Infine, lo stesso Sugita aveva progettato, nel corso del 2007, un incredibile zoom supergrandangolare decentrabile, un 20-24mm f/4-4,5 caratterizzato dalla “solita” diagonale utile di 58,4mm, corrispondenti ad un angolo di campo effettivo di 112,6° (a 20mm), 107,4° (a 22mm) e 102,6° (a 24mm); il prototipo adotta uno schema relativamente semplice a 14 lenti (se relazionato ai TS-E L di produzione) e prevede 3 lenti UD, 3 lenti in lanthanum Dense Flint e due superfici asferiche: la prima sul raggio posteriore della seconda lente e la seconda sul raggio posteriore dell’ultima: nel primo caso è nuovamente necessario il glass molding. Si tratta di un concetto interessante che ribadisce la grande vivacità di Canon nel recepire ogni indirizzo e nel creare nicchie di mercato, ma probabilmente la ridotta escursione focale e l’avvertibile distorsione a 24mm hanno convinto il management a soprassedere alla produzione.
Dal punto di vista meccanico, i TS-E dell’ultima generazione, come il 17mm f/4, possono vantare notevoli sofisticazioni e caratteristiche volte a rendere l’utilizzo confortevole, permettendo addirittura un facile impiego a mano libera: il diaframma elettromagnetico rimane alla massima apertura anche sotto decentramento/basculaggio, i comandi micrometrici sono dotati di blocchi di sicurezza in ogni posizione e la rotazione sull’asse è indipendente per ogni movimento: tutto è stato fatto per agevolare l’utente, e l’unico limite consiste nel fatto che occorre misurare e memorizzare l’esposizione con movimenti in posizione “zero” perchè, decentrando e/o basculando, i valori misurati risulterebbero erronei, portando ad esposizioni sbagliate; nel tentativo di ovviare anche a questo piccolo disagio, peraltro comune a tutti i decentrabili di qualsiasi marca, un team di progettisti Canon, nel corso del 2008, ha ipotizzato una montatura decentrabile / basculabile dotata di sensori di posizione per i movimenti, in grado di informare il corpo macchina circa l’effettiva entità del decentramento e/o basculaggio messo in atto: l’apparecchio, basandosi su queste informazioni e grazie ad uno specifico firmware, può così compensare l’esposizione, portando ad esposizioni corrette anche se l’esposizione venisse misurata in tempo reale, con i movimenti applicati… Un’innovazione che sarebbe stata la ciliegina sulla torna dei nuovi TS-E L lanciati nel 2009 e che probabilmente è stata messa in stand-by per l’ovvia necessità di aggiornare anche i corpi macchina relativi.
Dopo questa carrellata tecnica torniamo nel mondo reale e cerchiamo di visualizzare il potenziale ed i limiti dei tre obiettivi Canon caratterizzati dal famoso ambo “17 – 4”; purtroppo il modello FD, per la sua montatura, non può essere messo a confronto diretto con gli altri modelli, e ci limiteremo ad osservare alcune sue immagini singolarmente.
Il Canon FD 17mm f/4, contestualizzato nella sua epoca, è un buon obiettivo, senza limiti vistosi: la distorsione non è molto evidente, l’illuminazione periferica è soddisfacente, il contrasto è piacevole e la risolvenza, pur senza picchi entusiasmanti, non presenta particolari mancamenti nelle zone periferiche.
(picture: Marco Cavina 2012)
Raccogliendo i miei – ormai lontani – ricordi d’uso del 17mm FD su invertibile di bassa sensibilità, l’impressione più evidente riguardava la buona saturazione del colore che forniva immagini piene ed appaganti e consentiva di chiudere un occhio sulla risoluzione non troppo elevata; va sempre ricordato che, ormai, siamo assuefatti a grandangolari spinti di alta qualità ma non dobbiamo dimenticare l’effetto dirompente che un ottica simile poteva avere nel 1970. Un altra caratteristica che salta agli occhi è l’impressione di tutto a fuoco uniforme nei vari piani, ancora superiore a quanto ci si possa aspettare da una simile focale, che contribuisce alla creazione di immagini dall’impronta un po’ metafisica.
(picture: Marco Cavina 2012)