I diagrammi con le principali aberrazioni ricavati dai progetti dei modelli FD, EF “mark I”, EF prototipo con 2 lenti in fluorite ed EF “mark II”
Tornando alla correzione dell’aberrazione cromatica, costantemente implementata nei vari modelli che si sono avvicendati sul mercato, lo schema seguente sottolinea le modifiche messe in atto nel doppietto anteriore dei diversi obiettivi.
Come si può notare, tale doppietto acromatico è una costante in tutte le versioni, ad esclusione del recente EF 24mm f/2,4 L “mark II” che fa uso di un tripletto con spaziatura ad aria; se analizziamo i vetri utilizzati nel doppietto presente sui modelli FD-L, EF-L “mark I” ed EF-L prototipo con lenti in fluorite, possiamo notare che il primo vetro è sempre un Dense Flint ad altissima rifrazione / bassa dispersione, anche se passando alla generazione EF il vetro diviene leggermente più spinto, con un indice di rifrazione che muta da 1,805 ad 1,846, mentre l’evoluzione del secondo vetro è più interessante e chiarificatrice: per il modello originale, Momiyama si era accontentato di un comune vetro Dense Crown, con dispersione relativamente bassa (vD= 61,1) ma non eccezionale; nella versione EF-L “mark I” il Dense Crown viene sostituito da un vetro UD a bassa rifrazione e bassissima dispersione (vD= 81,5). Il prototipo del 2008, l’ultimo ad adottare il doppietto classico, si spinge oltre ed utilizza addirittura una lente in fluorite, con dispersione eccezionalmente bassa (vD= 95,0); infine, l’EF-L “mark II” pone fine a questa escalation e modifica lo schema. perseguendo un’altra via: il doppietto cambia foggia, appoggiandosi ad una terza lente spaziata ad aria, il vetro a bassa dispersione rimane un “normale” UD tipo Ohara S-FPL51 ed i vetri ad alta ed altissima rifrazione con i quali è abbinato diventano materiali alle Terre Rare tipo Dense Flint al lantanio e che, nonostante l’elevatissimo indice di rifrazione (1,883 ed 1,834), presentano una dispersione relativamente bassa (vD= 40,8 e 42,7);
una ulteriore lente UD ed un secondo doppietto acromatico che abbina un vetro Dense Flint ad un Fluor Crown con dispersione vD= 70,2 completano il quadro.
Va detto che, per mia esperienza personale, ho notato che Canon – istituzionalmente – non correggeva l’aberrazione cromatica laterale con lo stesso puntiglio di altri concorrenti (come Nikon, tanto per non fare nomi), ed è possibile che, finchè si utilizzava film argentico tradizionale, questi residui fossero trascurabili; l’avvento del digitale ha rimescolato le carte, attribuendo un’importanza molto maggiore a questo fattore, e Canon – nel tempo – è dovuta correre ai ripari, come gli esempi appena descritti documentano.
Un advertising giapponese del 1975 che pubblicizza il Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical assieme all’FD 55mm f/1,2 SSC Aspherical, primo modello del sistema ad adottare una superficie asferica, vetri speciali e sistema flottante; assieme al già disponibile FD 300mm f/2,8 SSC Fluorite ed all’85mm f/1,2 SSC Aspherical lanciato l’anno successivo andranno a costituire il primo nucleo di ottiche Canon di gamma superiore, successivamente denominate “L”.
Un’altro 24mm Canon dotato di peculiarità uniche è senz’altro l’EF 24mm f/3,5 TS-E L, un obiettivo caratterizzato da un angolo di campo nominale di 84° ma in grado di decentrare il gruppo ottico fino ad 11mm fuori asse e, caratteristica esclusiva della gamma Canon fin dal modello FD 35mm f/2,8 TS, di basculare lo stesso modulo fino ad 8°, consentendo un controllo cosciente della profondità di campo e garantendo. in pratica, gli stessi movimenti permessi da un’apparecchio di grande formato a corpi mobili; considerando l’ampio angolo di campo, quest’obiettivo è perfetto per riprese architettoniche ed infatti ha trovato ampia diffusione in questo genere professionale.
Due esemplari di Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L; notate il nottolino laterale per il decentramento, quello – sull’altro lato – per il fermo di sicurezza ed il terzo, nella parte superiore, che garantisce il basculaggio.
Quest’obiettivo, lanciato nell’Aprile 1991, completava una tripletta di ottiche tilt&shift da 24, 45 e 90mm; in realtà, non costituiva una prima assoluta in quanto la Olympus aveva già presentato in precedenza l’OM Zuiko 24mm f/3,5 shift, tuttavia quest’ultimo poteva decentrare solamente di 8mm, non aveva comandi micrometrici e blocchi per il movimento, richiedeva un funzionamento manuale del diaframma e presentava un’ampia lente anteriore, convessa e molto sporgente, realizzata in tenerissimo vetro ai fluorfosfati che la rendevano facilmente soggetta a graffi e scheggiature; viceversa, il Canon TS-E L garantiva un decentramento in ogni direzione di 11mm (anche se, onestamente, Canon dichiarava una certa vignettatura meccanica fotografando in verticale con shift superiore ad 8mm), la sua lente anteriore era incassata nella montatura che forniva protezione e consentiva – cosa importantissima – l’adozione di comuni filtri da 72mm, i movimenti di decentramento e basculaggio erano serviti da comandi di precisione, a cremagliera, bloccabili in posizione e, soprattutto, il diaframma elettromagnetico alimentato tramite flat flessibile, restava automatico a piena apertura anche con decentramento in atto, rendendo estremamente più agevole inquadrare e fotografare a mano libera in queste condizioni d’uso, una prassi fino ad allora decisamente ostica a causa dell’oscuramento del mirino (causato dalla forte diaframmazione richiesta dal decentramento) e dell’eventuale vignettatura introdotta su un lato del fotogramma dallo shift.
Questa prima versione utilizzava un complesso schema molto “estetico” e con un modulo interno dal vago profumo di Biogon, composto da 11 lenti con l’elemento centrale dotato di una superficie asferica; non sono invece presenti vetri UD a bassa dispersione e, sebbene la resa ottica complessiva sia piacevole, con un contrasto secco e (chiudendo ad f/11) una buona resa anche nelle zone richiamate in campo dal decentramento, con l’impiego su full-frame digitali i fringings di aberrazione cromatica sono piuttosto evidenti e sgradevoli; questa storica debolezza, unita alla necessità di diaframmare bene per ottenere una resa adeguata (cosa non sempre possibile), ha spinto Canon a progettare tutta una nuova generazione di super-grandangolari retrofocus con una superiore qualità d’immagine e grande uniformità di resa, tali da rappresentare veramente un nuovo step evolutivo in questa categoria di sistemi ottici; le punte dell’iceberg di questi studi sono i nuovi Canon EF 14mm f/2,8 L “mark II”, EF 24mm f/3,5 TS-E L “mark II” ed EF 17mm f/3,5 TS-E L; essendo una pagina dedicata alla focale 24mm, ovviamente rivolgeremo la nostra attenzione a questa versione.