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Gionny – Adattare gli obiettivi: Guida completa

Gionny – Adattare gli obiettivi: Guida completa

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Un tema ricorrente sui forum di fotografia è quello dell’adattamento delle vecchie ottiche.

Lo staff spera con questo articolo completo di tabelle, di fornire un valido punto di partenza per affrontare l’argomento.

Buona lettura.

Molti prima o poi pensano di poter adattare vecchi obiettivi alla propria fotocamera. Vuoi per risparmiare denaro, vuoi per sperimentare, vuoi perché alcuni obiettivi hanno una resa molto particolare e ricercata, in ogni caso l’adattamento delle ottiche è un tema che si propone molto spesso sui forum di fotografia.

 

Di solito queste sono le domande tipiche:

“Ho trovato un vecchio obiettivo che usava mio padre sulla sua vecchia reflex, lo posso montare sulla mia autofocus/digitale?”;

oppure:

“Ho avuto occasione di comprare un vecchio obiettivo ad un mercatino, è compatibile con la mia fotocamera?”.

 

La risposta è si, la luce è sempre luce e le lenti sono sempre lenti:

in linea di principio si può sempre adattare un obiettivo nato per un sistema fotografico su di un altro, ma ci sono eccezioni e limitazioni che vale la pena conoscere prima di sprecare denaro in un acquisto sbagliato o di rimanere delusi da una cattiva resa.

 

Per prima cosa si deve essere consapevoli del fatto che adattando un obiettivo, si perde ogni tipo di automatismo. Questo vale per la messa a fuoco automatica, la chiusura automatica del diaframma ed il funzionamento di eventuali stabilizzatori, ecc. La ragione di queste limitazioni è da ricercare nella mancanza nel corpo macchina degli organi meccanici o elettronici necessari ad attivare le componenti meccaniche o elettromeccaniche degli obiettivi adattati.

 

Il diaframma in particolare è il componente attorno al quale ruota la tecnica dello “stop down”, necessaria all’uso degli obiettivi adattati.

Per metterla in pratica, occorre prima mettere a fuoco il soggetto, in seguito regolare il diaframma che si chiuderà manualmente al valore impostato e, solo dopo, regolare il tempo di esposizione (manualmente o con priorità di diaframmi) per poi terminare con lo scatto.

Alcuni di voi si chiederanno perché il diaframma vada regolato dopo la messa a fuoco e non prima. La risposta è che chiudendo il diaframma si va ad aumentare la profondità di campo, di conseguenza andando a focheggiare ci si potrebbe fermare ad uno degli estremi della zona a fuoco ottenendo la PDC tutta davanti o dietro al soggetto (rendendo la foto innaturale o addirittura brutta). Per questo è consigliabile focheggiare con la minima PDC disponibile, cioè a tutta apertura.

 

Altri obiettivi invece non possono essere adattati (e sono le eccezioni alla regola). In questa categoria rientrano alcuni casi particolari di obiettivi che non erano dotati di tutte le lenti necessarie al loro funzionamento perché concepiti come aggiuntivi ottici di particolari fotocamere che integravano nel corpo i restanti componenti (un caso di questo tipo era la “Canon EX EE” ed i suoi quattro obiettivi, ma se non sbaglio è stata prodotta anche una Zeiss attorno ad un concetto simile).

 

In altri casi, invece, la funzionalità risulta limitata. Questo succede con obiettivi concepiti per i formati più piccoli (ad esempio Olympus Pen oppure Pentax 110) che non coprirebbero l’intero sensore o pellicola da 35mm, oppure quelli che non integrano alcuni comandi, come il caso lampante degli EF di Canon (ed ormai molte altre serie di ottiche di molti produttori) che mancando di ghiera di controllo dei diaframmi. Se montati su fotocamere non dotate della necessaria elettronica di controllo, essi funzionano esclusivamente a tutta apertura.

A volte poi non vale la pena adattare gli obiettivi anche se fisicamente non vi sono impedimenti. E’ il caso dei medio e grande formato, che sono concepiti per funzionare in maniera molto diversa dagli obiettivi per piccolo formato (otturatori e diaframmi sono azionati in modo differente e risultano molto scomodi se utilizzati sulle fotocamere di piccolo formato). Inoltre, essendo concepiti per pellicole che necessitano di minori ingrandimenti per la stampa, spesso hanno una risolvenza inferiore a quella delle ottiche per 35mm in modo da valorizzare più facilmente altre caratteristiche come il contrasto. Cosa buona se si ha a disposizione un pellicola di grandi dimensioni ma deleteria sul 36×24 o peggio ancora sugli APS-C, formati che non permetterebbero l’ottenimento della nitidezza promessa da tali ottiche.

 

Va poi fatto notare che, se le moderne fotocamere digitali concedono molta libertà nell’adattare gli obiettivi (in particolar modo le mirrorless permettono quasi tutto), bisogna comunque stare in guardia. I sensori digitali riflettono molta più luce rispetto a quanta ne riflette una pellicola tipica, per questo può capitare che ottiche eccelse sulla pellicola soffrano in modo grave di riflessi interni dovuti alla mancanza di un trattamento specifico per lavorare con i moderni sensori digitali. E’ capitato che ottiche di grande pregio (per fare un esempio il Canon EF 85mm f/1.2L USM) siano state aggiornate appositamente per migliorare i trattamenti anti-riflesso. In questo caso occorre sperimentare sperando di essere fortunati.

 

Ora però passiamo a vedere come si adattano le ottiche e quali possono essere i problemi all’orizzonte.

Facciamo uno sforzo di fantasia e immaginiamo che questo disegno sia una fotocamera:

 

Il profilo nero rappresenta il corpo macchina, la striscia blu, il supporto sensibile (pellicola o sensore) e l’oggetto verde rappresenta un obiettivo intercambiabile con il suo schema ottico riassunto dalla lente azzurra. La quota (cioè la misura) indicata con la “X” è il TIRAGGIO (“flange focal distance” per chi ama l’inglese).
Il tiraggio è la distanza che separa il piano focale (la superficie su cui viene proiettata l’immagine, cioè il supporto sensibile) dal piano della flangia di fissaggio dell’obiettivo, ed è la caratteristica che influenza l’effettiva possibilità di adattare un obiettivo. Ma andiamo per ordine.

L’obiettivo è progettato per poter mettere a fuoco tutto ciò che si trova dalla minima distanza di messa a fuoco all’infinito, ovvero, è in grado di indirizzare i fasci di luce parallela fino a farli convergere in un singolo punto sul piano focale, dalla minima distanza di messa a fuoco (obiettivo alla massima estensione)

e fino all’infinito (obiettivo completamente arretrato):

Ora immaginiamo di voler montare questo obiettivo su un corpo macchina per il quale non è stato progettato. Per prima cosa perdiamo gli automatismi (come già preventivato), poi possiamo incorrere in uno dei seguenti casi:

– caso 1: tiraggio inferiore.
Immaginando di poter montare direttamente l’obiettivo sul corpo macchina otterremo questo:

alla posizione di infinito, l’obiettivo proietterebbe la sua immagine dietro al supporto sensibile, questo significa che facendo avanzare le lenti per la messa a fuoco, otterremmo la messa a fuoco all’infinito, ma saremmo penalizzati alle brevi distanze perché non è possibile mettere la stessa distanza fra piano focale e lente che permetteva il corpo specifico.
Ma a tutto questo esiste una soluzione. Per prima cosa è necessario adattare gli attacchi perché ogni produttore usa il proprio sistema di montaggio, e questo offre l’occasione di interporre uno spessore fra corpo ed obiettivo, raggiungendo il corretto tiraggio ed ottenendo questa configurazione:

Il componente viola rappresenta l’anello adattatore che permette di ripristinare la messa a fuoco all’infinito ed alla minima distanza. A parte la perdita degli automatismi non esistono controindicazioni se non il fatto che se l’anello è troppo sottile non conferisce la giusta robustezza per mantenere sicuro il montaggio. Per questo è consigliabile non tentare l’adattamento se la differenza di tiraggio è inferiore ad 1,5 o 1mm.

– caso 2: tiraggio superiore.
Questa volta ci troviamo di fronte a questo scenario:

In questo caso l’immagine viene proiettata davanti al piano focale. Si perde la capacità di mettere a fuoco all’infinito mentre si riduce la distanza minima, ed in effetti è come se si avesse montato un tubo prolunga per fotografia macro. Se la differenza di tiraggio è tanta, è possibile anche notare una diminuzione di luce rispetto al diaframma nominale impostato esattamente come succede con i tubi-prolunga.
Analogamente allo scenario precedente esiste una soluzione offerta dalla necessità di un anello adattatore, cioè l’inserimento di lenti correttive. La situazione si presenterebbe più o meno così:

La lente correttiva inserita nell’anello modifica il percorso ottico dei fasci di luce e permette di recuperare le caratteristiche di messa a fuoco dell’obiettivo. Ci sono però degli inconvenienti. Il primo è che la lente correttiva introduce una moltiplicazione della focale che varia da caso a caso. Il secondo è che inserendo ulteriore vetro ed aria (nel disegno c’è una lente sola, ma si possono trovare anche sistemi correttivi con più elementi) allo schema ottico si ottiene un degrado dell’immagine che può essere molto leggero se il si tratta di un adattatore di altissima qualità, oppure molto forte se si tratta di un adattatore economico e con vetro scadente. Inutile dire che molto spesso gli adattatori appartengono a questa categoria, rendendo del tutto inutile l’adattamento dell’ottica.
Aggiungo anche che per fronteggiare questo problema sui corpi con tiraggio molto “lungo”, i riparatori e i tecnici specializzati in apparecchiature ottiche, usano (quando possibile) modificare l’attacco dell’obiettivo desiderato installando la baionetta richiesta dal corpo di destinazione, così facendo è possibile mantenere la messa a fuoco all’infinito. A volte capita di trovare obiettivi così convertiti nei mercatini dell’usato.

[Sul tema degli anelli adattatori, faccio notare che sul mercato ne esistono di vari tipi, ma voglio focalizzare l’attenzione sui modelli con chip che permettono alla fotocamera di “controllare” la messa a fuoco e dare il segnale di conferma. Personalmente li sconsiglio, almeno a chi non possiede una fotocamera con comando separato dell’AF, perché se voleste scattare una foto fuori fuoco o mettere a fuoco un soggetto che non rientra nei punti AF della fotocamera e non voleste/poteste ricomporre, potrebbe essere più dannoso che utile.]

Tirando le somme, se il vostro corpo macchina ha un tiraggio sensibilmente inferiore a quello per cui è stato costruito l’obiettivo, è possibile ottenere una combinazione perfettamente funzionante. Ad esempio, se volete montare un’ottica Nikkor sulla vostra Canon EOS, si tratta di un’operazione perfettamente fattibile perché ci sono ben 2,5mm di distanza da colmare a favore del corpo macchina. Mentre se volete montare un’ottica Canon FD sempre sulla EOS dovete accettare il compromesso della lente correttiva oppure la potrete usare come ottica macro o al limite per foto a breve distanza perché perdereste la messa a fuoco all’infinito.
Tiraggi molto simili invece (come il Canon EF e il Minolta A/Sony Alpha che vedono il Canon più corto di solo 0,5mm) tendono a riproporre il secondo scenario perché lo spessore mancante, spesso, non è sufficiente a costruire un anello adattatore sufficientemente robusto, di conseguenza l’anello “ingrassa” e la messa a fuoco all’infinito si perde a causa della distanza maggiore.

Ma poniamo ora un altro caso. Il Canon EF è più “lungo” del Canon FD, allora perché non montare le ottiche EOS sui corpi FD? Domanda lecita, ma che si risponde da sola se avete letto tutto attentamente. Le ottiche EF (come le Nikkor G, molte Sony A e tante altre prodotte oggi) sono sprovviste di ghiera per la regolazione del diaframma, pertanto sarebbero fortemente limitate dovendo operare sempre a tutta apertura. Per questo inconveniente non esiste soluzione sulle reflex, ma se aveste a disposizione una mirrorless le cose cambierebbero in meglio.
Nel settore delle mirrorless il tiraggio è ridottissimo (nel caso limite della Pentax Q è addirittura 9,2mm) e consente l’adattamento di una quantità elevatissima di obiettivi, anzi permette addirittura l’adattamento di ottiche generalmente considerate non adattabili.
Di nuovo il caso delle ottiche EF è da manuale, infatti esistono in commercio anelli adattatori dotati di un diaframma meccanico per sopperire alla mancata funzionalità di quello installato nell’obiettivo (ad esempio questo http://www.adrianololli.com/articolo.asp?ID=3640), oppure si stanno affacciando sul mercato adattatori che sono in grado di “tradurre” i comandi provenienti dal corpo macchina nei comandi che l’obiettivo sa eseguire (come quelli per Sony NEX visibili qui http://www.metabones.com/). Si tratta, in entrambi i casi, di soluzioni permesse dalla grande differenza di tiraggio che consente l’installazione dei componenti necessari a questo scopo.
In definitiva, le mirrorless possono montare tutto quello la cui lente posteriore non sbatte contro il corpo macchina o il sensore.

A titolo informativo segnalo che l’attacco Canon EF-M ha un tiraggio di 18mm, i Canon R, FL ed FD di 42mm e il Canon EF/EF-S di 44mm. Mentre il diffusissimo M42 si attesta a 45,46mm, l’Olympus OM raggiunge i 46mm e il Nikon F è fra i più lunghi del piccolo formato con 46,5mm.
Nei link a seguire troverete ulteriori informazioni al riguardo:

http://it.wikipedia.org/wiki/Tiraggio

http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_lens_mounts

http://en.wikipedia.org/wiki/Flange_focal_distance

Al termine dell’articolo troverete delle tabelle riguardanti i più comuni “attacchi”.

 

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