Lo schema ottico del Canon EF 17mm f/4 TS-E L è molto simile a quello del fratello minore 24mm f/3,5 TS-E L mark II, ed entrambi sono stati messi a punto partendo da calcoli e prototipi realizzati da Suguru Inoue e Shigenobu Sugita; il 17mm si avvale di ben 18 lenti in 12 gruppi, delle quali 4 sono in vetro UD tipo Ohara S-FPL51 ed una, la seconda, presenta una superficie asferica sul raggio posteriore, concavo, della lente stessa: questa caratteristica impedisce la consueta lavorazione a controllo numerico e richiede la realizzazione di un glass molding, stampando la superficie asferica nello sbozzo di vetro rammollito a caldo e pressato in una maschera metallica di estrema precisione; la stessa superficie asferica R4 è interessata dal nuovo antiriflessi Canon SWC (Subwavelenght structure coating), basato su microcristallizzazione controllata di fluoruri (in pratica è un rivestimento di microcristalli più piccoli della lunghezza d’onda della luce impiegata) e particolarmente efficace, specie in presenza di sensori che riflettono a specchio luci parassite. Di concezione analoga anche il 24mm TS-E L mark II, con 16 lenti, tre elementi UD e lente asferica frontale con le stesse caratteristiche appena descritte; la ridondanza di lenti UD è giustificata da un superiore controllo dell’aberrazione cromatica, forse il difetto più rilevante del 24mm TS-E L mark I, per il resto obiettivo valido, se ben diaframmato. Notate l’abbondante spazio retrofocale (superiore a 50mm) necessario per consentire i movimenti meccanici di basculaggio; questo conferma il presupposto che si tratta di obiettivi supergrandangolari “ingranditi in scala”, in grado di coprire un formato maggiore (ed un angolo decisamente superiore) e poi riassegnati ad un fotogramma molto più piccolo; se riducessimo la lunghezza focale fino a lambire di misura il 24x36mm, lo spazio retrofocale sarebbe di circa 36mm (comunque sufficiente al travel dello specchio reflex) mentre le lunghezze focali sarebbero, rispettivamente, di circa 10,5mm e 15,5mm, con la relativa copertura angolare di circa 128° e 108°.
(optical drawings: Canon Inc., remastered)
Anche le due ottiche TS-E di focale maggiore (45mm f/2,8 e 90mm f/2,8) seguono lo stesso principio, sebbene la loro copertura angolare e la relativa capacità di brandeggio siano leggermente inferiori ai più recenti modelli serie L: lo schema del 45mm è analogo a quello di un “28mm” da 76°, mentre quello del 90mm è molto simile a quello di un normale-lungo da 55mm, tipo micro-Nikkor 55mm f/2,8, per intenderci.
(optical drawings: Canon Inc., remastered)
Lo schema del Canon EF 14mm f/2,8 mark II e dell’EF 17mm f/4 TS-E L evidenziano le differenze nel tiraggio dei due schemi ottici: quello del 14mm, nato fin dall’origine per coprire di misura il 24x36mm, sfrutta in un’unica soluzione il suo ampio angolo di campo (114°) ed è dimensionato per coprire di misura il 24x36mm sfruttando al massimo l’arretramento retrofocale per avvantaggiarsi nel calcolo.
(optical drawings: Canon Inc., remastered)
Gli MTF originali del 17mm f/4 TS-E L (a piena apertura ed f/8, a 10 e 30 cicli/mm di frequenza spaziale, con orientamento sagittale e tangenziale) evidenziano come uno dei principi informatori del progetto vertesse sulla ricerca di una resa il più possibile elevata ai bordi del campo, con astigmatismo contenuto nei limiti fisiologici di un grandangolare così spinto; la consanguineità col 24mm TS-E L mark II è ribadita dall’andamento dei due grafici, con andamento omologo, e caratterizzati da un eccellente rientro della lettura sui bordi ad f/8 per 30 cicli/mm (specie con orientamento sagittale), suggerendo un buon rendimento anche nelle zone esterne alla copertura del formato e chiamate in causa dai movimenti.
(data: Canon Inc.)
Per quanto riguarda la progettazione del 17mm f/4 TS-E L e dell’alter ego 24mm f/3,5 mark II, va detto che per quest’ultimo sono riuscito a trovare il progetto definitivo, perfettamente congruente al modello di produzione, mentre per il 17mm, dopo paziente ricerca, ho messo mano solamente su calcoli molto simili al modello definitivo ma non identici: in pratica fra questi progetti e l’obiettivo di produzione è stato introdotto un ultimo, blando step evolutivo non documentato.
Analizzando i progetti si nota come, per queste versioni supergrandangolari, inizialmente ci si fosse accontentati, per semplificare il calcolo, di una copertura inferiore rispetto ai modelli poi prodotti in serie: infatti, nei progetti preliminari, il diametro del cerchio di copertura effettivo è invariabilmente di 58,4mm, pari ad una capacità di decentramento sulla diagonale stessa di 7,6mm, mentre i modelli di produzione garantiscono un cerchio di copertura da 67,26mm, che consente un decentramento sulla diagonale di 12mm in ogni direzione; possiamo notare questa evoluzione analizzando i dati che ho estratto dai progetti dell’ultimo prototipo di preserie e del modello di produzione relativi al 24mm TS-E L mark II: i due schemi sono molto simili ma il prototipo di preserie, con copertura da 58,4mm, garantisce solamente 100° di campo (come un 18mm sul 24x36mm), mentre il modello finale passa a 67,26mm e 108,38° (come un 15,5mm sull’identico formato).
Il prototipo di preserie dal quale è stato evoluto il 24mm mark II di produzione è stato progettato da Shigenobu Sugita, talentuoso matematico della nuova generazione al quale dobbiamo anche il recente ed apprezzato EF 70-300mm f/4-5,6 L IS; il modulo posteriore è già simile a quello definitivo e l’obiettivo presenta la finezza di un doppio flottaggio asolidate, col gruppo L3 che avanza e la lente L2 che arretra con corsa non uniforme, una soluzione di grande complessità meccanica poi sostituita, nel modello di serie, da una “semplice” messa a fuoco posteriore, messa in atto avanzando l’intero modulo di lenti poste dietro il diaframma; anche in questo modello sono presenti le tre lenti UD in vetro Ohara S-FPL51 e due lenti in vetro lanthanum Dense Flint Ohara S-LAH58, con altissima rifrazione (1,883) e bassa dispersione (40,8); la superificie asferica interessa il raggio anteriore della seconda lente (R3) che, essendo convesso, rende più facili le operazioni per ottenere la curvatura parabolica a controllo numerico, come da tradizione Canon. Come nel modello di produzione, il diaframma si muove col gruppo ottico posteriore e lo spazio retrofocale di ben 54,93mm non intralcia i movimenti di brandeggio e garantisce una proiezione più telecentrica. Notate, evidenziate in rosso, l’effettiva copertura di campo ed angolare, inferiore al modello definitivo.
La versione definitiva scelta per la produzione, e concepita simultaneamente al modello appena descritto, è stata firmata da Suguru Inoue; l’obiettivo utilizza vetri estremamente moderni (alcuni dei quali non compresi nel mio database) ed utilizza anch’esso 3 lenti UD in vetro Ohara S-FPL51 (come avrete capito, le esternazioni pubblicitarie Canon che rivendicano la paternità diretta sui vetri UD e Super UD utilizzati è pura demagogia); sono presenti tre elementi nel costoso vetro lanthanum Dense Flint già descritto nel modello precedente e la superficie asferica, in questo caso, interessa il raggio interno R2 della lente frontale, una superficie concava che ha richiesto la produzione col metodo glass molding; la stessa superficie è stata poi trattata con rivestimento SWC. A compensare questa orgia di soluzioni dispendiose troviamo un flottaggio semplificato rispetto al prototipo descritto sopra: la messa a fuoco avviene grazie all’avanzamento del modulo posteriore, solidale al diaframma stesso. Come si può evincere dai dati riportati, la copertura angolare e di campo sono decisamente superiori rispetto all’altro embodiment, mentre i diagrammi preliminari relativi alle principali aberrazioni parlano da soli e lasciano presagire le ottime prestazioni che qualsiasi proprietario può confermare.
Nello scorcio di questa prima decade del millennio, Canon ha sostenuto grandi sforzi impostando una serie di progetti ad ampio spettro sul tema dei supergrandangolari evoluti, molti dei quali previsti fin dall’origine per un campo d’immagine allargato e quindi destinati a montature decentrabili; i modelli 17mm f/4 TS-E L e 24mm f/3,5 TS-E L mark II costituiscono quindi solo la punta di un iceberg che ora andremo ad analizzare.