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Gennaio 22, 2014 alle 2:14 pm #1792012ClaudioPartecipante
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Gennaio 22, 2014 alle 10:25 pm #1792073GianMauroPartecipanteTutte decisamente dinamiche per composizione…. e tutte scurette (scelta?). Molto bella l’ultima, con un bel momento colto. Posso anche dirti che con solo tre foto e il titolo sei riuscito a raccontare una storia e questo mi piace, bravo. Peccato (si lo so, sono un criticone spaccone) per la PdC… troppo corta, anche perché a me piacciono i diaframmi chiusi 🙂 ciao
Gennaio 23, 2014 alle 11:37 am #1792100marco66PartecipanteA me piace la sfocatura selettiva dei piani ma cosi di traverso come in questo caso non la gradisco. Credo che una ripresa frontale avrebbe reso meglio. [lo]
Gennaio 23, 2014 alle 12:53 pm #1792101ClaudioPartecipanteGrazie a entrambi, Gian Mauro e Marco, per gli interventi. Parto da essi per raccontare qualcosa di piů sugli scatti. Le tre fotografie fanno parte di un gruppetto un po’ piů vasto che realizzato in strada tra Milano e Torino durante le festività natalzie. Sono foto che ho scattato con l’intento di ritrarre “il cosě com’é” della scena, scegliendo semmai soggetti o curiosi oppure che, ai miei occhi, potevano sollecitare un interesse o uno spunto di riflessione. Per inciso – e naturalmente questo non conta niente sul giudizio che si finisce poi per dare alle foto – le ho realizzate con il Planar 1.7, quindi le impostazioni manuali implicano (quasi sempre e di sicuro) in questo caso una consapevolezza nella gestione della profondità di campo. Sul fatto che piaccia “lunga” a Gian Mauro, per chi lo segua un po’ sul forum, si sa; ma anche Marco, con presupposti assai diversi, ha espresso delle perplessità. Nel mio piccolo la profondità di campo é un particolare che non trascuro mai, ma questo non implica ovviamente la bontà delle scelte fatte. Provo a raccontarvele. Nella prima foto il fuoco doveva essere esclusivamente sulle mani, diciamo che le stesse “sculture” ugualmente a fuoco sarbbero di troppo, ma non ci potevo far nulla essendo esse sullo stesso piano delle mani e il diaframma a TA. Nella seconda ho badato moltissimo alla composizione (una ripresa frontale onnicomprensiva con a disposizione solo il 50mm non era praticabile per via della tanta gente tutt’intorno; e, sinceramente, mi sarebbe piaciuta meno) atta a rendere il piů possibile descrittivo lo scatto: il piattino per le offerte; i manufatti terminati; l’operosità dell’uomo (e il volto concentrato); una minima contestualizzazione (praticamente seduto a terra nonostante la pioggia, quel secchio col fissante in cui immergere le “sculture” una volta concluse, le scorte di materia prima per i lavori successivi, ecc.). Per questa foto sě, se potessi rifarla, allungherei la PdC fino… all’ultima carota, includendo quindi tutto il “mondo” dello scultore. Infine l’ultima che sposta l’attenzione dal “fare” allo “scambio” e qui, quando scattavo, ho scelto di cercare di porre di nuovo il fuoco sulle mani, ma, col senno di poi, credo che sarebbe stato preferibile che anche il volto (molto espressivo) fosse completamente nitido. Infine una considerazione sulla luminosità: ho pressoché mantenuto quella del raw, quindi avrei sufficiente gioco per schiarire, ma non l’ho fatto perché é la luminosità di quel primo pomeriggio di fine dicembre, piovoso e pieno di nuvole scure. Grazie ancora per i commenti, un saluto, Claudio
Gennaio 23, 2014 alle 1:32 pm #1792103ItzerPartecipanteQuesto post me l’ero perso, probabilmente perché confuso fra altri che non mi interessavano particolarmente. Fra le tre preferisco la prima e comunque in tutte trovo gradevole il contrasto cromatico fra le carote e la tavoletta di appoggio. Apprezzabilissima poi é l’inventiva e l’opera di certi artisti di strada, troppo spesso emarginata e sottovalutata.
Gennaio 23, 2014 alle 1:48 pm #1792106ClaudioPartecipanteOriginariamente inviato da Itzer: […] e comunque in tutte trovo gradevole il contrasto cromatico fra le carote e la tavoletta di appoggio.
Ciao e grazie per il commento. In effetti l’arancione delle carote, unico colore vivace in un’atmosfera cupa, é il motivo per cui ho preferito il colore al posto della conversione in bianco e nero. Ad azzardare un’interpretazione (che mi era già passata per la testa, ma che non posso pretendere venga ravvisata chiaramente “nella” foto da chi la osserva) si potrebbe pensare alle carote (e, per traslato, all’abilità dell’uomo nel modellarle) come a ciò che dà colore e vivacizza una realtà che per altri aspetti si può ipotizzare cupa e difficile…
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