- Questo topic ha 3 risposte, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 13 anni, 2 mesi fa da Lorenzo Canoniani.
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Agosto 28, 2011 alle 2:32 am #1663355GionnyPartecipante
ATTENZIONE: Alcune parti non sono aggiornate, l’articolo è in attesa di revisione.
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DISCLAIMER: Nell’articolo sono state utilizzate alcune immagini. Non si intende violare alcun diritto di autore, esse appartengono ai rispettivi proprietari e (dove possibile) sono state indicate le rispettive provenienze.
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Su invito di Lorenzo70, ho scritto questo articolo “ricognitivo” sull’argomento video e videocamere con la speranza che possa essere utile o almeno interessante per chi lo sta leggendo, e magari possa dare qualche risposta a domande ricorrenti o aprire nuovi spunti e/o interessi.
Con tutta la buona volontà, ho cercato di scrivere un articolo il più completo e semplice possibile. Forse il titolo è troppo ampio per ciò che per ora sto proponendo, ma spero col tempo di mantenere la promessa fatta con esso ed ampliare il discorso fino a coprire tutti i principali argomenti.
Naturalmente qualora qualcuno di voi trovasse degli errori o imprecisioni, me lo può (anzi, deve) far sapere in modo da effettuare le dovute correzioni (magari con un MP in modo da mantenere più scorrevole la lettura della discussione). Grazie e buona lettura.Gli argomenti che saranno trattati sono: i principali formati video e i formati amatoriali; le tipologie e le caratteristiche delle videocamere digitali amatoriali; le reflex.
Naturalmente tutto ciò vuole essere prima una raccolta di informazioni di interesse generale sui sistemi video e poi una raccolta di informazioni utili per la scelta della videocamera/camcorder.
Non vi dirò io quale acquistare ma, se dopo aver letto questo mio lavoro, sarete in grado di fare autonomamente il vostro acquisto senza farvi prendere per il naso dal commesso di turno, allora l’obiettivo sarà stato raggiunto.Ora, siccome oltre che dare sterili dati voglio che ci sia una comprensione anche del perché si ha a che fare con caratteristiche che a prima vista possono sembrare “strane”, prenderò le cose un po’ più alla larga. Non sarà una perdita di tempo, ve lo assicuro.
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Parte 1: Nascita dei formati televisivi elettronici.
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Lo scopo di girare dei filmati (di qualsiasi tipo come compleanni, spettacoli o tutto quello che vi viene in mente) è quello di poterli poi guardare. Per poterli guardare è necessario poterli vedere su di un televisore/proiettore o un computer. Per fare questo è necessario che il televisore possa leggere il segnale registrato. Di conseguenza sono stati introdotti degli “standard” che definiscono le caratteristiche del flusso audio/video.
In realtà oggi la maggior parte dei televisori è progettata in modo da essere compatibile con più di un sistema e ci sono apparecchi come i lettori DVD o decoder che sono in grado di “mediare” il segnale per adattalo allo standard desiderato. Nonostante questo le caratteristiche di base con cui sono progettati i televisori rispecchiano quelle del sistema televisivo in uso nel paese in cui saranno venduti. Bisogna anche dire che ormai i programmi per computer sono in grado di modificare tutte le caratteristiche necessarie alla finalizzazione da soli, ma personalmente credo che sia bene conoscere le caratteristiche fondamentali di questi sistemi (soprattutto per quelli che si vogliono cimentare nelle riprese con le reflex). In Italia si tratta dello standard PAL.Partiamo da lontano.
Siamo nel 1940 e negli Stati Uniti si sentì la necessità di standardizzare le apparecchiature televisive a tubo catodico (le TV e le telecamere erano basate sulla stessa tecnologia CRT) che si stavano diffondendo dalla metà degli anni ’30. Ogni produttore di TV, infatti, fabbricava gli apparecchi secondo proprie specifiche e questo non favoriva il raggiungimento di una qualità minima del servizio.
In quel anno fu istituito il “National Television System Committee”, che nel 1941 pubblicò il primo standard televisivo “collettivo” per trasmissioni in bianco e nero.
Non potendo cancellare dal paese tutti gli apparecchi già in funzione, questo formato fu concepito per mediare le caratteristiche degli apparecchi già sul mercato. In particolare in questo modo venne influenzata la risoluzione, ovvero il numero di linee orizzontali della “scansione” che doveva essere compatibile sia con gli apparecchi prodotti da RCA (441 linee, sistema usato già dalla emittente NBC) che con gli apparecchi prodotti da Philco (605 linee) e DuMont (800 linee). Il risultato fu uno standard dotato di una scansione di 525 linee (di cui però, per motivi tecnici, solo un massimo di 487 erano visibili su schermo), fattore di forma (aspect ratio) 4:3 e audio trasmesso in FM.
La frequenza di aggiornamento (refresh) merita una spiegazione più dettagliata.
Come sappiamo, per percepire movimento è necessario aggiornare molto rapidamente l’immagine proiettata sullo schermo. Per fare questo il tubo catodico deve disegnare ogni fotogramma un determinato numero di volte al secondo e deve farlo linea per linea (disegna la prima, torna indietro, disegna la seconda, torna indietro, disegna la terza, ecc.). Per semplificare le cose e contenere i costi di produzione, negli anni ’30 e ’40, si pensò di collegare la frequenza di aggiornamento delle immagini con la frequenza con cui l’impianto elettrico cambia direzione del flusso di corrente, 60 volte al secondo (60 Hz) negli Stati Uniti. In questo modo si sarebbero dovuti trasmettere (e quindi disegnare) 60 fotogrammi (frame) al secondo, ma la tecnologia per raggiungere questa frequenza all’epoca aveva costi proibitivi e di conseguenza gli apparecchi non sarebbero stati commerciabili. Il compromesso fu trovato inventando lo “scanning interlacciato”, ovvero, i frame vennero divisi in due “campi” (field), il primo (alto) composto dalle linee dispari, il secondo (basso) dalle linee pari che venivano aggiornati alternatamente. In questo modo si originavano non più 60 frame al secondo, ma solo 30 (tutti divisi a metà). La sensazione di movimento veniva comunque trasmessa correttamente all’occhio umano e si poteva dimezzare il numero di linee che il tubo catodico doveva disegnare rendendo accettabili i costi di produzione e dimezzando la banda necessaria alla trasmissione del segnale televisivo.Immagine esplicativa ci come si svolge l’aggiornamento nello scanning interlacciato:
[IMG]public/imgsforum/2011/8/interlaced_fields.jpg[/IMG]
(Immagine tratta da http://www.doom9.org/)Ricapitolando, lo standard televisivo statunitense aveva 525 linee, frequenza di aggiornamento di 60 semi-campi al secondo e fattore di forma 4/3 (oggi potremo chiamarlo 525i-60).
La successiva evoluzione fu l’inserimento del colore.
I tubi catodici erano stati aggiornati con la possibilità di proiettare anche i colori di base in modo da poter trasmettere immagini a colori e il “National Television System Committee” venne di nuovo convocato nel 1950 per aggiornare lo standard che aveva istituito un decennio prima. Alla fine del 1953 venne approvato il nuovo standard, le modifiche principali riguardarono l’inserimento del colore (si aggiunse il segnale di crominanza al già presente segnale di luminanza) e, a causa di una interferenza riscontrata fra il segnale audio e il segnale di crominanza, si “rallentò” il framerate a 29,97 frame (59,94 campi) per secondo. Il nuovo standard era pienamente compatibile con i vecchi apparecchi in bianco e nero (che leggevano solo il segnale di luminanza) e prese il nome di NTSC. Nel 1954 venne commercializzata la prima telecamera televisiva che rispettava pienamente il nuovo sistema. Questo standard si è diffuso nel Nord America, gran parte del Sud America, e in alcuni paesi asiatici com il Giappone.In Europa, intanto, si stava diffondendo la TV in bianco e nero e negli anni ’50 iniziò la pianificazione per il passaggio al colore.
Il sistema NTSC venne presto scartato principalmente per due problemi: le reti elettriche europee funzionavano (e funzionano tutt’ora) a 50 Hz; il sistema americano soffriva (in determinare condizioni) di alterazioni del colore, tanto da essere soprannominato “Never The Same Color” (“Mai lo stesso colore”).
I lavori partirono nei vari paesi dell’Europa occidentale e nel 1963 fu pubblicato lo standard PAL (Phase Alternating Line), sviluppato presso la Telefunken in Germania. Il sistema venne sviluppato a partire dallo NTSC e come quest’ultimo era 4/3, ma i frame scesero a 25 al secondo (50 campi) per adeguarsi alla rete elettrica a 50 Hz in uso in Europa, inoltre questo abbassamento di frequenza permise un aumento della risoluzione a 625 linee (in realtà quelle visibili sullo schermo erano da un minimo da 540 ad un massimo di 570 a seconda del televisore) e venne corretto il problema dell’alterazione del colore. Negli anni seguenti questo standard si diffuse nei vari passi dell’Europa occidentale, ma non in Francia, dove venne sviluppato il SECAM (molto simile al PAL, ma non consentiva un montaggio analogico delle immagini sopra una determinata complessità), più per motivi politici che realmente tecnici, credo. Il SECAM si diffuse anche un Unione Sovietica.Chi si fosse chiesto il perché dei 25/30 fps o il perché della differenza della risoluzione tra i sistemi PAL e NTSC o semplicemente perché non si è adottato lo stesso sistema in tutto il mondo, ora ha avuto una risposta (almeno a grandi linee).
In tempi un po’ più recenti, si iniziò a sviluppare lo standard ad alta risoluzione, noto commercialmente come HD (“High Definition”). Dopo decenni di lavoro si è giunti allo standard attuale, che (essendo digitale) unifica senza problemi il numero di punti che compongono l’immagine, ma nonostante questo mantiene lo stesso numero di frame degli standard NTSC e PAL/SECAM.
Questa immagine dà un esempio del rapporto fra le dimensioni dei vari formati televisivi e per computer a parità di dimensioni dei pixel:
[IMG]public/imgsforum/2011/8/Standard_video_res.jpg[/IMG]
(Immagine tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/HDTV)Già da tempo sono allo studio standard a risoluzione ancora maggiore, ma passeranno anni prima di vedere questi sistemi applicati su larga scala.
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Parte 2: La registrazione ed i formati video.
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Alla fine degli anni ’40, la tecnologia televisiva si stava già diffondendo in vari paesi, ma rispetto al cinema aveva un piccolo ed insignificante problema: registrazione e riproduzione. Questo problema era molto sentito in particolare negli Stati Uniti, dove, a causa dei numerosi fusi orari che si trovano sul territorio, era necessario organizzare le trasmissioni in differita a diversi orari per adeguarsi agli orari dei due fusi di riferimento del paese (costa est e costa ovest). In quel periodo l’unica maniera disponibile per fare tutto questo era il Kinescope.
In questa immagine possiamo vedere un Kinescope:
[IMG]public/imgsforum/2012/4/Kinescope_at_the_Canada_Museum_of_Science___Technology_-Ottawa-.jpg[/IMG]
(Immagine tratta da http://en.wikipedia.org/wiki/File:Kinescope_at_the_Canada_Museum_of_Science_%26_Technology_-Ottawa-.jpg)Dietro a questo nome si nascondeva un apparato composto da un monitor (dove scorrevano le immagini in fase di trasmissione) con di fronte una cinepresa accuratamente sincronizzata con la frequenza di aggiornamento delle immagini e caricata con pellicola per riproduzione, la quale sarebbe poi diventata il materiale destinato all’archivio ed alla ri-trasmissione. Si tratta praticamente del precursore del Telecinema che è stato impiegato per decenni per trasportare film, sceneggiati e cartoni animati sulla televisione. Per mezzo di un apparato concettualmente analogo al primo, ma composto da un proiettore ed un tubo di ripresa, la pellicola poteva essere ritrasmessa per repliche o differite.
Appare evidente che questa tecnologia era rischiosa, nel senso che per poter effettuare una differita, era necessario sviluppare la pellicola in tempi brevissimi e proiettare immediatamente il film nell’apparecchio riproduttore con tutti i possibili imprevisti del caso (ritardi e danneggiamenti in primis). Non a caso c’erano varie aziende interessate a rendere più agevoli queste operazioni. La BBC (British Broadcasting Corporation), nel 1952, fu la prima ad annunciare la sperimentazione di sistemi di registrazione concettualmente simili a quelli sviluppati in Germania durante l’epoca nazista per le registrazioni sonore: cioè impiegare lunghi nastri magnetizzati su cui immagazzinare immagini e suoni trasformati in segnali elettrici (gli stessi segnali sui quali erano basate le trasmissioni).
Il sistema sviluppato da BBC (chiamato VERA, Vision Electronic Recording Apparatus) richiedeva enormi bobine di nastro metallico magnetizzato e nonostante numerosi anni di sviluppo (fu pronto solo nel 1958) ed un forte interesse da parte dell’emittente inglese nel capitalizzare la propria ricerca, venne soppiantato e reso obsoleto (anche presso la BBC) già nel 1956 dal sistema sviluppato da Ampex, il Quadruplex che impiegava nastri larghi solo due pollici (5 cm) e necessitava solo di 15 pollici (38 cm) di nastro per contenere un secondo di registrazione.La foto di un VERA:
[IMG]public/imgsforum/2012/4/bbc_vera.jpg[/IMG]
(Immagine proveniente da http://www.terramedia.co.uk/media/television/bbc_vera.htm)Il Quadruplex fu il primo sistema di registrazione ed archiviazione basato su nastro magnetico impiegato dalle emittenti televisive. Oltre alla maggiore praticità nelle operazioni di registrazione rispetto alle pellicole, permise anche un sensibile abbattimento dei costi di gestione degli archivi, anche se (purtroppo) non sufficiente a preservare tutta la produzione televisiva degli anni ’50 e ’60. Era infatti diffusa la pratica del riciclo dei vecchi nastri, cosa che portò alla distruzione di numerose ore di video, a volte “inutili”, ma in alcuni casi anche importanti a livello storico o culturale, la cui perdita ha generato grande rammarico. Per avere un’idea della gravità della cosa provate a cercare informazioni sugli episodi perduti di Doctor Who e che “macchina” è stata messa in moto per tentarne il recupero.
Naturalmente il Quadruplex non fu l’unico standard degli anni ’50 e ’60, dopo di esso vennero sviluppati altri sistemi basati su nastri e bobine di dimensioni inferiori e qualità pari o superiore, ma la vera novità nel settore arrivò solo nel 1969. In quell’anno, Sony annunciò un nuovo formato broadcast per la registrazione video, lo U-matic, la cui particolarità e caratteristica vincente era il fatto che il nastro era contenuto in un involucro di plastica il cui compito era di proteggere il suo fragile contenuto (il nome era dovuto alla forma ad “U” del percorso del nastro all’interno del caricatore). Questo formato è noto anche come 3/4 poiché il nastro è largo 3/4 di pollice.
A partire dal 1971 il nastro da 3/4 fu immesso sul mercato e la sua formula (la cassetta) è stata impiegata da decine di altri standard come il famosissimo Betacam (analogici e digitali, a definizione standard o HD) fino ai giorni nostri. Non credo che esista o esisterà per parecchi anni ancora alcuna emittente televisiva (nuova o vecchia che sia) o professionista del video che non possieda un archivio di nastri magnetici. Solo nell’ultimi 5 o 6 anni i nastri stanno lasciando il posto, prima, ai dischi ottici e, poi, alle memorie solide ed a tutti i mille formati con cui oggi è possibile lavorare.
Il problema della registrazione e dell’archiviazione di contenuti video dell’ambiente broadcast furono affrontati anche nei settori dove non era richiesta la qualità televisiva, quindi i sistemi di registrazione elettronica arrivarono anche per i professionisti e, in seguito, anche per gli appassionati (che all’epoca usavano piccole cineprese con pellicole da 8 o 16 mm).
Il primo registratore VTP (Video Tape Recorder) messo in vendita nel mercato consumer risale al 1963 e fu seguito da vari altri modelli (tutti chiaramente ispirati ai ben più costosi sistemi televisivi), ma solo nel 1969 venne prodotto un sistema standardizzato, lo EIAJ-1 (Electronic Industries Association of Japan), si trattava di una famiglia di registratori a bobine simile per concetto a quelli che lo avevano preceduto, ma frutto della collaborazione di più aziende, caratteristica che chiaramente permise maggiore libertà di impiego rispetto ai predecessori. Poi arrivò anche in questo settore la tecnologia dei VCR (Video Cassette Recorder).
Nel 1971 fu la volta dello U-matic (questa volta in versione consumer), seguito a ruota nel 1972 dalla serie VCR (che fantasia!) di Philips. Questi apparecchi erano caratterizzati da grosse cassette quadrate e da una buona qualità generale ed erano principalmente pensati per il settore educativo (forse per questo hanno goduto di una buona diffusione), ma anche per quello domestico, anche se non erano prodotti per tutti. Devo ammettere che fino ad ora forse ho perso di vista un aspetto importante, cioè quello economico. Tutto quello che sto descrivendo, all’epoca non era affatto a buon mercato e pochi potevano permettersi oggetti di tale lusso, per fare un esempio, nel 1972 uno di questi registratori di Philips costava poco meno di una Mini.
No, non la minigonna, intendo proprio l’automobile!
Un altro formato importante fu il Cartrivision (1972) che grazie a forti compromessi qualitativi poteva raggiungere quasi due ore di filmato (fu il primo formato per il quale vennero messi in commercio dei lungometraggi cinematografici), ma la grande diffusione dei video-registratori casalinghi arrivò dopo 1975.
Proprio in quell’anno vennero messi sul mercato il Panasonic VX (che ebbe vita brevissima e infruttuosa) e il Betamax di Sony. Il Betamax fu uno standard molto importante, nato per soddisfare esigenze professionali e domestiche, fu il primo standard a diffondersi in maniera importante nel settore consumer. Fu tanto importante che nel 1984 negli Stati Uniti venne emessa una sentenza nota come Betamax Act nella quale si stabilì che le registrazioni da fonti televisive non sono reati rispetto alla legge sul Copyright.
Nonostante le ottime caratteristiche del formato e degli apparecchi riproduttori, il Betamax non superò lo scontro con il VHS di JVC (1976), il quale, grazie ad una migliore strategia commerciale, vinse il sul terreno della diffusione relegando il Betamax a quote minoritarie di mercato.
Dopo il VHS arrivarono sul mercato il Video2000 (1979, noto anche come V2000 o VCC, Video Compact Cassette) di Philips che poteva essere registrato su entrambi i lati, il CVC (Compact Video Cassette) di Funai che aveva dimensioni di poco superiori a quelle di una audio-cassetta e il S-VHS (1987) che è una versione fortemente migliorata del VHS.In questa immagine vediamo assieme delle cassette VHS, Betamax, VHS-C e Video8:
[IMG]public/imgsforum/2012/4/four-video-cassettes.jpg[/IMG]
(Immagine proveniente da: http://simplydv.biz/video-transfers/video-to-dvd-convert-transfer-copy/four-video-cassettes-650/)Altri formati a nastro magnetico sono stati sviluppati appositamente per il mercato delle videocamere amatoriali e/o professionali come il VHS-C (e SVHS-C), il Video8 (e le sue successive evoluzioni Video Hi8 e Video Hi8 XR), il DV (in versione standard e mini) ed in fine lo HDV.
Discorso a parte per il Laserdisc (nato come DiscoVision, presentato nel 1978 e padre dei successivi CompactDisc), VideoCD (Digital Video Compact Disc-1992), il DVD (Digital Versatile Disc-1997) ed i moderni HD DVD e Bluray (questi due sono stati oggetto di una guerra simile a quella di VHS e Betamax che ha visto vincitore il formato Bluray) i quali nascono solo come sistemi di riproduzione e non di registrazione e dei quattro solo il DVD ha visto sul mercato dei veri e propri registratori.
Oggi, grazie alla forte integrazione con i computer, anche nel settore amatoriale e professionale assistiamo ad una forte riduzione di richiesta dei formati basati su nastro magnetico e (passando per lo stadio intermedio degli HDD) ad un aumento di quelli basati su memorie solide. In questo caso il formato che la fa da padrone è lo AVCHD (ed i suoi derivati professionali) anche se stanno aumentando le videocamere che lavorano con formati espressamente concepiti per la fruizione al computer come i formati MPEG4, precursori e derivati dello stesso AVCHD.Qui di seguito troverete un’infarinatura dei principali e più diffusi formati video amatoriali.
ATTENZIONE: A seguire parlerò anche di framerate. Nella realtà dei fatti, la stragrande maggioranza delle videocamere registra a 23.976, 25, 29.97, 50 e 59.94 frame per secondo, nonostante questo mi riferirò ad essi con i valori nominali di 24, 25, 30, 50 e 60 fps anche se il valore reale è quello menzionato sopra. Spesso anche i produttori indicano solo i valori nominali sulle loro schede tecniche.
Solo poche telecamere/macchine da presa di altissimo livello sono in grado di lavorare veramente alle frequenza nominali, ma non è un problema visto che le immagini che si producono con i camcorder amatoriali vengono generalmente visualizzate su televisori che funzionano in base ai framerate reali e non nominali.****************************************************************************************************
Parte 2.1: I formati video analogici.
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Il formato Betamax
[IMG]public/imgsforum/2012/4/100px-Logo_betamax_01.gif[/IMG]
Con questo formato iniziò il declino dei formati a pellicola (le famiglie ad 8 e 16 mm) in ambiente amatoriale e professionale. Presentato nel 1975, fu il primo vero mezzo di registrazione magnetica in grado di diffondersi a livello amatoriale e domestico (benché benestante).
In fase di progettazione, Sony, rimise mano alle specifiche dell’U-matic in modo da renderlo più economico. La modifica principale fu la riduzione delle dimensioni del nastro che passò da 3/4 di pollice ad 1/2 grazie al differente schema con cui venivano registrati i segnali elettrici. Schema che (assieme alla forma che assumeva il nastro mentre veniva trasportato nel registratore), poiché simile alla omonima lettera dell’alfabeto greco, ispirò il nome “Betamax” in congiunzione con il suffisso “-max” (come maximum) per testimoniare la grande qualità del formato. Anche la cartuccia in plastica che contiene il nastro ha dimensioni più piccole di quelle delle U-matic, simili a quella delle più comuni VHS ma più corta.
La risoluzione apprezzabile a schermo del formato Betamax si attesta intorno alle 240 linee (simile a quella dell’U-matic e del successivo VHS) e nonostante il confronto con i formati broadcast mettesse in evidenza la relativa “povertà” del formato (le informazioni contenute sul nastro equivalevano più o meno al 30% di quelle contenute nei formati professionali), esso era comunque sufficiente per il mercato di destinazione e (a detta di molti) nettamente superiore ai formati concorrenti dell’epoca. Le varianti del sistema sono naturalmente la PAL (50i), la NTSC (60i) e la SECAM (50i) in base al mercato di destinazione.
A livello di produzione video, come già anticipato, fu la prima causa del declino delle pellicole, infatti si diffusero degli appositi registratori divisi in due parti collegate da un cavo, una per la codifica/decodifica dei segnali, l’altra contente il registratore vero e proprio (il deck). Grazie a questi apparecchi i professionisti (e gli appassionati abbienti) potevano impiegare delle videocamere apposite (all’epoca erano del tipo dotato di tubo di ripresa) da collegare al registratore portato a tracolla. Ma questo sistema, perfettamente adeguato ai professionisti che erano abituati all’attrezzatura ingombrante e pesante, non soddisfaceva i video amatori, i quali avrebbero gradito macchina simili alle vecchie cineprese. Per questa ragione vennero prodotte delle videocamere con registratore incorporato, cosa che però comportò una modifica rispetto ai modelli precedenti tale che questi apparecchi non erano in grado di riprodurre ciò che registravano, obbligando i loro utenti a dover passare per forza attraverso un secondo video-registratore. Questa fu una delle cause dell’insuccesso commerciale del formato Betamax.
La seconda e più importante causa riguardò soprattutto la politica commerciale che mise in posizione svantaggiata il Betamax rispetto al VHS.
Per fronteggiare la concorrenza il Betamax venne aggiornato più volte sia sul versante video (si raggiunsero le 500 linee del’ED Betamax nel 1988) sia sul versante audio con l’introduzione del suono Hi-Fi, venne anche introdotta una modalità con velocità del nastro dimezzata (che oggi chiameremmo Long Play-LP) per permettere il raddoppio della durata della riproduzione. Tutto però fu inutile, il terreno perso nella fase iniziale di diffusione non venne mai recuperato.
Sony riuscì comunque a capitalizzare la ricerca e lo sviluppo fatta sul Betamax, grazie alle migliorie apportate e ad alcune modifiche mirate all’aumento della qualità, nel 1982, venne introdotto il Betacam, formato industriale concepito per l’impiego televisivo e professionale ancora oggi in uso in numerose varianti, anche digitali.****************************************************************************************************
Il formato VHS
[IMG]public/imgsforum/2012/4/VHS.jpg[/IMG]
Il Video Home System è un formato indirizzato esplicitamente al mercato domestico. Venne introdotto da JVC nel 1976 e si scontrò immediatamente con il Betamax per ottenere la maggior quota di mercato possibile. Basato su sul nastro magnetico da 1/2 pollice di larghezza, ha una risoluzione in linee simile a quella del Betamax, ma la qualità intrinseca dell’immagine era inferiore (credo che sia inutile ribadire oltre il concetto che la qualità non è direttamente proporzionale alla quantità, giusto?). Nonostante questa inferiorità, esso poteva contare sulla maggior durata dei nastri e sulla politica di rilascio della licenza di fabbricazione a più aziende, due caratteristiche che fecero preferire questo formato al coevo Betamax decretandone il successo. Anche in questo caso gli standard di riferimento sono PAL, NTSC e SECAM.
Analogamente al Betamax, anche in questo caso le prime videocamere pensate per impiegare il sistema VHS prevedevano l’uso di un registratore separato, poi si diffusero videocamere con deck incorporato, con la differenza che in questo caso, esse permettevano anche la riproduzione dei video appena registrati. Questa fu un’ulteriore stoccata al formato concorrente.
Per aumentare ulteriormente la quota di mercato dei video amatori, nel 1982 venne introdotto il VHS-Compact (VHS-C), il cui scopo era quello di permettere la miniaturizzazione delle videocamere senza perdere la compatibilità con i comuni apparecchi casalinghi. La caratteristica principale di questo formato era la riduzione delle dimensioni della cassetta impiegando, però, lo stesso nastro e la stessa codifica delle sorelle maggiori, in questo modo era possibile girare tutti i video desiderati ed in seguito guardarli sul normale videoregistratore semplicemente mettendo la cassetta in un adattatore. L’unica limitazione di questo formato rispetto al progenitore stava nella durata del nastro che era limitato ad un massimo di 45 minuti.
Anche il VHS ha subito degli aggiornamenti per reggere meglio la concorrenza, l’introduzione della modalità LP, l’audio passo dal segnale mono allo stereo per poi arrivare all’Hi-Fi nel 1984, e nel 1985 vegeto rilasciate le specifiche che portarono la risoluzione a 250 linee (senza però apportare miglioramenti apprezzabili nella qualità generale). L’aggiornamento più importante però avvenne nel 1987 con l’introduzione del Super-VHS.
Altre variazioni andarono nella direzione del digitale e dell’alta definizione con i formati W-VHS, D-VHS e Digital-S (noto anche come D-9), che però furono proposti principalmente per il mercato professionale.****************************************************************************************************
Il formato Video8
[IMG]public/imgsforum/2012/4/video8.jpg[/IMG]
Non potendo fare una concorrenza diretta alle videocamere VHS (soprattutto con in versione compact) con il Betamax, Sony corse ai ripari e produsse un nuovo standard. Nel 1985 venne introdotto il Video8 (nome derivante dalla larghezza del nastro magnetico impiegato, 8 mm contro i 12 mm di VHS e Betamax), fu concepito appositamente per permettere la produzione di videocamere palmari (venne introdotta una nuova serie di videocamere con marchio commerciale Handycam) più piccole di quelle possibili con il VHS-C. L’obiettivo fu ampiamente raggiunto, le cassette erano visibilmente più sottili delle controparti VHS, avevano una qualità video analoga (sempre intorno alle 240 linee e sempre compatibili con i tre standard video di riferimento), ma audio nettamente migliore. L’unico vero difetto di questo sistema era l’incompatibilità dei nastri con i sistemi Betamax e VHS, quindi per guardare il video in mancanza di un videoregistratore dedicato era necessario collegare la videocamera al televisore oppure riversare il video fatto su di un altro nastro effettuando una copia vera e propria (con relativa perdita qualitativa).
A differenza del Betamax, questo formato (ed i suoi derivati) ebbe fortuna e si spartì il mercato assieme al VHS, ma senza che nessuno dei due mostrasse una prevalenza sull’altro.****************************************************************************************************
Il formato Super-VHS
[IMG]public/imgsforum/2012/4/S-VHS.jpg[/IMG]
Si tratta dell’evoluzione più famosa del VHS.
Per mantenere viva la concorrenza con i formati Sony, il VHS dovette essere aggiornato, le migliorie furono quantitative (si raggiunsero le 400 linee) e qualitative (sensibili miglioramenti nella resa delle immagini). Al contrario il comparto audio rimase invariato, anche se alcuni registratori professionali potevano gestire tracce audio stereo con codifica digitale PCM (con frequenza di campionamento a 48 kHz). Esiste anche la versione Compact. Gli standard di riferimento sono i soliti tre.
I registratori sono retrocompatibili, nel senso che un apparecchio S-VHS è in grado di leggere le VHS ordinarie, ma non è possibile fare il contrario (a meno di truccare le cassette che differiscono solo per un piccolo foro, la qual cosa funziona, ma la registrazione non in questo caso tende a deteriorarsi molto rapidamente perché il nastro ha specifiche differenti).
Per beneficiare della maggiore risoluzione fu anche necessario introdurre una nuova connessione. Il precedente collegamento composito (in genere i cavi domestici sono dotati di connettore RCA) infatti non consentiva l’invio e la ricezione di segnali video con risoluzioni maggiori di 250 linee, allora venne introdotta una connessione detta Y/C (noto anche come s-vhs o super video) che porta i segnali video separatamente e può raggiungere le 400 linee.
Nonostante questo formato fosse stato pensato per il mercato professionale e domestico, in quest’ultimo settore non attecchì, probabilmente per le relativamente basse necessità di questo pubblico.****************************************************************************************************
Il formato Video Hi8
[IMG]public/imgsforum/2012/4/Hi8.jpg[/IMG]
High-band Video8, contratto in Video Hi8 o semplicemente Hi8. Introdotto nel 1989 fu pensato per fare concorrenza al S-VHS. Esattamente come il S-VHS le cassette erano dotate di nastri più robusti e poteva raggiungere le 400 linee di risoluzione. Anche sul versante audio le cose si svolsero nella stessa maniera, cioè inizialmente invariato, poi uscirono apparecchi in grado di gestire flussi audio PCM a 12 bit e campionamento a 32 kHz. E, che ci crediate o no, anche la retrocompatibilità era identica, cioè nastri vecchi su apparecchi nuovi, OK. Nastri nuovi su apparecchi vecchi: no. Sembra che lo facessero apposta!
Nel 1998 usci anche una piccola variante, la Hi8-XR che prometteva un leggero miglioramento della qualità video. Restò, inoltre, l’incompatibilità con i videoregistratori da salotto (ormai quasi exclusivamente VHS), esattamente come per il predecessore.****************************************************************************************************
Parte 2.2: I formato video digitali.
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Il formato DV
[IMG]public/imgsforum/2011/8/mini_DV_2.jpg[/IMG]
Il più vecchio dei tre è il formato DV. Risale al 1995, fu pensato per essere il miglior formato amatoriale mai prodotto, e la promessa fu mantenuta, tanto che si rivelò adeguato anche all’uso professionale sia in versione standard (pensate alla Canon XL1 o XL2), sia in versioni professionali proprietarie come la DVCAM di Sony o la famiglia DVCPRO di Panasonic. Il supporto di memorizzazione è la cassetta DV, diffusasi in particolar modo nella versione miniDV.
Si tratta di un formato digitale a definizione standard (SD), pensato per adeguarsi perfettamente agli standard di riferimento (PAL e NTSC). La frequenza di aggiornamento (sempre interlacciata), infatti, è la stessa dei rispettivi sistemi PAL e NTSC e la risoluzione verticale conta 480 linee per la versione americana e 576 per quella europea (numeri molto simili li avete già visti sopra). Trattandosi di un formato digitale però si dovette quantificare anche la risoluzione orizzontale che venne fissata in 720 colonne per entrambe le versioni. Da qui troviamo che il DV-NTSC ha 720×480 pixel con 29,97 fps (interlacciati o 59,94i), mentre il DV-PAL ha 720×576 pixel con 25 fps (interlacciati o 50i). Ora se ci fate i conti nessuna delle due versioni ha un “aspect ratio” 4:3 o 16:9. Questo non è un problema per i televisori, perché i tubi catodici devono disegnare la linea descritta e poi tornare indietro per la successiva, mentre i programmi per computer che leggono il formato DV anamorfizzano l’immagine in base alla risoluzione verticale e ad un “flag” inserito nel codice del file. Nel caso del rapporto 4:3 il flag è 1,33 (basta fare una divisione per ottenerlo), nel caso del 16:9 è 1,77 (idem). In questo modo si ottiene 640×480 (4:3) e 854×480 (16:9) pixel per la versione NTSC mentre per la PAL abbiamo 768×576 (4:3) e 1024×576 (16:9) pixel.
Il sotto-campionamento del colore (fase precedente alla compressione digitale) viene indicato in 4:1:1 (NTSC) e 4:2:0 (PAL). Senza scendere in dettagli troppo tecnici (lo ammetto, non li ho capiti fino in fondo nemmeno io), posso dire che, a dispetto dell’indicazione differente, i dati di una o dell’altra versione sono identici (cambia solo la modulazione con cui sono scritti sul supporto di memorizzazione) e il primo numero indica la quantità dei dati del segnale di luminanza (4 volte più grande dell’unità base), mentre gli altri due indicano due dei tre segnali della crominanza (i colori di base, il terzo è ottenuto per sottrazione). Questo significa che i dati sul colore sono minori rispetto ai dati sulla luce, ma non è il caso di crucciarsi, solo le videocamere di tipo professionale, “broadcast” o cinematografico vantano dei “chroma sub-sampling” di 4:2:2 o addirittura 4:4:4.
L’audio viene codificato in formato PCM (lo stesso formato contenuto nei file audio WAVE e dei CD musicali) con campionatura a 48 kHz e 16bit se a 2 canali, oppure 32 kHz e 12 bit se si imposta a 4 canali.
L’ultima cosa che voglio far notare è la compressione.
Nel formato DV ogni frame è memorizzato singolarmente come un’immagine e la compressione è fissata a 25 megabit al secondo. Aggiungendo i dati sull’audio e tutte le altre informazioni di supporto si raggiungono i 36 megabit al secondo, un ottimo valore considerando la natura amatoriale dello standard. Facendo i conti scopriamo che un minuto di video DV pesa circa 258 megabyte, un’ora sono circa 15 gigabyte (in realtà nella mia esperienza sono circa 13). Spesso è presente anche un modalità LP che allunga del 50% la durata di una cassetta rallentandone la velocità di scorrimento.
Essendo uno standard molto rigido, il DV assicura compatibilità assoluta con i programmi di video-editing e i file vengono inseriti in contenitori .AVI su Windows o .MOV/.DV su Mac OSX. L’importazione sul computer avviene esclusivamente tramite collegamento Firewire (IEEE1394)/iLink. Questa compatibilità è il principale vantaggio del formato, assieme al fatto che le cassette sono economiche e (ancora) facilmente reperibili.
Il principale svantaggio del formato, paradossalmente, sono sempre le cassette. Essendo magnetiche, queste con gli anni tendono a smagnetizzarsi quindi è necessario conservarle in maniera adeguata, inoltre le videocamere periodicamente necessitano di pulizia delle testine di registrazione (dopo lunghi periodi d’utilizzo, anche della sostituzione) e il trasferimento su computer avviene in tempo reale: un’ora di filmato=un’ora di trasferimento.****************************************************************************************************
Il formato Digital8
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Il Video8 è duro a morire! Nel 1998 Sony rilascia questo nuovo standard che in realtà nuovo, non è. Si tratta di videocamere digitali che impiegano nastri Video8, ma che diversamente dalle progenitrici registrano video digitale secondo la codifica DV. Si, avete capito bene, dal punto di vista funzionale si tratta di dati DV in tutto e per tutto ed anche il trattamento dei dati si esegue alla stessa maniera. L’unica problematica rispetto al formato originale è che nel caso dello standard NTSC la durata nominale dei nastri si riduce del 25% e nel caso del PAL addirittura del 50% in modalità SP (Short Play) a causa della maggior velocità del nastro.
Ultima nota, alcuni apparecchi Digital8 sono in grado di leggere i vecchi nastri Video8 analogici, ma naturalmente il contrario non è possibile.****************************************************************************************************
Il formato MicroMV
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Il formato MicroMV viene messo sul mercato nel 2001. Si tratta di un formato basato su nastro magnetico voluto e sviluppato da Sony (che fu anche l’unico produttore a fabbricare apparecchi e supporti), ebbe scarso successo commerciale a causa del costo piuttosto alto di videocamere e cassette e degli scarsi vantaggi rispetto al più solido DV (in pratica solo le dimensioni minori) tanto che fu messo fuori produzione già nel Gennaio del 2006. Oggi sul mercato del nuovo sono reperibili solo fondi di magazzino e le cassette specifiche.
Le caratteristiche audio/video riprendono le specifiche del formato DV con la differenza che la compressione segue lo standard MPEG2* (la compressione impiegata nelle trasmissioni DVB come quelle satellitari e nei DVD) con un bitrate di soli 12 megabit per secondo, meno della metà del DV. Questa compressione ha permesso di progettare delle cassette di dimensioni estremamente ridotte (meno della metà delle miniDV) grazie alle quali anche il deck poteva essere molto compatto e, conseguentemente, anche il corpo macchina della videocamera.
La compatibilità del formato MicroMV inizialmente era pressoché nulla. Era possibile eseguire semplici montaggi solo con il programma fornito nella confezione (compatibile solo con Microsoft Windows) e solo dopo circa un anno uscirono programmi commerciali in grado di riconoscere e gestire la codifica MicroMV. Questo generò parecchie perplessità fra coloro che acquistarono queste videocamere.
Analogamente al formato DV, l’importazione dei video nel computer avviene in tempo reale ed esclusivamente attraverso collegamento Firewire (IEEE1394)/iLink.
I vantaggi di questo formato si riassumono nelle ridottissime dimensioni di cassette e videocamere, mentre gli svantaggi sono la qualità più bassa del video, i maggiori costi delle cassette e le relative difficoltà nel gestire i filmati.
In definitiva il MicroMV è un formato sconsigliabile, anche nel caso si trovasse una buona occasione di acquistare una videocamera nuova o usata.[*Nota: a differenza del DV, la compressione MPEG (1, 2 o 4) non memorizza interamente tutti i fotogrammi (compressione intra-frame), ma registra un “key-frame” e poi registra solo le porzioni dell’immagine che cambiano dalla precedente fino a che non c’è un cambiamento completo delle immagini (compressione inter-frame). Questo permette una maggior compressione senza rimetterci in qualità, ma se ci sono difetti sulla cassetta, esiste il rischio di perdere intere sequenze di riprese.]
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Il formato DVD
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Fino ad un paio di anni fa era facile trovare la videocamera DV e a fianco un modello molto simile, ma che al posto del VCR aveva un piccolo masterizzatore adatto ad “incidere” DVD Video da otto centimetri di diametro. Queste videocamere producevano gli stessi e identici video delle sorelle DV, ma lo comprimevano in formato DVD e masterizzavano il disco direttamente on camera.
Il vantaggio stava nell’avere subito un DVD visibile in un lettore da tavolo compatibile. Lo svantaggio era che la compressione era oltre il doppio (in genere fra i 7 e i 10 megabit al secondo, audio compreso) e questo abbassava/abbassa la qualità generale e anche nel montaggio a causa della minore quantità di dati.
Oltre a questo, era necessario fare attenzione allo standard specifico di DVD impiegato dalla videocamera, erano infatti disponibili tre standard di dischi: DVD-R; DVD+R; DVD-RAM. E’ necessario che il lettore da tavolo sia compatibile con il formato impiegato dalla videocamera, pena l’impossibilità di guardare il video inciso sul disco.****************************************************************************************************
I formato HDV
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Il formato HDV nasce nel 2003 (anno di formazione del consorzio) è uno standard ad alta definizione, e come il “vecchio” DV è pensato principalmente per l’impiego delle cassette miniDV, ma era previsto anche l’utilizzo dei memorie HDD o “solide” (soluzione non utilizzata nel settore amatoriale). Anche in questo caso il formato amatoriale ha invaso il settore PRO, sia in versione standard, sia con derivati dedicati ai professionisti.
Le caratteristiche del formato sono le seguenti.
In modalità 1080 linee, la videocamera registra alla risoluzione di 1440×1080 pixel (in visualizzazione vengono raggiunti i 1920×1080 pixel), sotto-campionamento 4:2:0, compressione video MPEG2 (la compressione impiegata nelle trasmissioni DVB come le satellitari e nei DVD) con bitrate a 25 megabit per secondo, quindi nonostante la maggior risoluzione mantiene lo stesso ingombro del DV, a scapito di una qualità relativamente minore. Il framerate per la variante NTSC è di 30 fps interlacciati (60i), la versione PAL ha 25 fps interlacciati (50i). Anche l’audio è compresso in formato MPEG 1 Layer 2.
La modalità da 720 linee (non sempre presente) lavora alla risoluzione di 1280×720 linee, sotto-campionamento 4:2:0 e compressione MPEG2 con bitrate a 18,3 megabit al secondo. Il framerate e 30/60 fps progressivi (i fotogrammi sono completi) per la versione NTSC e 25/50 fps progressivi per la versione PAL. In alcuni casi è presente anche una modalità “cinematografica” a 24fps (ma non sempre è compatibile con i programmi di editing). l’audio è compresso come per la modalità 1080i.
In modalità a definizione standard, le videocamere HDV lavorano esattamente come le precedenti DV.
Devo aggiungere poi che anche nella modalità a 1080 linee, alcuni produttori, hanno inserito la possibilità di registrare in maniera progressiva (addirittura in 24p per la variante NTSC), ma anche in questo caso non sempre i programmi di editing sono compatibili.
Analogamente al formato DV anche per lo HDV, la comunicazione con il computer avviene solo tramite Firewire/iLink (questo assicura un’ottima compatibilità, tranne che nei casi già citati) e per godere appieno del formato HD sul televisore è necessario avere un televisore FullHD/HD Ready (ed eventualmente un lettore Blu-Ray).
I vantaggi e gli svantaggi sono gli stessi del formato DV.****************************************************************************************************
Il formato AVCHD
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Il formato AVCHD risale al 2006. Inizialmente ricalcava il formato HDV (video HD anamorfico, scansione interlacciata, ecc.), ma con compressione MPEG 4 (in particolare è una compressione derivata dalla AVC, la quale a sua volta è derivate dallo H.264), poi è stato fatto “progredire” e oggi la maggior parte delle videocamere può registrare in FullHD (1920×1080) e gestire 25/50 fps interlacciati (le versioni NTSC ovviamente lavorano a 30/60 fps), alcune hanno la modalità 24p. E’ possibile trovare anche videocamere in grado di registrare 25/50 (o 30/60) fps progressivi, ma non sono modalità standardizzate (sono possibili problemi di compatibilità con i software). Il bitrate massimo (standardizzato) per il video è 24 megabit al secondo (a volte 28 megabit, ma fuori standard).
La modalità “HD Ready” (la 720p, se presente) registra immagini a 25, 50 o 24 fps progressivi (30 o 60 fps per i modelli NTSC).
In definizione standard (se presente) il filmato ricalca il formato DV, ma con compressione MPEG4, nonostante questo, spesso, lo standard non è rispettato e la registrazione avviene in 640×480 (in genere è indicata come risoluzione “VGA”). La sotto-campionatura del colore è sempre 4:2:0. L’audio può essere PCM o AC3 (compresso), da un minimo di uno (1) ad un massimo di 7.1 canali in base alle impostazioni scelte/disponibili.
La caratteristica saliente del “formato” è quella di essere completamente senza nastro. Le videocamere AVCHD possono integrare un disco fisso (oggi è raro), o una memoria flash e slot per schede di memoria. E’ prevista anche una soluzione con disco ottico, ma io non ne ho mai visto videocamere di questi tipo. Il trasferimento avviene tramite USB 2.0, questo può sembrare un vantaggio rispetto ai formati che registrano su nastro, ma in realtà il risparmio di tempo è poco (e dipende dal computer) perché il flusso dati deve essere ri-codificato dal programma.
La compatibilità con i programmi non è scontata perché è un formato in continua evoluzione e ogni produttore apporta modifiche e migliorie secondo la propria discrezione. Per fare un esempio, Sony e Panasonic ne hanno fatta una versione proprietaria per le videocamere 3D steroscopiche che ha letteralmente preceduto la definizione di uno standard apposito. Prima di acquistare l’ultimo modello uscito è meglio controllare se il programma che usate è compatibile.
I vantaggi del sistema sono:
– la quasi totale mancanza di parti meccaniche (in particolare se la videocamera non è dotata di HDD, si riducono solo ai meccanismi di attuazione dell’obiettivo), questo si traduce in maggior robustezza, maggior leggerezza/compattezza e maggior autonomia a parità di batterie (però in genere le montano più piccole);
– l’interfaccia USB che è molto più comune della Firewire;
– non è necessario portarsi dietro “numerose” cassette che pesano e portano via spazio.
Gli svantaggi sono sostanzialmente tre:
– la compressione è maggiore del formato concorrente (lo HDV) e se avete il palato fino ve ne accorgete;
– i filmati devono essere per forza archiviati digitalmente, e trattandosi di gigabyte e gigabyte, questo può diventare un problema, soprattutto a livello economico, l’alternativa e quella di comprimere, ma poi la qualità del file peggiora;
– la compatibiltà a livello software a volte è un terno al lotto perché le specifiche cambiano di generazione (di videocamere) in generazione.Per la cronaca, esiste anche una versione ridotta del formato detta “AVCHD Lite” (limitata alla modalità 720p ed impiegata soprattutto nelle fotocamere compatte) e delle versioni professionali come la serie di videocamere AVCCAM di Panasonic e NXCAM di Sony (per chi non l’avesse capito questi due marchi sono i principali fautori del formato).
Il formato AVCHD 2.0
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E’ una versione aggiornata dello standard (rilasciata nel 2011), che permette 50/60 fps progressivi in modalità 1080p, compressione a 28 megabit al secondo (anziché a 24) e modalità di ripresa in 3D, se la videocamera lo permette fisicamente. Le caratteristiche fondamentali possono essere indicate anche da appositi loghi stampati sulle videocamere.****************************************************************************************************
Altri standard
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Da quando si è affermato il formato DV, le modalità con cui si trattavano i video amatoriali sono cambiate spostandosi dal videoregistratore al computer. Ormai quasi tutti i video amatori passano per il computer ed alcuni di essi addirittura guardano i video solo al computer, e il mercato (alias i fabbricanti di videocamere) se n’è accorto.
Capita sempre più spesso di trovare videocamere che anziché lavorare con un formato rigidamente codificato come il DV comprimano il video in un formato concepito per essere subito visibile al computer (o che almeno offrono le due possibilità di scelta) senza dover affrontare alcuna operazione di editing.
In questi casi è difficile dare una “regola”, posso solo dire che spesso le caratteristiche riprendono quelle tradizionali, ma sono spesso impiegate compressioni Motion JPEG, oppure MPEG2 (H.262) o MPEG4 (nella vecchia versione H.263 o nella più gettonata H.264), il tutto in contenitori AVI o MOV a seconda delle preferenze del produttore.
Per sapere cosa avete per le mani, leggete attentamente la scheda tecnica.****************************************************************************************************
Parte 3: Le videocamere.
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Questa è una videocamera (camcorder) moderna.
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(L’immagine, facilmente reperibile in rete, ritrae una Canon Legria HF S30, modello amatoriale di fascia molto alta.)Bella scoperta direte. Ma cosa va valutato in un videocamera? in una parola: tutto!
Esaminiamo pezzo per pezzo:L’Obiettivo
Preso atto che la bontà dell’obiettivo cresce con il prezzo della videocamera e che spesso i nomi che risaltano sul corpi non sono del tutto veritieri (ad esempio Panasonic scrive “LEICA Dicomar” sui modelli medio-alti, ma Leica si limita a farne il disegno, allo stesso modo Sony scrive “Zeiss”, ma le lenti non le fa Zeiss in “prima persona”, questi non sono gli unici casi…), non mi soffermerei più di tanto sulla sua analisi.
In ogni caso i suoi parametri sono gli stessi delle macchine fotografiche, lunghezza (espressa con la focale di base e coefficiente di moltiplicazione, a volte c’è anche lunghezza massima) e luminosità relativa (numero F). Solo una raccomandazione, non fatevi abbagliare da zoom “colossali”, spesso sono ottenuti digitalmente (ingrandendo i pixel delle immagini) e questo a danno della qualità già non altissima di molte videocamere, inoltre anche se fossero ottenuti otticamente, sarebbe impossibile utilizzare tale caratteristica a mano libera a causa delle vibrazioni che diventerebbero evidentissime mano a mano che si allunga la focale.
Sempre riguardo all’obiettivo segnalo una nota curiosa: in cinematografia, si considera “normale” la lunghezza focale doppia rispetto alla lunghezza della diagonale della pellicola/sensore, questo perché in genere si guarda un film da una distanza doppia rispetto alla lunghezza della diagonale dello schermo. In linea di massima credo che questo ragionamento si applichi anche alle più terrene videocamere per uso televisivo.Il Sensore
Molto più interessante dell’obiettivo (in questo settore) è il sensore. Questo può essere di due tipi, CCD o CMOS. Oggi i produttori preferiscono impiegare i CMOS, credo (non essendo un esperto di elettronica) per via di un costo produttivo inferiore e anche a causa del minor consumo energetico che permette l’utilizzo di batterie più piccole.
Faccio però notare che i sensori CMOS soffrono del fenomeno del “Rolling Shutter” ovvero se si muove rapidamente la videocamera (o il soggetto davanti ad essa, per esempio un autobus in corsa) si provoca l’inclinazione delle linee verticali. Per rendere l’idea, pensate di agitare un budino (oppure potete cercare qualche esempio su Youtube). Ad oggi non esistono sensori di questo tipo esenti dal “problema” (ma i produttori di chip ci stanno lavorando), pensate solo che, per eliminarlo, Sony ha progettato una telecamera digitale ad uso cinematografico dotata di un otturatore meccanico, in modo da fotografare letteralmente i frame che compongono il filmato senza provocare questo effetto dannoso. I CCD, ormai relegati ai modelli di fascia bassa o alle videocamere di progettazione un po’ datata (ma non per questo meno buone di quelle attuali), non soffrono minimamente di questo difetto congenito.
Seconda caratteristica: il sensore può essere singolo o triplo. Se è singolo si tratta di un sensore simile a quello delle macchine fotografiche, in genere costruito secondo lo schema di Bayer (o con uno concettualmente simile). Se è triplo, si tratta di 3 sensori, uno per ogni colore di base, i quali sono divisi da un prisma (si spera) in vetro il quale a sua volta ha la funzione di scomporre la luce nei suoi 3 elementi base e indirizzala ai rispettivi sensori. In questo modo si raccolgono tre immagini monocromatiche che vengono poi processate e trasformate in una sola.[IMG]public/imgsforum/2011/8/img_3ccd.jpg[/IMG]
(Immagine proveniente da http://pro-av.panasonic.net/en/sales_o/02products/products/ag-dvc20/aj-dvc20.html)Il vantaggio di questo sistema sta nel fatto di avere tutti i fotodiodi di uno stesso colore affiancati e non intervallati dagli altri due colori, in modo da avere una maggior definizione finale (in fotografia esiste solo il sensore Foveon X3 impiegato da Sigma cha funziona in maniera similare, ma i tre colori sono registrati da strati sensibili sovrapposti come nella pellicola).
In teoria questo “tipo di sensore” è migliore di quello singolo, ma spulciando nei cataloghi dei vari produttori di videocamere, salta fuori che mano a mano che le dimensioni dei sensori aumentano e mano a mano che si sale verso la vetta della gamma prodotti c’è la tendenza ad impiegare il sensore singolo. Anche in questo caso credo che la motivazione principale sia economica.
La terza caratteristica, che di solito non è indicata sul cartellino del centro commerciale, ma che da senso alla focale dell’obiettivo, è la “taglia” del sensore.
Indipendentemente dal tipo o dal numero di sensori (uno o tre), il sensore ha rapporto di forma 4/3 e naturalmente ha una misura. Questa misura tradizionalmente indica la lunghezza della diagonale del sensore e si esprime in pollici.
[Piccola digressione storica: Il motivo della misura in pollici naturalmente deriva dal fatto che la prassi è nata nei paesi anglo-sassoni, ma perché si indica la misura della diagonale? Semplice, in origine le telecamere erano costruite attorno ad un tubo catodico, che aveva sezione circolare e la sua misura era riferita al suo diametro. Quando si è passati al CCD, è rimasta l’usanza di riferirsi alla diagonale per indicarne la compatibilità con determinati sistemi di obiettivi.]
In genere le misure dei sensori delle videocamere amatoriali varia da 1/8 di pollice fino ad 1/4, Canon arriva anche ad 1/2,6 e ho trovato sul catalogo JVC anche un sensore da 1/2,3 di pollice. In realtà si tratta di una misura nominale che è un po’ più abbondante di quella reale. Però dette così, non si riesce ad immaginare correttamente le dimensioni di questi sensori. Facciamo i conti: un pollice (1 inch) equivale a 25,4mm, da qui facciamo una divisione e troviamo che la diagonale di un sensore da 1/8 dovrebbe misurare (25,4 : 8 =) 3,175mm, ma in realtà la sua misura in genere è 2mm. Considerando che la sua forma è rettangolare ed ha formato 4/3, troviamo che misura 1,6 x 1,2 mm e ha una superficie di 1,92 mmq. Un sensore da 1/3 di pollice (il più piccolo formato professionale e con diagonale da 6mm) ha una superficie di 17,3mmq. Come paragone vi dico solo che i sensori APS-C di Canon (diagonale 26,9 mm) hanno una superficie di circa 329 mmq (se volete vedere altri esempi vi rimando qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Image_sensor_format). Se ancora fate fatica a visualizzare queste dimensioni, vi porto questo esempio (fuori scala, incompleto e riferito alle fotocamere, ma rende l’idea):[IMG]public/imgsforum/2011/8/SensorSizes.png[/IMG]
(Immagine tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/APS-C)Tutto questo discorso cosa significa? Semplicemente quello che vi potete immaginare: con le dimensioni in ballo, il controllo della PDC è praticamente nullo e anche la quantità di luce che colpisce il sensore è minima, questo significa che in condizioni di luce appena fuori dall’ottimale salterà fuori tanto rumore. Quindi per ottenere immagini migliori sarebbe consigliabile indirizzarsi sulle videocamere con i sensori più grandi che vi potete permettere. [Nota: indipendentemente dal rumore, la luminosità minima con cui è possibile effettuare delle riprese è espressa in “lux”, ma non sempre il dato è dichiarato.]
Quarta cosa da dire sul sensore: non fatevi fregare dalle lusinghe dei megapixel. Se fate i conti una immagine SD misura 768×576 pixel, cioè 442.368 pixel e una FullHD (che sono 1920×1080) sono 2.073.600 pixel. Ciò significa che per fare un video FullHD bastano (e ne avanzano parecchi) 2,1 megapixel. Tutti gli altri di cui vengono spesso caricate le videocamere servono solo a fare fotografie (pessime in genere).
Non posso dire di prendere le videocamere con meno megapixel possibili, perché ormai vengono sbandierati come se fossero indispensabili, ma in ambito video non basate la vostra scelta su questo dato.Lo Stabilizzatore
Viste le escursioni (relativamente) grandi degli zoom, i produttori usano dotare le videocamere di stabilizzatori, che, entro limiti ragionevoli, sono anche piuttosto efficaci. Si dividono in due famiglie: ottici ed elettronici. La soluzione ottica è la migliore, in genere consiste in un gruppo di lenti che vibra per compensare le oscillazioni della videocamera, ma non mi stupirebbe se si trovassero anche videocamere con “sensore vibrante” come si usa su alcune reflex (ad esempio le Alpha di Sony).
La soluzione economica è lo stabilizzatore elettronico, in questo caso non esiste alcun meccanismo stabilizzatore e viene tutto fatto a livello software. Questo naturalmente porta ad un degrado delle immagini, spesso è visibile come una perdita di definizione o si manifesta con strani ondeggiamenti. L’entità del degrado dipende solo da quanto è buono il software, ma non può essere azzerato se non disattivando la stabilizzazione. In definitiva se potete, prendete un modello con stabilizzatore ottico.Il porta-filtri
Può sembrare una banalità, ma non tutte le videocamere sono dotate di filettatura porta-filtri. Magari non a tutti interessa, ma anche nell’ambito amatoriale, si può usufruire di filtri polarizzatori, paraluce o di aggiuntivi ottici per accorciare od allungare la focale dell’obiettivo. Se sulla videocamera non è presente la filettatura, non si può montare nulla di tutto ciò. Quindi se pensate che queste cose possano servirvi, controllate prima dell’acquisto.
L’audio
Qui devo dire davvero poco. Ci sono macchine con audio stereo e altre con addirittura impianti di registrazione surround, il tutto varia anche in termini di qualità. Questa caratteristica varia col prezzo (che novità!), vedete voi quale preferite.
Supporto di memorizzazione
Una volta (diciamo fino a due anni e mezzo fa), il supporto che andava per la maggiore erano le cassette. Sistema tipico dei formati analogici e del sistema DV, miniDV e HDV. In alternativa si erano diffusi anche i mini-DVD (quelli larghi 8 cm). Questi due sistemi avevano (e per chi ce li ha ancora, hanno) il vantaggio che finita una cassetta (o disco), si cambiava e si conservava. I prezzi dei supporti sono ancora abbastanza economici.
Oggi si preferisce la soluzione “tape-less” (mi dissocio ufficialmente!), quindi si parla solo di memoria. La soluzione più vecchia è il disco fisso (HDD), che è pesante e tutto sommato fragile, ma ormai le memorie flash hanno preso il sopravvento e si trovano molto più facilmente videocamere dotate di slot per memory card (in genere SDHC/XC, doppio slot in alcuni casi e a volte è possibile una doppia registrazione di sicurezza) e memoria flash. Canon ad esempio propone tre livelli: Base, solo memory card; Intermedio, memory card + memoria interna; Alto, memory card + memoria interna (doppia rispetto al modello intermedio). Qui la scelta riguarda sostanzialmente la capacità di spesa.
Il vantaggio della “memoria solida” sta nel non doversi portare dietro molte cassette, ma al tempo stesso, i filmati, non si possono archiviare e conservare senza passare per il computer, con i relativi problemi dell’ingombro dei dati sui dichi fissi/dischi ottici.Slitta porta accessori
Molte videocamere sono dotate di slitte simili a quelle delle reflex (purtroppo non i modelli di fascia bassa), magari un po’ più lunghe. Analogamente al mondo delle fotocamere, in alcuni casi sono dette “fredde” se non hanno collegamenti elettici (queste somigliano a quelle dei modelli professionali), altre sono dette “calde” e portano anche contatti elettrici per alimentare degli accessori appositi. Queste slitte, sono utili per montare faretti (perché quelli integrati che hanno alcune fotocamere sono tutt’altro che funzionali e spesso collocati nel posto sbagliato) o microfoni o altri tipi di accessori.
Nello specifico, Canon utilizza quella che chiama “mini slitta avanzata” per montare accessori “ad hoc” solo per le proprie videocamere amatoriali.Display e mirini
Tutte e dico tutte le videocamere (escludendo dalla categoria le cineserie che si trovano nei sacchetti delle patatine) da almeno 10 anni a questa parte sono dotate di display. Bello, comodo e in alcuni casi touch screen (a volte permette di effettuare la messa a fuoco toccando un punto sul display), ma capita che non sia abbastanza luminoso per poter essere utilizzato agevolmente all’aperto sotto al sole. In questi casi torna utile il classico mirino, ma spesso o
Agosto 28, 2011 alle 11:42 am #1663371GionnyPartecipanteConnessioni
Tutte le videocamere hanno delle connessioni di base. Alimentazione/caricatore, collegamento per i cavi audio/video (quelli gialli, rossi e bianchi, spesso accompagnati dal S-VHS) e lo spinotto di collegamento al computer (Firewire/iLink per le DV/HDV e USB per quelle tape-less). Le videocamere in alta definizione sono tutte dotate di HDMI (di solito in versione mini), se questa manca, la videocamera è SD.
Oltre a queste connessioni “base”, possono esserci altri collegamenti. Spulciando nelle caratteristiche tecniche di vari modelli ho trovato:
– “Component out” per poter utilizzare cavi video a componenti;
– ingresso microfonico “mini-jack” per inserire un microfono esterno di qualità maggiore di quello integrato;
– “Audio-out” (sempre mini-jack) per collegare delle cuffie utili a monitorare i suoni registrati;
– nei modelli di fascia molto alta può essere presente l’attacco per il telecomando su filo, utilissimo per fare le riprese su cavalletto senza dover più toccare i comandi sul corpo della videocamera (lo standard Canon è il LANC);
– il collegamento Firewire delle DV/HDV può essere bidirezionale, ovvero, oltre che trasferire il video verso il computer, può permettere il trasferimento dal computer alla videocamera, funzione utile per ri-archiviare un montaggio con la più alta qualità possibile direttamente su cassetta;
– USB per uso webcam nelle miniDV o HDV.
Anche qui, se una o più di queste caratteristiche vi dovessero interessare controllate la scheda tecnica.Caratteristiche “extra”
Sulla quasi totalità delle videocamere è presente l’ancoraggio per il cavalletto (oggi trovarne una senza è un fatto più unico che raro) ed quasi sempre presente un telecomando ad infrarossi, ma oltre a tutto quello che ho già scritto, si possono prendere in esame mille altre caratteristiche come l’autonomia, il peso o tutte le mille funzioncine o accessori che i produttori inseriscono come tutti gli effetti digitali o masterizzatori per produrre direttamente dei DVD senza passare dal computer. Addirittura Sony ha in catalogo un modello con un piccolo proiettore incorporato, a loro detta, utile quando si vogliono mostrare foto e video e non c’è un televisore a disposizione. Però, fra tutti questi extra, forse il più interessante è la “ghiera” multifunzione. Si può trovare solo sui modelli di fascia alta o medio-alta e farà la felicità degli amanti delle regolazioni manuali. Nella foto che ho inserito sopra è quella manopola al fianco dell’obiettivo, ma in altri modelli (come ad esempio la Canon Legria/Vixia HF G10) è una vera e propria ghiera che cinge l’obiettivo. La funzione principale è quella di permettere una messa a fuoco manuale vera e propria come se si utilizzasse una videocamera professionale, ma in genere si possono associare anche altre funzioni.
Di nuovo, se sentite necessarie alcune di queste funzioni, informatevi prima dell’acquisto.****************************************************************************************************
Il catalogo Canon
Siccome questo forum è dedicato al mondo Canon, eccovi il riassunto dell’attuale gamma prodotti amatoriali Canon (riferito al sito ufficiale – Agosto 2011).
Attualmente il catalogo delle videocamere amatoriali, consta di una serie di videocamere SD e quattro serie di videocamere HD. Il marchio commerciale per i modelli NTSC è Vixia, mentre i modelli PAL prendono nome Legria.
Le serie di videocamere si distinguono per una sigla alfanumerica. Le lettere indicano la serie di appartenenza, i numeri (2 o 3) descrivono la versione in questo modo: la prima cifra indica la generazione, i restanti danno la versione. Il modello a 3 cifre è il base e non ha memoria integrata, i modelli a 2 cifre sono dotati anche di memoria flash integrata. Il modello che ha la cifra finale più alta (tranne la serie M, in questo caso la più bassa) è dotata di una quantità maggiore di memoria integrata ed eventualmente di mirino.– La gamma SD è riconoscibile per la sigla FS.
Sono dotate di uno zoom ottico con escursione piuttosto lunga (fino a 37x attualmente), sensore singolo da 1/6 di pollice (3 mm di diagonale), stabilizzatore elettronico, audio stereo e le connessioni si limitano alla USB e AV-out. Non ho potuto trovare informazioni sulla compressione, ma dovrebbe essere MPEG 2. La scheda di memoria è di tipo SD/SDHC/SDXC.
Non sono disponibili in alcuna configurazione: porta-filtri; slitta porta-accessori; mirino.La gamma HD si distingue per la sigla HF ed è divisa in 4 serie: R; M; S; G. Tutte codificano i dati in AVCHD e sono dotate di slot SD/SDHC/SDXC.
– La serie R è la più economica. Lo zoom ottico è 28x o 20x (a seconda della generazione). Il sensore è singolo e può essere da 1/5,5 oppure da 1/4,85 di pollice (l’ultima generazione consente foto da 3 megapixel), stabilizzatore elettronico e audio stereo. A seconda della generazione si può trovare un bitrate massimo di 17 o 24 megabit al secondo e sui modelli più recenti è presente la filettatura porta-filtri e il display touch-screen. Le connessioni comprendono USB, AV-out, uscita component, HDMI e uscita cuffie (solo gli ultimi modelli).
Non sono disponibili in alcuna configurazione: slitta porta-accessori; mirino.– La serie M è la fascia intermedia (nota: il modello top della serie ha numero più basso dell’intermedio). Lo zoom ottico è solo 10x. Il sensore è singolo ed è da 1/4 o da 1/3 di pollice, stabilizzatore ottico, audio stereo o 5.1 (con accessori). Il bitrate massimo di 24 megabit al secondo (il massimo secondo lo standard AVCHD “corrente”). E’ presente la “mini-slitta avanzata”, display touch-screen e porta-filtri (sulla scheda tecnica è segnalata una “ghiera programmabile” che in realtà è un indicatore sul display per le regolazioni manuali). Le connessioni comprendono USB, AV-out, uscita component, HDMI, uscita cuffie, ingresso microfono e LANC tramite adattatore (è il telecomando a filo, curiosamente non è presente nell’ultima generazione). Il modello top della serie è dotato di mirino.
– La serie S è la serie “ordinaria” più completa e prestazionale. Lo zoom ottico è solo 10x. Il sensore è singolo ed è da 1/2,6 di pollice (consente foto fino ad 8 megapixel), stabilizzatore ottico e audio stereo o 5.1 (con accessori). Il bitrate massimo di 24 megabit al secondo. E’ presente la “mini-slitta avanzata”, display touch-screen, porta-filtri e una “ghiera programmabile” (una manopola al lato dell’obiettivo). Le connessioni comprendono USB, AV-out, uscita component, HDMI, uscita cuffie, ingresso microfono e LANC. Il modello top della serie è dotato di mirino.
– La serie G è una novità. L’unico modelli attualmente presente è la G10 e deriva dal modello “semi-professionale” XA10, rispetto alla quale perde la maniglia superiore, ingressi microfonici XLR e altre funzioni considerate non necessarie ai non professionisti, ma mantiene corpo e prestazioni pressoché identici. Si sovrappone in maniera “commercialmente preoccupante” con la serie S. Lo zoom ottico è 10x. Il sensore è singolo ed è da 1/3 di pollice (come gli standard professionali), stabilizzatore ottico e audio stereo o 5.1 (con accessori). Il bitrate massimo di 24 megabit al secondo. E’ presente la “mini-slitta avanzata”, display touch-screen, mirino, porta-filtri, un vistoso paraluce, una “ghiera” multifunzione per controlli manuali (in realtà è una rotella programmabile sul lato posteriore) e un anello per la messa a fuoco manuale che cinge tutta la circonferenza dell’obiettivo come sulle videocamere professionali. Le connessioni comprendono USB, AV-out, uscita component, HDMI, uscita cuffie, ingresso microfono e LANC.
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Ultime considerazioni
Come ho scritto più volte, la scelta della videocamera sta a voi. Quelli che ho descritto sopra sono elementi su cui focalizzare l’attenzione per capire le differenze “fisiche” fra un modello e l’altro. Purtroppo, le combinazioni migliori si trovano solo salendo parecchio con il prezzo, e come se non bastasse, gli standard video che ho illustrato, oggi, in ambito amatoriale, non sono tutti disponibili e non c’è piena libertà di scelta. In effetti l’unico formato facilmente reperibile sul mercato è lo AVCHD (a mio avviso non è il migliore), e chi desiderasse procurarsi un altro tipo di videocamera ha solo due scelte: prenderne una che non si attiene ad uno standard “televisivo” (vedi le Samsung ad esempio); spulciare da rivenditori molto specializzati che abbiano accesso a dei fondi di magazzino oppure tentare la via dell’usato, ovvero ebay, visto che nel settore amatoriale non c’è un vero e proprio mercato dell’usato.
In realtà esiste anche una terza opzione, ma consiste nel passare al semi-professionale con i relativi costi ed è, parlando obiettivamente, anche molto meno pratica in termini di ingombro e peso (avete presenti le valige all’aeroporto?).
Purtroppo anche la scelta fra HD e SD ormai è completamente tarpata, perché ormai i produttori non la considerano più un settore importante e spesso oggi le migliori SD, sono qualitativamente pari alle HD di fascia bassa e molto di frequente non sono neppure perfettamente “in regola” con lo standard PAL, limitandosi alla risoluzione 640×480 (forse perché ormai la maggior parte di chi utilizza videocamere SD li limita a guardare i filmati sul computer) e adeguandosi solo ai 50 fps interlacciati.
Io personalmente sconsiglierei l’acquisto di una videocamera SD e suggerirei di lasciar stare anche le HD di fascia bassa, ma questo è solo il mio parere. In sostanza però la cosa importante è questa: informatevi sulle caratteristiche, leggete/fatevi riassumere la scheda tecnica che potete trovare sul sito del produttore (magari anche qualche recensione se ne avete voglia) e fate la vostra scelta in base ai vostri desideri/necessità.
Ricordate che siete voi a dire cosa vi serve, non il commesso ed è inutile (per fare un esempio che non centra) che vi facciate vendere una vacanza ai Caraibi se volete andare a sciare.****************************************************************************************************
Parte 4: Le reflex.
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I puristi della fotografia storcono il naso quando sentono parlare delle moderne “video-reflex” (o “HDSLR” che dir si voglia), ma io personalmente non ci vedo niente di male, in fondo il cinema ha prestato la sua pellicola da 35mm alla fotografia e oggi il mondo della fotografia rende il favore con le video-reflex.
Questa nicchia di mercato è stata inventata da Nikon con la D90, ma è stata poi Canon con la 5D Mark 2 a fissarne lo standard di riferimento, a dimostrazione che non sempre chi inventa un nuovo prodotto è colui che lo sa fare meglio.Inizialmente sconsigliavo l’impiego delle video-reflex al posto delle videocamere classiche, ma ormai il mercato offre prodotti che fondono benissimo i due mondi come la EOS 650D che poco ha da invidiare alle videocamere vere e proprie. Mettiamo ora in luce pregi, difetti e le caratteristiche di questo mondo.
Ad oggi con le reflex sono state girate campagne pubblicitarie, programmi televisivi, telefilm (caso emblematico la puntata 6×21 di “House MD”), sequenze di film cinematografici (“Iron Man 2”, “Capitan America” e “Il Cigno Nero” per dare alcuni esempi) e anche film completi (“Girl Walks Into A Bar”). Ormai le video-reflex non sono più una novità, anzi, nonostante i detrattori (tra cui la BBC*), sono diventate un vero e proprio settore.
[*Nota: L’emittente inglese BBC aveva annunciato che non avrebbe prodotto ne accettato materiale girato con qualsiasi video-reflex, considerate inadeguate alla trasmissione a causa di difetti visivi di aliasing, moire, pattern e la caratteristica del “line skipping” (di questo parlerò poi). Tutto questo fino a che, a seguito di un annuncio che notificava l’utilizzo di alcune 5D MarkII in alcune serie prodotte proprio da BBC, l’emittente si è trovata a dover “rettificare” le sue affermazioni specificando che le immagini prodotte da video-reflex devono essere esaminate “caso per caso” prima dell’eventuale accettazione (http://wetpixel.com/i.php/full/bbc-clarifies-position-on-dslr-footage/).
Diciamo solo che non è la prima volta che la BBC toppa di grosso. Permettetemi una divagazione. Nel 2006, l’emittente britannica annunciò che l’utilizzo delle macchine da presa a 16mm era ormai superato e del tutto inadeguato alla lavorazione e conversione in HD e che già da tempo le serie televisive prodotte da essa erano tutte filmate in digitale ad alta definizione, l’unico sistema ritenuto qualitativamente adeguato alle odierne necessità della televisione in HD (http://www.lightbreeze.co.uk/Super%208.htm). Da cui si deduce che il 16mm secondo loro è morto da tempo per ogni applicazione dalla TV in su.
Le ultime parole famose!
Vi cito tre titoli: “The Wrestler” (2008, girato interamente in 16mm), premiato con il Leone d’Oro a Venezia; “The Hurt Locker” (2008, 16mm + REDLAKE Hi-Speed), sei premi Oscar nel 2010, tra cui quello per il miglio film (soffiato sotto al naso ad “Avatar” e alla sua tecnologia digitale!); “Il Cigno Nero” (2010, 16mm + Canon EOS 7D), miglior film agli “Indipendent Spirit Awards” e nominato agli Oscar 2011 come miglior film. Per fortuna che il 16mm era roba vecchia e non più al passo con i tempi!]Ma perché prendersi la briga di girare video con le reflex quando esistono videocamere già pronte all’uso?
Semplice, ci sono vantaggi non trascurabili.
Innanzi tutto la qualità video [Full HD con scansione progressiva VERA e, conteggiando anche l’audio, (nella maggior parte dei casi) si superano di poco i 46 megabit al secondo, ovvero 10 megabit in più rispetto al DV e HDV oggi diffusi solo fra i professionisti] è paragonabile a quella di videocamere dal prezzo ben superiore a quello di una macchina fotografica. In secondo luogo, il sensore di una reflex ha dimensioni molto simili a quelle della pellicola cinematografica (lo “Academy Standard” misurava 22x16mm e il Super35 è largo 24~25mm, per dirla tutta, la 5D2 in realtà ha dimensioni molto superiori, simili al vecchio sistema VistaVision) e come tale permette un controllo della profondità di campo quasi superiore alle reali necessità. Tre, le dimensioni molto compatte permettono la realizzazione di riprese che non sarebbe possibile ottenere con macchine tradizionali di pari qualità video. Inoltre con poche difficoltà è possibile adattare una infinità di obiettivi, cosa in genere possibile solo con videocamere professionali di alto livello.E gli svantaggi?
Tanti, ma che non pregiudicano l’impiego occasionale o anche profesisonale. Eccovene qualcuno.
Primo, l’ergonomia è studiata per usi differenti da quello video e risultano scomode. La messa a fuoco va fatta in maniera manuale (esclusi i modelli con AF ibrido) perché lo AF in live-view non funziona in modo accettabile per il video. Tre, il comparto audio da solo è insufficiente a registrare in maniera decente i suoni ambientali. Non è ancora possibile comandarle a distanza in maniera agevole (Canon lo permette tramite le sue utilità, ma è indispensabile il collegamento USB e un computer con le relative difficoltà tecniche). La durata dei filmati è molto breve se paragonata alle videocamere classiche e mancano molti ausilii software presenti nei camcorder. La compressione video è molto buona come valore oggettivo (vedi sopra), ma se paragonata ai formati professionali o non compressi mostra le sue debolezze (Technicolor a tal proposito ha rilasciato alcuni strumenti software per ampliarne i limiti).
La nota più dolente, però, è probabilmente il fatto che il sensore nasce per immagini fisse e questo comporta dei compromessi che alcuni digeriscono malvolentieri, come il filtro anti-aliasing non efficacissimo sul video (recentemente è apparso sul mercato americano un filtro ottico per risolvere questo problema almeno nella maggior parte dei casi) e la soluzione del “line skipping”*.[*Nota (un po’ lunga, abbiate pazienza o se preferite saltatela e leggetela più tardi): Per chi non ne fosse al corrente, ora spiego come funziona il “line skipping”. Anticipo che questa è la ragione principale con cui i detrattori delle video-reflex (BBC, RED, ARRI ed altri) motivano le loro critiche.
Bisogna partire dal funzionamento del sensore. Come spero già sappiate, questo è una “griglia” (detta CFA, “Color Filter Array”) composta da milioni di foto-ricettori. Questi servono a registrare l’intensità della luce che li colpisce e davanti ad ognuno di essi c’è un filtro (rosso, blu o verde nella maggior parte dei casi) che definisce il colore alla luce registrata. Lo schema più diffuso è la “maschera di Bayer” ed è fatto più o meno così:[IMG]public/imgsforum/2011/8/bayer_1.jpg[/IMG]
Quelli che poi vengono registrati nel file non sono i singoli punti colorati (in questo caso l’immagine apparirebbe come lo stesso filtro, ma con gradi di luminosità differenti in ogni punto), ma sono punti il cui colore è il colore “medio” del punto in esame calcolato in base al valore di luminosità registrato su di esso e quello dei punti vicini ad esso. Questo processo (chiamato demosaicizzazione) viene fatto con complicati algoritmi matematici, in genere proprietari, e quindi con specifiche non pubbliche. E’ evidente che si tratta di una soluzione di compromesso che soffre di una lieve perdita di definizione rispetto a quanto si potrebbe ottenere se ogni ricettore fosse capace di registrare tutti e tre i colori di base. Questo calo diminuisce con l’aumentare dei pixel che compongono l’immagine, non tanto per una migliore qualità generale, quanto per via della maggior densità dei punti che rende meno evidenti le perdite di qualità dovute al processo matematico. Chi improvvisamente decidesse che questo sistema non fa per lui/lei, sappia che l’unica alternativa sono le fotocamere di Sigma con il loro sensore Foveon X3, che sul piano teorico offre una qualità molto superiore (anche se a risoluzioni sensibilmente più basse di come siamo abituati).
Tutto questo accade per quanto riguarda le immagini ferme.
Cosa succede, però, quando le reflex passano in modalità video? Succede più o meno la stessa cosa, ma la macchina deve “scattare” fino a 30 (o anche 60) fotografie al secondo.
Per fare un esempio, pensiamo alla EOS 1D Mark IV. Questa è capace di raffiche di 10 foto al secondo alla massima risoluzione (16 Mpixel), che però sono insufficienti per potersi seriamente chiamare filmato. In realtà, però, per l’alta definizione sono necessari solo 1920 x 1080 pixel, allora perché non scalare le immagini prodotte per diminuire i pixel in gioco? Purtroppo anche scalare 4896 x 3264 pixel trenta volte al secondo per raggiungere la risoluzione desiderata non è attualmente possibile, le informazioni da processare sono troppe.
Domanda: come fare allora per ottenere la giusta risoluzione e la giusta velocità di scatto? Risposta: non utilizzare tutti i foto-ricettori e quindi ridurre il carico di lavoro del processore.
Nasce così il “line skipping”, che consiste nel saltare letteralmente la lettura di intere linee di foto-ricettori. In particolare per ogni linea utilizzata, se ne saltano due in verticale e in orizzontale.
Possiamo immaginare così il sensore “ridotto”:[IMG]public/imgsforum/2011/8/bayer_2.jpg[/IMG]
Come si può notare, lo schema di Bayer è rimasto invariato, la dimensione dei foto-ricettori è sempre la stessa (sensibilità alla luce invariata) e la geometria/superficie del sensore non viene modificata (stesso controllo della PDC). Dove sta il problema allora? Sta in due frangenti. Per prima cosa, la demosaicizzazione avviene sempre nella stessa maniera, però in questo caso c’è maggiore distanza fra i punti campionati, di conseguenza la perdita di definizione di cui ho scritto sopra aumenta (in certi casi si nota anche una lieve scalettatura). In secondo luogo (sempre in riferimento alla 1D4) i pixel utilizzati, che erano 4896 x 2754 (sto “croppando” in 16/9), diventano un terzo, quindi: 1632 x 918 pixel.
Ricapitolando, i punti necessari alla definizione di un pixel sono molto distanti, e in più il fotogramma deve essere scalato per raggiungere il formato HD (naturalmente più foto-ricettori sono presenti sul sensore meno questo effetto sarà penalizzante, quindi sensori capaci di più megapixel sono teoricamente più avvantaggiati). Tutto questo porta ad ottenere immagini un po’ meno definite e quindi tendenzialmente più morbide di una videocamera televisiva o cinematografica classica (faccio notare, però, che in ogni caso sono nettamente migliori della maggior parte delle videocamere amatoriali), ma in generale anche più suggestive (grazie alla generose dimensioni del sensore), soprattutto se aiutate da un sapiente controllo della profondità di campo.]La maggior parte di questi “problemi” non sono minimamente sentiti dai professionisti perché usano dotare le loro macchine da presa di appositi accessori, ma per l’utente tipico possono diventare molto fastidiosi. Lasciate che vi mostri un esempio:
quello che vedete qui sotto è un “Rig”, un supporto che permette l’utilizzo delle macchine da presa a fini cinematografici e/o televisivi (in genere non per le trasmissioni ma per film e fiction), ed in questo caso è stato costruito attorno ad una 5D2.
[IMG]public/imgsforum/2011/8/RIG.jpg[/IMG]
(Immagine tratta da http://dslrvideorigs.tumblr.com/)In questo caso è stato costruito su un treppiedi, ma può essere assemblato anche per l’utilizzo a spalla. Sotto alla 5D Mark II (tra la reflex e la testa del treppiede) potete vedere il supporto (rail), poi salendo noterete il follow focus (quella manopola bianca e nera) e, davanti all’obiettivo, il matte box (il porta-mascherini, che funge anche da porta-filtri) con attaccate le french flag (paraluce a “geometria variabile”). Sul retro troviamo un oculare ingranditore (loupe) per poter focheggiare più agevolmente sul display dorsale e in cima c’è un registratore professionale (a volte è sostituito da un mixer da campo collegato direttamente alla fotocamera). Se vi sembra un sistema complesso, sappiate che tutto sommato è in realtà piuttosto “semplice”. Infatti ci si possono aggiungere monitor esterni, aste per microfoni, maniglie e tanti altri attrezzi necessari alle singole riprese.
A titolo di informazione, aggiungo che in alcuni casi vengono anche utilizzati degli anelli adattatori per poter innestare le ottiche cinematografiche con attacco Arri PL (o Maxi PL per le Full Frame). In casi estremi le reflex possono anche essere modificate installando irreversibilmente una “flangia” PL e, in casi ancora più estremi, rimuovendo lo specchio in modo da poter alloggiare le ottiche PL più sporgenti verso il retro, le quali verrebbero colpite dallo specchio in fase di sollevamento (qui un esempio con una 7D: http://vimeo.com/11943195).
Avete capito perché per i professionisti, le reflex, sono dei giocattoli utili e quasi divertenti, mentre per l’utilizzatore comune sono tutt’altro che pratici?
Naturalmente non è obbligatorio dotarsi di tutto questo armamentario (le sequenze de Il Cigno Nero sono state girate reggendo/regolando la fotocamera a mano libera per esempio), ma ve l’ho voluto mostrare lo stesso, a scopo illustrativo.****************************************************************************************************
Le fotocamere Canon a sistema
Adesso che vi ho spaventati, per chi è ancora interessato o semplicemente curioso, passo a descrivere le principali caratteristiche delle reflex EOS con funzione video. Tralascerò completamente il discorso foto, che già conosciamo e che non fa parte dell’argomento dell’articolo.
Qui di seguito elencherò le fotocamere a sistema prodotte da Canon ed in grado di girare video. Indicherò le caratteristiche correlate al video di tutte queste reflex, partendo dal basso della gamma prodotti fino alla cima e (internamente alla fascia) con criterio cronologico.
Per collocare temporalmente i vari modelli, accanto al nome trovate il periodo di disponibilità “ufficiale”. Nella maggior parte dei casi il comunicato stampa con cui sono state annunciate è precedente di almeno un mese a questo periodo. Al momento può sembrare superfluo indicare questa informazione, ma nell’immediato futuro potrebbe essere utile per districarsi fra i vari modelli e caratteristiche.Gli elementi che accomunano tutte queste reflex sono: il sensore CMOS di grandi dimensioni (occhio al “rolling shutter”), il codec video (H.264, standard classificato come MPEG4-Part 10, sotto-campionamento colore 4:2:0 e file contenitore .MOV) e il limite dei 4 gb massimi per file a causa del file system FAT32 delle schede di memoria.
ATTENZIONE: L’ingombro di un minuto di filmato è riferito riprese effettuate in modo “normale”, di conseguenza, anche la durata massima è prevista in base al “peso medio” di un minuto in relazione al limite di 4 gb per file. Se però si facesse in modo da ridurre l’ingombro del flusso video (es. rinunciando all’audio o filmando immagini molto statiche, quindi con poche modifiche alla scena inquadrata) la durata massima prevista può aumentare. In caso di riprese molto movimentate, è possibile anche una riduzione della durata massima dei clip registrati.
NOTA: Vi siete mai chiesti perché le fotocamere non superano mai i 30 minuti circa di registrazione? Io me lo sono chiesto, e ho trovato la spiegazione.
Esiste un comunicato del CIPA (http://www.cipa.jp/english/index.html) datato 13 Luglio 2007 dove si spiega che l’Unione Europea classifica (e di conseguenza tassa) come videocamere tutti gli apparecchi fotografici che soddisfano tre requisiti, cioè:
– producono filmati con risoluzione pari o superiore a 800×600 pixel;
– producono filmati con più di 23 fps;
– possono filmare continuativamente 30 minuti o più.
Se le reflex o le compatte di Canon o di qualsiasi altro produttore avessero tutte e tre queste caratteristiche verrebbero tassate come videocamere facendo lievitare il prezzo di vendita.
Ecco spiegata la ragione di questa curiosa limitazione.****************************************************************************************************
EOS M [Ottobre 2012 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/M_2.jpg[/IMG]
Questa è la prima mirrorless di Canon e deriva dalla EOS 650D, risultando esserne una versione ultra-compatta e di pari qualità. Può montare l’intero catalogo di obiettivi EF, EF-S, EF-M e consente l’adattabilità di un numero ancora maggiore di obiettivi rispetto alle reflex classiche.
Sensore APS-C Hybrid AF. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. Come nella 650D è possibile avvalersi pienamente delle caratteristiche delle nuovo ottiche STM utilizzando la modalità “AF Servo filmato”.
L’audio è STEREO grazie al doppio microfono integrato, è anche possibile installarne uno esterno. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. E’ presente anche un filtro digitale anti-vento. Fate sempre attenzione ai rumori e fruscii che si propagano attraverso il corpo-macchina. Vengono inevitabilmente registrati se non si usa un microfono esterno.
Un minuto di registrazione occupa 82,5 mb in modalità 480p (durata massima 29 minuti e 59 secondi), 330 mb in 720p e 1080p. Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″, raggiungibile dividendo il video su più file. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC/SDXC (almeno “Class 6”), comprese le nuove UHS-I ad alta velocità.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Come sulla 600D è presente la funzione “snapshot” (2, 4 o 8 secondi per comporre brevi montaggi).
Il corpo macchina ha una struttura portante in metallo ed è ricoperto da gusci in plastica.
Secondo Canon la batteria (LP-E12) assicura 1 ora e 30 minuti di autonomia a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_M.aspx?DLtcmuri=tcm:80-989758&page=1&type=download
EOS 1100D / Rebel T3 / Kiss X50 [Febbraio 2011 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2011/8/1100D.jpg[/IMG]
Macchina entry-level in tutti i sensi, anche per i video.
Il sensore è APS-C e può registrare solo in modalità 1280×720 a 25 o 30 fps progressivi (“HD Ready” per dirla come i televisori). Non è possibile impostare manualmente i parametri di scatto, neppure la sensibilità ISO (che va da 100 a 6.400), ma è comunque possibile utilizzare il blocco esposizione e la compensazione AE. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione, altrimenti lascio a voi immaginare i risultati.
L’audio è solo MONO e non è possibile collegare un microfono esterno. Non è possibile effettuare regolazioni manuali eccetto la completa esclusione. Fate attenzione a rumori e fruscii.
Il “peso” di un minuto di registrazione è di 222,6 mb perciò la durata massima di un filmato si aggira attorno ai 17-18 minuti (se per qualche ragione non si raggiungesse il limite dei 4 gigabyte, la registrazione si fermerebbe comunque al raggiungimento dei 29′ e 59″). La registrazione avviene su schede SDHC/SDXC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
Non è possibile scattare foto durante la registrazione di un filmato.
Nota: Per questo modello Canon non produce l’impugnatura porta batterie.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in acciaio inox ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra conduttiva.
Secondo Canon la batteria (LP-E10) assicura 1 ora e 50 minuti di autonomia a 23° C (1 ora e 30 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_1100D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-845259&page=1&type=download
EOS 100D / Rebel SL1 [Aprile 2013 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/100D.jpg[/IMG]
Reflex di dimensioni estremamente compatte, forse la più piccola attualmente sul mercato, ma con funzioni complete. Il sensore ibrido giunge alla seconda generazione ed amplia fino all’80% la copertura dei punti attivi in live view.
Sensore APS-C Hybrid AF II. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica (in base alla modalità scena scelta) o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. Con questa nuova reflex è possibile avvalersi pienamente delle caratteristiche delle nuovo ottiche STM utilizzando la modalità “AF Servo filmato”.
L’audio è MONO ed è possibile collegare un microfono STEREO esterno. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. E’ presente anche un filtro digitale anti-vento. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 82,5 mb in modalità 480p (durata massima 29 minuti e 59 secondi), 330 mb in 720p e 1080p. Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″, raggiungibile dividendo il video su più file. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC/SDXC (almeno “Class 6”), comprese le nuove UHS-I ad alta velocità.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
Il display è touch screen come sulle sorelle 650D e 700D, ma non articolato. E’ presente la funzione “snapshot” (2, 4 o 8 secondi per comporre brevi montaggi).
Nota: Per questo modello Canon non produce l’impugnatura porta batterie.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in alluminio ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra conduttiva.
Secondo Canon la batteria (LP-E12) assicura X ora e XX minuti di autonomia a 23° C (X ora e XX minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_100D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-1047820&page=1&type=download
EOS 500D / Rebel T1i / Kiss X3 [Aprile 2009 – Luglio 2012]
[IMG]public/imgsforum/2011/8/500D.jpg[/IMG]
Seconda reflex Canon dotata della funzione video ma molto limitata rispetto alla sorella maggiore (solo la 5D Mark 2 in quel periodo), probabilmente per prevenire la concorrenza interna.
Anche qui il sensore è APS-C. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 e 1280×720 a 30 fps progressivi e a 1920×1080 a 20 fps progressivi, ciò significa che in FullHD non si dispone di sufficienti frame per rientrare nei parametri televisivi. Non è possibile impostare manualmente i parametri di scatto, neppure la sensibilità ISO (che va da 100 a 6.400), ma è comunque possibile utilizzare il blocco esposizione (premendo il pulsante ISO) e la compensazione AE (premendo il pulsante di scatto a metà, le impostazioni di scatto vengono visualizzate sul display). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante * (asterisco). E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO e non è possibile collegare un microfono esterno. Non è possibile effettuare regolazioni manuali eccetto la completa esclusione. Anche con questo modello fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p (durata massima 24 minuti), 222 mb in 720p (max 18 minuti) e 330 mb in 1080p (max 12 minuti). Anche in questo caso il limite massimo consentito è impostato a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in acciaio inox ed è protetto da un guscio in plastica.
Secondo Canon la batteria (LP-E5) assicura 1 ora e 10 minuti di autonomia a 23° C (1 ora a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_500D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-732061&page=1&type=download
EOS 550D / Rebel T2i / Kiss X4 [Febbraio 2010 – Settembre 2012]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/550D_2.jpg[/IMG]
Con questo modello le cose diventano serie.
Sensore APS-C. La registrazione può avvenire in modalità 640×480, 640×480 “Crop” (genera un effetto di ingrandimento 7x rispetto alla focale impiegata) e 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi (il supporto ai formati HD è completo e pienamente utilizzabile). L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica (come per 1100D e 500D) o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. Non è possibile effettuare regolazioni manuali eccetto la completa esclusione. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p e 480p “Crop” (durata massima 24 minuti), 330 mb in 720p e 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in acciaio inox ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra di vetro.
Secondo Canon la batteria (LP-E8) assicura 1 ora e 40 minuti di autonomia a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_550D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-726085&page=1&type=download
EOS 600D / Rebel T3i / Kiss X5 [Febbraio 2011 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/600D_2.jpg[/IMG]
Questa reflex è sostanzialmente una versione aggiornata della 550D con poche differenze tangibili in modalità “still”, ma nel comparto video aggiunge alcune funzioni piuttosto interessanti.
Sensore APS-C. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica (in maniera del tutto analoga alla 550D). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. E’ presente anche un filtro digitale anti-vento. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
[Nota: Purtroppo il team di sviluppo di MagicLantern ha scoperto che il pre-amplificatore di questa EOS non è disinseribile, questo significa che anche passando alle regolazioni manuali nella traccia audio sarà sempre presente un fruscio di fondo.]
Un minuto di registrazione occupa 82,5 mb in modalità 480p (durata massima 29 minuti e 59 secondi), 330 mb in 720p e 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC/SDXC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Sul piano “fisico”, la 600D, possiede un display girevole che permette di effettuare riprese in posizioni scomode senza l’ausilio di monitor esterni.
Sono inoltre state aggiunte altre funzioni. La prima è solo “divertente”: si possono girare degli “snapshot” di 2, 4 o 8 secondi da comporre in brevi montaggi. La seconda è utile: è la funzione “zoom digitale” che permette, “tagliando” porzioni del sensore, di ottenere ingrandimenti di 3x o 10x senza perdere la risoluzione desiderata o subire degrado delle immagini (è simile alla funzione “DX mode” delle FF di Nikon), inoltre considerando che la distanza fra i pixel utilizzati deve diminuire per forza, anche gli effetti negativi del “line skipping” dovrebbero diminuire.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in acciaio inox ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra conduttiva.
Secondo Canon la batteria (LP-E8) assicura 1 ora e 40 minuti di autonomia a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_600D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-823762&page=1&type=download
EOS 650D / Rebel T4i / Kiss X6i [Marzo 2012 – Marzo 2013]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/650D_2.jpg[/IMG]
In questo modello aumenta l’integrazione fra foto e video. Per la prima volta è possibile avere una vera e propria messa a fuoco continua come sulle videocamere
Sensore APS-C Hybrid AF. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica (in base alla modalità scena scelta) o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. Con questa nuova reflex è possibile avvalersi pienamente delle caratteristiche delle nuovo ottiche STM utilizzando la modalità “AF Servo filmato”.
L’audio è STEREO ed è possibile collegare un microfono esterno. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. E’ presente anche un filtro digitale anti-vento. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 82,5 mb in modalità 480p (durata massima 29 minuti e 59 secondi), 330 mb in 720p e 1080p. Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″, raggiungibile dividendo il video su più file. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC/SDXC (almeno “Class 6”), comprese le nuove UHS-I ad alta velocità.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Sul piano “fisico”, la 650D, possiede un display touchscreen girevole che permette di effettuare riprese in posizioni scomode senza l’ausilio di monitor esterni, ed eventualmente modificare le impostazioni senza dover per forza raggiungere i comandi fisici che in alcune di queste situazioni possono trovarsi “fuori portata”.
Come sulla 600D è presente la funzione “snapshot” (2, 4 o 8 secondi per comporre brevi montaggi).
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in acciaio inox ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra conduttiva.
Secondo Canon la batteria (LP-E8) assicura 1 ora e 40 minuti di autonomia a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_650D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-955833&page=1&type=download
EOS 700D / Rebel T5i / Kiss X7i [Aprile 2013 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/700D.jpg[/IMG]
Reflex sostanzialmente identica alla 650D. Le uniche differenze sono alcuni alcune nuove modalità scena, il display più veloce (60 fps contro i 30 della 650D) e la compatibilità con il modulo GPS GP E-2. Nessuna di queste caratteristiche incide sulle prestazioni video.Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_700D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-1046625&page=1&type=download
EOS 60D [Settembre 2010 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2011/8/60D.jpg[/IMG]
Con questa reflex saliamo di livello. Il corpo è più grosso ed ergonomico, la gamma delle sensibilità ISO procede a stop intermedi anziché interi e la velocità di scatto può arrivare a 1/8000 di secondo, inoltre su questo modello (e su quelli superiori) la batteria è orientata in modo da facilitarne la sostituzione senza dover togliere eventuali piastre per il montaggio su supporti o treppiedi.
Sensore APS-C. La registrazione può avvenire in modalità 640×480, 640×480 “Crop” (genera un effetto di ingrandimento 7x rispetto alla focale impiegata) e 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi (il supporto ai formati HD è completo e pienamente utilizzabile). L’esposizione può avvenire in modalità del tutto automatica (come per 1100D e 500D) o in modalità del tutto manuale con l’opzione della sensibilità ISO automatica. La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. E’ presente anche un filtro digitale anti-vento. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p e 480p “Crop” (durata massima 24 minuti), 330 mb in 720p e 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria SDHC/SDXC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Sul piano “fisico”, la 60D, possiede un display girevole che permette di effettuare riprese in posizioni scomode senza l’ausilio di monitor esterni.
Il corpo macchina è costituito da una struttura interna in alluminio ed è protetto da un guscio di resina in policarbonato con fibra di vetro, inoltre è presente una guarnizione nel vano batteria per ridurre il rischio di infiltrazioni d’acqua.
Secondo Canon la batteria (LP-E6) assicura 2 ore a 23° C (1 ora e 40 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_60D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-1024313&page=1&type=download
EOS 60Da [Aprile 2012 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/60Da.jpg[/IMG]
Fotocamera identica per caratteristiche e funzionamento alla EOS 60D, ma con sensibilità estesa nelle lunghezze d’onda H-alpha (per meglio catturare le emissioni infrarosse delle nebulose). In mano ad un video-maker creativo può rivelarsi uno strumento molto versatile.Manuale in inglese: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_60Da.aspx?DLtcmuri=tcm:80-922833&page=1&type=download
EOS 7D [Ottobre 2009 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2011/8/7D.jpg[/IMG]
Reflex professionale, si caratterizza per le altissime prestazioni ed è la macchina con corpo tropicalizzato e con funzioni video meno costosa offerta da Canon.
Sensore APS-C. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 e 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire secondo tutte le modalità M, Av, Tv e P, blocco esposizione compreso. Quindi in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. Se la fotocamera è stata aggiornata al firmware 2.x.x, è possibile effettuare le regolazioni audio come sugli altri modelli professionali. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p (durata massima 24 minuti), 330 mb in 720p e 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito resta a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria Compact Flash (almeno 8 mb al secondo in lettura/scrittura).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato per renderlo resistente a polvere e spruzzi d’acqua.
Secondo Canon la batteria (LP-E6) assicura 1 ora e 20 minuti a 23° C (1 ora e 10 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_7D.aspx?DLtcmuri=tcm:80-972446&page=1&type=download
EOS 6D [Dicembre 2012 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/6D.jpg[/IMG]
Reflex FF “economica”, ottima resa agli alti ISO, ma troppo sensibile all’aliasing (quasi peggio della 5D Mark II del 2008). Nonostante questo integra le ultime tecnologie rese disponibili da Canon.
Sensore Full Frame. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps progressivi, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii. E’ presente un connettore per cuffie grazie al quale è possibile monitorare l’audio in tempo reale.
La compressione video adottata le stesse e identiche modalità della 5D Mark III, ma si fa uso delle sole schede SD. Anche il timecode è presente.
Il limite massimo consentito resta 29′ e 59″ raggiungibili grazie alla possibilità di spezzare la ripresa su più file che non superino i 4 gb l’uno.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio e policarbonato, ma non si può considerarlo tropicalizzato.
Secondo Canon la batteria (LP-E6) assicura 1 ora e 35 minuti a 23° C (1 ora e 25 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_6DWG.aspx?DLtcmuri=tcm:80-998204&page=1&type=download
EOS 5D Mark II [Novembre 2008 – Dicembre 2012]
[IMG]public/imgsforum/2011/8/5D2.jpg[/IMG]
Non c’è bisogno di presentazioni, è stata la prima (ed unica per molto tempo) reflex FF sul mercato in grado di registrare in FullHD e permette numerose impostazioni di scatto, ma essendo la più “vecchia” risente anche di difetti, in particolare molti professionisti sentono la mancanza delle modalità a 50/60 fps.
Sensore Full Frame. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire secondo tutte le modalità M, Av, Tv, P, Creativa Automatica, Automatica (rettangolo verde) e B, blocco esposizione compreso. Quindi in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p (durata massima 24 minuti), 330 mb in 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito è 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria Compact Flash (almeno 8 mb al secondo in lettura/scrittura).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato in modo leggero per renderlo resistente a polvere e spruzzi d’acqua.
Secondo Canon la batteria (LP-E6) assicura 1 ora e 30 minuti a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_5D_Mark_II.aspx?DLtcmuri=tcm:80-765979&page=1&type=download
EOS 5D Mark III [Marzo 2012 – Oggi]
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Eredita il posto della Mark II come reflex FF professionale. Dalla EOS-1D X riceve le nuove compressioni video e per la prima volta l’aliasing non è più un problema. Ad Aprile 2013 si attende un aggiornamento firmware che permetterà l’impiego di registratori esterni per ottenere file video non compressi.
Sensore Full Frame. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps progressivi, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii. E’ presente un connettore per cuffie grazie al quale è possibile monitorare l’audio in tempo reale.
La compressione video adottata è la stessa della EOS-1D X e comprende le modalità IPB e ALL-I.
Un minuto di registrazione IPB occupa 78 mb in modalità 480p, 205 mb in 720p e 235 mb in 1080p. Questa compressione richiede schede CF da almeno 10 mb/s in scrittura o SD da almeno 6 mb/s in scrittura.
Un minuto di registrazione ALL-I occupa 610 mb in modalità 720 e 685 mb in 1080p. Questa compressione richiede schede CF da almeno 30 mb/s in scrittura o SD da almeno 20 mb/s in scrittura.
Il limite massimo consentito resta 29′ e 59″ raggiungibili grazie alla possibilità di spezzare la ripresa su più file che non superino i 4 gb l’uno.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
Un’altra funzionalità mutuata dalla EOS-1D X è il timecode, utile per chi con il video lavora per portare a casa la pagnotta.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato (migliorato rispetto alla Mark II) per renderlo resistente a polvere e spruzzi d’acqua.
Secondo Canon la batteria (LP-E6) assicura 1 ora e 30 minuti a 23° C (1 ora e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_5D_Mark_III.aspx?DLtcmuri=tcm:80-974209&page=1&type=download
EOS-1D Mark IV [Dicembre 2009 – Giugno 1012]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/1D4_2.jpg[/IMG]
Meno pubblicizzata (forse per via dei costi), ma comunque in grado di prestazioni di prima categoria.
Sensore APS-H. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 e 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire secondo tutte le modalità M, Av, Tv, P e B, blocco esposizione compreso. Quindi in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà oppure premendo il pulsante AF-ON. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. Non è possibile effettuare regolazioni manuali eccetto la completa esclusione. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
Un minuto di registrazione occupa 165 mb in modalità 480p (durata massima 24 minuti), 330 mb in 720p e 1080p (max 12 minuti). Il limite massimo consentito è sempre a 29′ e 59″. La registrazione avviene su schede di memoria Compact Flash (almeno 8 mb al secondo in lettura/scrittura) oppure su schede di memoria SDHC (almeno “Class 6”).
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato in modo tale da potersi definire del tutto impermeabile (eccezion fatta per il bocchettone dell’obiettivo, attraverso il quale è possibile l’infiltrazione di acqua se l’obiettivo montato non è dotato di apposite guarnizioni).
Secondo Canon la batteria (LP-E4) assicura 2 ore e 40 minuti a 23° C (2 ore e 20 minuti a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS-1D_Mark_IV.aspx?DLtcmuri=tcm:80-727965&page=1&type=download
Agosto 28, 2011 alle 11:43 am #1663372GionnyPartecipanteEOS-1D X [Giugno 2012 – Oggi]
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La nuova ed attesa ammiraglia a formato pieno. Con questa reflex è dotata del doppio processore Digic 5+ che promette migliori prestazioni in condizioni di scarsa illuminazione e l’abbandono del line skipping.
Sensore Full Frame. La registrazione può avvenire in modalità 640×480 a 25 o 30 fps progressivi, 1280×720 a 50 o 60 fps progressivi e a 1920×1080 a 24, 25 o 30 fps progressivi. L’esposizione può avvenire in maniera semi-automatica, automatica o manuale (in questi ultimi casi è simile in tutto e per tutto ai modelli inferiori). La messa a fuoco avviene in modalità manuale o automatica (modalità live-view, live con riconoscimento dei visi o rapida) e si attiva premendo il pulsante di scatto a metà. E’ consigliabile eseguirla prima di iniziare la registrazione.
L’audio è solo MONO , ma è possibile collegare un microfono esterno, in questo caso la registrazione si commuta in STEREO. E’ possibile effettuare regolazioni manuali del livello audio, oppure mantenere la gestione automatica o escludere totalmente la registrazione audio. Se non impiegate un microfono esterno, fate attenzione ai rumori e fruscii.
La compressione video è stata modificata rispetto ai modelli precedenti. Sono presenti due modalità: IPB e ALL-I.
La IPB è un miglioramento della tecnologia precedentemente utilizzata, quindi rimane un sistema a compressione interframe. Un minuto di registrazione occupa 78 mb in modalità 480p, 205 mb in 720p e 235 mb in 1080p. Questa compressione richiede schede CF da almeno 10 mb/s in scrittura.
La ALL-I, pur restando codificata secondo standard h.264, invece comprime i fotogrammi uno ad uno diventando una compressione intraframe. Il bitrate in queste condizioni si attesta in circa 91 megabit per secondo! Un minuto di registrazione occupa 610 mb in modalità 720 e 685 mb in 1080p. Questa compressione richiede schede CF da almeno 30 mb/s in scrittura.
Il limite massimo consentito resta 29′ e 59″ raggiungibili grazie alla possibilità di spezzare la ripresa su più file che non superino i 4 gb l’uno.
Come ausilio alla ripresa sono presenti delle griglie visualizzabili sul display.
Altra novità di questa reflex è il timecode con funzionalità “drop frame” per la correzione dello scarto dei fotogrammi.
In caso di surriscaldamento compare un indicatore sul display e, se si raggiunge la temperatura massima sopportabile, la reflex si disattiva automaticamente.
E’ possibile utilizzare il telecomando ad infrarossi per far partire la registrazione a distanza, ed è possibile scattare fotografie a risoluzione piena durante la registrazione, a prezzo di provocare un breve fermo immagine. I due file sono salvati separatamente.
Il corpo macchina è costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato in modo tale da potersi definire del tutto impermeabile (eccezion fatta per il bocchettone dell’obiettivo, attraverso il quale è possibile l’infiltrazione di acqua se l’obiettivo montato non è dotato di apposite guarnizioni).
Secondo Canon la batteria (LP-E4N) assicura 2 ore e 10 minuti a 23° C (2 ore a 0° C).Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS-1D_X.aspx?DLtcmuri=tcm:80-962335&page=1&type=download
EOS-1D C [Novembre 2012 – Oggi]
[IMG]public/imgsforum/2013/3/1DC.jpg[/IMG]
Variante della EOS-1D X riprogettata ed espressamente votata al video, anche cinematografico. A titolo di curiosità, va notato il connettore cuffie al posto del contatto flash PC e il manuale di istruzioni che si apre con il capitolo sulla ripresa video.
La ripresa video avviene nelle stesse modalità della EOS-1D X, ma si aggiunge la modalità 4k a 24 fps (4:2:2 a 8 bit), che però avviene utilizzando solo la parte centrale (“crop”) del sensore corrispondente circa al formato APS-H (1,3x). E’ presente anche una modalità “1080 S-35” nella quale il crop è in formato Super35 e moltiplica 1,6x.
Anche l’audio riprende le caratteristiche presenti sulla 1D X, ma in questo caso è presente un mini-jack per il collegamento delle cuffie.
Le compressioni ALL-I e IPB sono presenti, ma solo per i formati SD e HD (sia in FF che in S-35) con l’aggiunta della variante 1080p a 50/60 fps ALL-I che occupa 1,36 gb al minuto. La modalità 4k invece utilizza il formato Motion JPG che occupa le bellezza di 3,76 gb al minuto, rendendo necessarie schede CF da almeno 100 mb/s in scrittura.
Il limite massimo consentito, questa volta, è di 12 ore, raggiungibili grazie alla possibilità di spezzare la ripresa su più file che non superino i 4 gb l’uno. Il software EOS MOVIE Utility consente la ricostruzione del video in un solo file.
Anche su questo modello si possono scattare fotografie durante la ripresa video, ma è necessaria una scheda di memoria ancora più veloce di quella necessaria per il solo video.
Il corpo macchina è naturalmente costruito in lega di magnesio ed è tropicalizzato in modo tale da potersi definire del tutto impermeabile (eccezion fatta per il bocchettone dell’obiettivo, attraverso il quale è possibile l’infiltrazione di acqua se l’obiettivo montato non è dotato di apposite guarnizioni).
Secondo Canon la batteria (LP-E4N) assicura 1 ora e 25 minuti a 23° C (1 ora e 15 minuti a 0° C) lavorando in 4k.Manuale in italiano: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS-1D_C.aspx?DLtcmuri=tcm:80-1008649&page=1&type=download
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Considerazioni finali
Il settore delle video-reflex è ormai un fenomeno consolidato. Dopo il terremoto iniziale e la grande diffusione, ormai siamo al punto in cui la funzione video è indispensabile per vendere la fotocamera e anche Leica ha dovuto piegarsi a questa tendenza del mercato.
Le aziende che producono accessori specifici continuano a saltare fuori come funghi ed anche Canon, nonostante l’introduzione delle EOS Cinema, continua a sfornare nuovi modelli di reflex dotati di funzione video sempre più complete.Tornando al presente e dovendo scegliere il corpo-macchina pensando ad applicazioni video serie, la EOS 1100D è scartare in virtù del fatto che non è possibile effettuare la minima regolazione manuale, ovvero non è possibile pianificare il lavoro secondo la propria discrezione. Per intenderci si preme il pulsante e quello che viene viene. L’altra che scarterei è la 6D per via della forte tendenza all’aliasing.
Situazione già ottima se ci si orienta verso la 600D o se si trova una 550D su cui installare MagicLantern, mentre un pubblico professionale può trovare il compromesso migliore nella 7D o nella 5D Mark 2 che è ancora facilmente reperibile.
Detto tutto questo, agli utilizzatori “generalisti” che desiderano avvicinarsi al settore video e vogliono acquistare il prodotto con rapporto prezzo/prestazioni migliore, mi sento di consigliare la EOS 700D (o la 650D che è sostanzialmente uguale) che offre praticamente tutto quello che serve e consente un uso tutto sommato semplice della funzione video.
Chi desidera avere il nuovo “standard di riferimento”, invece deve rivolgersi alla EOS 5D Mark 3 con tutti i suoi vantaggi, cioè moiré praticamente zero, ottime prestazioni alle basse luci, compressioni ad alta qualità e (presto) l’uscita non compressa. La EOS-1D C, considerando il costo e le dimensioni enormi dei file, invece penso sia riservata ai professionisti per i quali il video è parte fondamentale del lavoro.Consiglio poi a tutti gli aspiranti video-maker di dotarsi di un microfono esterno (ce ne sono svariati sul mercato, ma non capisco perché Canon non ne abbia ancora fatto uno, Nikon lo fa!) perché il “microfonino” integrato è del tutto inadeguato ad un uso serio, oppure (soprattutto per chi manca di controlli manuali e non vuole cambiare corpo-macchina) consiglio di utilizzare dei registratori/mixer da campo (andate a vedere lo Zoom H1 oppure H4n per farvi un’idea di cosa intendo) per sopperire alla mancanza, in questo caso l’audio interno può tornare utile per facilitare la sincronizzazione in post-produzione.
Un’altra cosa da valutare per chi intende lavorare in situazioni non ottimali è la tropicalizzazione delle 7D, 5D3 e 1DX. Chi volesse lavorare spesso in esterno (anche con lieve pioggia) tenga presente questa caratteristica. Se invece il problema principale fosse l’ingombro, c’è la 100D oppure la EOS M che è ancora più piccola, anche se in quest ultimo caso si deve rinunciare ad un po’ di praticità nell’uso.Aggiungo inoltre che sia Canon che technicolor (come anticipato) hanno prodotto degli strumenti software. La prima ha messo a disposizione un plug-in (chiamato “E1”) per gli utenti “Final Cut Pro” (versioni 6.0.6 e 7.0.3 o successive) che permette una più facile ri-codifica dei file video. La seconda invece ha sviluppato uno “stile immagine” chiamato “CineStyle” per aumentare la gamma dinamica delle immagini riprese ed è corredato di una curva ci conversione (LUT) per riportare le immagini ad un aspetto consono alla riproduzione.
Attualmente entrambi gli strumenti sono distribuiti gratuitamente.Canon Plugin-E1 v1.2: http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_6DWG.aspx?DLtcmuri=tcm:80-1010457&page=1&type=download
Manuale Canon Plugin-E1 v1.2 (in inglese): http://www.canon.it/Support/Consumer_Products/products/cameras/Digital_SLR/EOS_6DWG.aspx?DLtcmuri=tcm:80-835718&page=1&type=download
technicolor CineStyle: http://www.technicolorcinestyle.com/forms/cinestyle-profile-download/****************************************************************************************************
Ringraziamenti
Si ringrazia reynolds che ha trovato e segnalato il primo errore e lorenzo70 che mi ha aiutato a risolvere un problema con l’inserimento delle immagini.
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Parte 5: tabella aggiornamenti.
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Marzo 2013:
– aggiornamento lista fotocamere e articolo in generale.Aprile 2012:
– ampliata la sezione riguardante i formati di registrazione.Gennaio 2012:
– aggiunta EOS-1D X nella sezione reflex.Agosto 2011:
– pubblicazione articolo.Agosto 28, 2011 alle 12:22 pm #1663374Lorenzo CanonianiAmministratore del forumRingrazio personalmente Gionny per averci fornito questo completissimo vademecum sul sistema video, vero punto di riferimento per chi vuole approfonditamente informarsi al riguardo. [can]
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