”, anche se qui parla di poesia, molto utilizzata in seguito dai vari wharol basquiat ecc…
pensi che l’arte in generale sia razionale? Pensi che un gesto, un accordo di sfumature di colore, in una composizione estetica che crea uno stato d’animo contrastante a seconda di chi la legge (c’é chi si annoia, chi si distrae, chi gode, chi si esalta), possano essere razionalizzate?
questa è una domandona… meriterebbe un trattato… io col dadaismo ho voluto portare ad esempio un filone che secondo me può essere considerato tale, ma lasciando perdere Tzara and co. è difficile assolutizzare e definire razionale o meno una corrente o un’opera, anche se in alcuni casi ci siamo trovati davanti ad esempi estremi di razionalità e scientificità della tecnica applicati all’arte… se si pensa alla cupola del duomo di Parma affrescata dal Correggio si ha un esempio di scienza applicata all’arte, quindi di un metodo estremamente razionale… come dici tu esistono periodi in cui l’arte del momento voleva rompere col passato, e quindi si avviavano nuove idee nuovi concetti, nuove correti, sicuramnete più avviciniamo la lente storica verso di noi più ci si discosta dal concetto di arte razionale, o meglio basata su tecniche scientifiche…
Irrazionale perché forse non è ben compresa neanche da chi la fa; razionale perché è pur sempre frutto della mente pur limitata dell’uomo e del suo pensiero logico. L’arte nasce dal bisogno di esprimere una tensione interna. Il bisogno di colorare, di abbellire, di esprimere le ansie le gioie, le aspirazioni, i timori; di esorcizzare le proprie paure, di glorificare e trasfigurare i propri campioni e le proprie emozioni. In poche parole i sentimenti, le sensazioni dell’uomo, che sono insieme razionali ed irrazionali, dipende sempre dal punto di vista.
sono pienamente d’accordo, e aggiungo che in alcuni casi ricollegandosi alla domanda di prima è molto difficile rispondere, oppure assolutizzare…. si possono portare esempi, che rispondono all’uno o all’altro stato, ma poi in mezzo a questi esempi ci sono milioni di variabili stampate sulle memoria della storia dell’arte…. forse per riuscire ad arrivare ad un dunque a volte si può cercare di indagare su quella tensione interna che tu giustamente hai citato, forse è li la risposta alla tua domanda, forse indagando la troviamo proprio li….
Il problema è che, pur dovendo riconoscere il valore dell’arte, è molto difficile definirla ed incanalarla in qualcosa di oggettivo e razionale. Nel momento in cui lo fai, l’hai già troppo limitata e ridotta a qualcosa di minore. Ed in quel momento la neghi. Ma alla fine essa trionfa sempre. Da milioni di anni!
penso che il fatto di non poterla gestire, incanalare sia anche il movente che ci porta a lei, che ci consente di ricercarla, di rincorrerla, che ci porta a indagarla e poi a non trovare risposte, o magari le troviamo ma non saranno mai certe…
Dicembre 12, 2008 alle 5:07 pm #1415592bisbiPartecipanteio col dadaismo ho voluto portare ad esempio un filone che secondo me può essere considerato tale
mi corrego… non tale in quanto razionale ma irrazionale…
Dicembre 15, 2008 alle 4:03 pm #1416289Antony999PartecipanteOriginariamente inviato da bisbi: ti confesso che anch’io ho riso o meglio sorriso la prima volta che lessi questo stralcio di tzara ….
Io tenevo presente una scena del film “Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa” in cui Monica Vitti, nei panni di Ninì Tirabusciò, è sul palco coi futuristi e, con citazioni e cartelli annuncia imperturbabile, il manifesto del futurismo, mentre il pubblico la bersaglia con ortaggi e fischi. 😀 😀
… è difficile assolutizzare e definire razionale o meno una corrente o un’opera, anche se in alcuni casi ci siamo trovati davanti ad esempi estremi di razionalità e scientificità della tecnica applicati all’arte……. sicuramnete più avviciniamo la lente storica verso di noi più ci si discosta dal concetto di arte razionale, o meglio basata su tecniche scientifiche…
Ogni epoca ha i suoi canoni di bellezza, le sue regole razionali che non sono oggettive. Che hanno solo la parvenza di razionalità, di scientificità. Per comprenderci, immagina gli antichi greci che annunciano il manifesto del “segmento aureo”. Da quel momento ogni opera è costruita rispettando quelle “regole”. Immagina se quelle regole fossero ancora in vigore. Che noia! Tutto quello che abbiamo intorno avrebbe lo stesso stile. Immagina se fosse ancora di moda il barocco… con tutti i suoi orpelli! Col tempo uno si stanca di fare sempre le stese cose. Per questo le regole si cancellano, si cambiano. Per innovare bisogna fare ricerca. La ricerca parte da tentativi che vanno in molte direzioni, senza nulla di valido e riconosciuto fin quando non arriva qualcuno che riesce ad imporre altre regole che risultano plausibili, logiche, compatibili coi costumi ed i modi divedere dell’epoca. Ma gli artisti non sono mai completamente inseriti nella loro epoca. La loro mente spazia alla ricerca di qualcosa che stimoli il loro bisogno di comunicazione. Ogni artista prova vari stili, sempre alla ricerca di quello che gli risulti più congeniale. L’artista pare irrazionale perché l’arte pare irrazionale. Ma egli segue la sua strada di invenzione e creazione senza curarsi di quello che verrà. Sono gli altri, quelli che non sono artisti, a fissare le regole. Perché hanno bisogno di mettere etichette per capire, identificare. Ogni artista è a cavallo di varie epoche o le precorre. Egli non ha bisogno di etichette, ma solo di esprimere la sua arte. Perché, come dicevo, l’arte nasce dal bisogno di esprimere le tensioni interne. Il bisogno di colorare, di abbellire, di esprimere le ansie le gioie, le aspirazioni, i timori; di esorcizzare le proprie paure, di glorificare e trasfigurare i propri campioni e le proprie emozioni. In poche parole, i sentimenti, le sensazioni dell’uomo, che sono insieme razionali ed irrazionali, dipende sempre dal punto di vista.
….. è molto difficile rispondere, oppure assolutizzare…
Proprio così. Oggettivizzare, regolare, non è importante per chi fa arte. Lo è solo per chi non comprende l’arte. O solo per dare nome a delle epoche, a delle scuole. All’artista non commerciale in realtà non importa lo stile (anche se lo cerca), non importano le regole (anche se le applica). Conta solo esprimere la sensazione e stimolo che ha dentro.
…forse per riuscire ad arrivare ad un dunque a volte si può cercare di indagare su quella tensione interna che tu giustamente hai citato, forse è li la risposta alla tua domanda, forse indagando la troviamo proprio li….
Infatti!
…penso che il fatto di non poterla gestire, incanalare sia anche il movente che ci porta a lei, che ci consente di ricercarla, di rincorrerla, che ci porta a indagarla e poi a non trovare risposte, o magari le troviamo ma non saranno mai certe…
Concordo. Chi sente la febbre dell’arte la praticherebbe solo per il proprio piacere. Non sentirebbe neanche il bisogno materiale che lo costringe a vendere le proprie opere, se non per sostenersi o per affermare il proprio IO nei confronti degli altri, nelle mostre e nei concorsi. Infatti molti fotografi, nonostante spendano somme enormi per la fotografia, la considerano solo uno strumento per provare soddisfazione personale, non un mezzo di guadagno o di affermazione.
Dicembre 15, 2008 alle 4:27 pm #1416295Antony999PartecipanteOriginariamente inviato da Edgardo: Mi viene in mente di osservare come la rappresentazione fotografica “standard” tende a rappresentare la realtà, mentre il minimalismo tende a “suggerire”….
Più che a rappresentare la realtà, direi che “impone” un modo di lettura, precisando nell’opera ogni minima sfumatura, ogni luce, ogni dettaglio, in modo che chi legge possa vedere solo quello che gli è stato “preparato”, stabilito. Quindi è come se l’artista facesse un dettato al lettore. Invece il minimalismo è come se dicesse “io ti do il minimo di informazioni; non ci sono sfumature, non ci sono relazioni tra i dettagli deduci e leggi quello che più ti aggrada dalle poche informazioni che ti ho dato. Puoi metterle in relazione tra di loro come vuoi, nel mio quadro puoi capirci quello che desideri. A me non interessa dove vuoi arrivare.” Quindi è come imponesse la traccia di un tema e ti invitasse a svilupparla, come vuoi, secondo le tue idee.
Questa mi pare essere la caratteristica che maggiormente tipizza il minimalismo espressivo e lo rende – quando è realmente geniale – così affascinante. Rappresenta uno stimolo ad utilizzare la nostra immaginazione e a guardare oltre gli oggetti che già conosciamo (forse) bene. Edgardo
Proprio così. Pare una bella cosa! E’ come se ci desse, ad esempio, una casa, una montagna, un ruscello e poi ci dicesse, mettili in relazione tu… come preferisci, come ti senti dentro. E’ come se ci invitasse a fare arte con lui. A questo punto poteva darci solo la tela, i pennelli, i colori e dirci: “Dipingitelo tu, il quadro, come desideri!” 😀 😀 😀 Ma per capire il minimalismo dobbiamo inquadrarlo nel contesto storico dell’arte. Le regole erano ormai tante, da troppo tempo stantie ed oppressive. Non c’era più possibilità di inventare, perché quello che usciva dai canoni veniva rifiutato dalle gallerie. E ripetere sempre le stesse cose taglia ogni possibilità di invenzione. Allora qualcuno s’é detto.. Avete rotto! Da oggi faccio come mi pare. Tolgo ogni cosa che risponde alle “vostre stupide” regole. Vi lascio l’essenziale. Se la volete, la minestra è questa! 😀 😀
Dicembre 15, 2008 alle 5:18 pm #1416305Antony999PartecipanteOriginariamente inviato da bisbi: A mio modo di vedere il minimalismo che intendete voi può sfociare nell’arte astratta,anche se una è l’antitesi dell’altra, ……. l’arte astratta è un rifiuto alla rappresentazione reale del vissuto attraverso forme non ben definite ed oggettive.
Ma a mio parere hanno molto in comune. Entrambe danno “solo” delle indicazioni. E ci mancherebbero che non ci dessero almeno queste! Il mimalismo ci dà qualche cosa di reale, di semplice, di identificabile e ci invita a leggerci quel che si vuole. L’astrattismo ci dà qualcosa di complesso, che non è ben identificabile neanche negli elementi del suggerimento, e ci invita lo stesso a decodificarlo come si vuole.
…E’ una forma d’arte soggettiva, sfocia dall’animo di chi la pratica ed è una via di fuga dalla realtà.
Comunque l’arte è sempre un po’ soggettiva, sia per chi la “scrive”, sia per chi la “legge”. La realtà è sempre soggettiva, è sempre una piccola fuga dalla realtà. Ognuno legge la realtà come gli riesce, secondo il proprio gusto, le proprie sensazioni, paure, stati d’animo momentanei. la stessa strada ogni giorno può apparirti diversa. Oggi è bella perché sei felice, domani è tetra, perché sei triste. Anche davanti ad un quadro di Caravaggio c’é chi riceve un messaggio di forza, di colore, di luce, e c’é chi invece ci vede solo la “foto” della realtà. (Che poi è anch’essa sempre soggettiva). C’é chi comprende la complessità della siturazione ritratta, i sentimenti, la religiosità, il dolore. Chi invece ci vede solo dei bei colori per allietare il bagno.
Fotografare diventa quindi il nostro veicolo di astrazione…
Proprio così!
… ma non tutti sentono il bisogno di stravolgere le forme o le linee della realtà per renderla incomprensibile. Dipende secondo me dalla più o meno marcata irrazionalità che alberga in ognuno di noi.
Dipende da quello che vuoi esprimere! Per dare un’idea di delicatezza puoi fotografare un bimbo, un fiore, ecc. Ma se vuoi esprimere dei concetti più complessi, perché no, anche psichiatrici, 😀 😀 le forme e le linee ben definite possono essere molto limitative. Anche perché con esse è stato espresso un po’ tutto nel corso dei secoli. Ed i concetti sono ormai ripetitivi. Le forme astratte possono rendere dei concetti nuovi, che non esistono fisicamente in natura, ma che tuttavia esistono nella mente dell’uomo, anche razionale. In fotografia, dall’insieme puoi tagliare un particolare. Questo ora assume un nuovo significato, completamente diverso dalla funzione originaria. Una volta era un manico curvo di una brocca, ora, inquadrato storto, con la convessità verso l’alto, ti sembra la cima di una montagna strana, troppo regolare, ma gradevole. E’ una cosa che stimola la tua fantasia, la tua creatività! Hai fatto arte! 😀 😀 Ma la stessa cosa la fai ogni volta che riprendi un paesaggio e non segui le regole fisse dell’inquadratura classica, lasciando spaziare la tua fantasia, alla creatività. Non importa se è dritta o storta, l’importante che sia consapevole e guidata dall’intelligenza. Anche quando fotografi un paesaggio fai arte se segui un tuo gusto, delle idee, un significato, senza lasciarti bloccare dalle solite regole di composizione o soprattutto del taglio. Dal solito gusto stantio di miliardi di analoghe immagini, tutte insulse nel significato, anche se belle. Ecco perché la stessa Piazza San Marco, a Venezia, (“la realtà” come tu la chiami) può essere ripresa da milioni di turisti, in milioni di modi diversi. Ognuno di essi, infatti, vede la “realtà” in modo soggettivo (la sua realtà). Ognuno fa più o meno arte ed in modo più o meno consapevole, più o meno gradevole, o geniale, o sgradevole. Ognuno è artista. Ma solo quello “bravo” sa tirare fuori l’inquadratura più gradevole, più intrigante, più ricca di significato e di sensazioni. Ma egli è bravo perché ha dentro di sè gusto, capacità di sintesi, capacità di comunicare con l’estetica. C’è chi inquadra tutta la piazza, ma la sfoca e la storce fino a renderla irriconoscibile. C’é chi invece inquadra solo un piccione e l’estremità della prua di una gondola; ed ha comunicato che è a Venezia! Non solo! Può anche comunicarti, con l’inquadratura, col colore, con la nebbia, ecc., che è felice, che è stanco, che ha fame. 😀 😀 Invece quello che riprendeva “la realtà” dell’insieme non è riuscito neanche a dirti che stava a Venezia…. Quindi tramite dei simboli si può comunicare un concetto. Questa è arte. Allo stesso modo, tramite delle forme astratte si può comunicare la paura, l’ossessione, la serenità, la meraviglia, ecc. Cioè sensazioni, sentimenti complessi. Razionali o irrazionali, non importa. L’uomo sa essere entrambi. Da milioni di anni.
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