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marco_cavina – I 24mm Canon: Storia e segreti di una gloriosa e prolifica famiglia di grandangolari

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Il Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L “mark II”, assieme all’incredibile fratellone 17mm f/4 TS-E L, è stato presentato nel Febbraio 2009 e costituisce un evidente superamento del peraltro apprezzato modello precedente: lo schema ottico, molto più complesso, si basa su 16 lenti con messa fuoco flottante posteriore garantita dal movimento asincrono delle 9 lenti poste dietro il diaframma, anch’esso mobile in blocco con il modulo di fuoco; anche in questo caso la lente anteriore è asferica, ma la superficie parabolica è quella interna e risulta quindi concava, una notevole complicazione in produttiva che renderebbe quasi impossibile la realizzazione a controllo numerico, un problema risolto ottenendo l’elemento per stampaggio del blocco di vetro rammollito a caldo all’interno di una sagoma convessa con l’adeguato profilo asferico; la stessa superficie, rivolta verso la fotocamera, è rivestita con il nuovo antiriflessi SWC (Sub-Wavelengh-Coating), introdotto l’anno precedente ed analogo al Nikon Nano Crystal Coat: si tratta di rivestimenti di nuova concezione che passivano efficacemente i riflessi speculari che arrivano dalle lastre protettive poste davanti ai sensori digitali. infine, l’obiettivo adotta finalmente ben 3 lenti in vetro UD a bassissima dispersione e dichiara una correzione dell’aberrazione cromatica largamente superiore al modello precedente.

Anche dal punto di vista operativo l’ottica è stata implementata: grazie all’aumento del cerchio di copertura utile (ora di 67,26mm contro i 43,2 nominali del formato), l’obiettivo è in grado di decentrare di 12mm in ogni direzione senza vignettature meccaniche, grazie all’aumentato diametro della montatura anteriore e all’adozione di filtri da 82mm; inoltre il basculaggio passa ad 8,5°, è servito da un doppio dispositivo di blocco e – contrariamente a quanto avveniva prima – consente di orientare il suo piano indipendentemente da quello del basculaggio; la messa a fuoco posteriore flottante ha consentito di ridurre la messa a fuoco minima da 0,3m ad appena 0,21m dal piano focale, consentendo quasi di realizzare delle macrofotografie grandangolari; questa caratteristica, unita ai movimenti, lo rendono ideale anche per riprese realistiche di plastici e modellini.

Ecco la documentazione inedita e completa ricavata dal progetto di quest’obiettivo.

 

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L’obiettivo (modello di produzione e tre prototipi alternativi) è stato calcolato da Suguru Inoue fra il 2008 e l’inizio del 2009 e costituisce il chiaro esempio di un progetto modernissimo, complesso e performante: aberrazione sferica, cromatica e distorsione sono eccezionalmente ben corrette se consideriamo che l’angolo di campo effettivo inquadrato dal sistema ottico (comprensivo di doppio decentramento di 12mm sulla diagonale), a fronte di una copertura nominale di 84°, sarebbe addirittura di 108,4° (contro i circa 100° dello Zuiko shift): in pratica, lo schema ottico di quest’obiettivo è analogo a quello di un supergrandangolare da 15,5mm “ingrandito in scala” fino a 24,3mm, portando il cerchio di copertura utile da 43,2mm a 67,26mm e lo spazio retrofocale (utile per consentire il decentramento) da circa 36mm a 54,96mm; se consideriamo questi veri parametri, l’ottima resa ottica che tale obiettivo presenta fino alle zone marginali parla a favore del suo progettista. Il gruppo ottico è composto da due moduli distinti, separati dal diaframma, del quale il primo resta sempre fisso ed il secondo si avvicina al primo passando da infinito alla distanza di messa a fuoco minima; come anticipato, il raggio interno R2 della prima lente è a profilo asferico, secondo i coefficienti riportati fra i dati; nello schema sono presenti ben 4 doppietti ed un tripletto collati, anche se solamente l’ultimo è un acromatico tout court; l’obiettivo fa uso di vetri Ohara modernissimi, alcuni dei quali non sono riuscito ad identificare completamente nel database standard, mentre i materiali di spicco del nocciolo ottico sono senz’altro i tre vetri UD a bassissima dispersione tipo Ohara S-FPL51 (rifrazione nD= 1,49700 dispersione vD= 81,5) ed i 4 vetri Dense Flint al lantanio tipo Ohara S-LAH58, materiale estremo molto costoso con altissima rifrazione (nD= 1,88300) e bassa dispersione relativa (vD= 40,8); come ho avuto modo di scrivere altre volte, è il vetro commerciale più simile per composizione e caratteristiche ottiche al famoso “vetro Noctilux” di formulazione Leitz ed impiegato nell’omonimo superluminoso; 4 lenti realizzate con l’identico vetro Ohara sono anche alla base dell’altrettanto celebre Canon EF 50mm f/1,0 L. A suo tempo, studiando brevetti Ohara, ho trovato la composizione chimica del vetro S-LAH58, davvero eloquente per farci capire le ragioni del costo molto elevato di questo materiale!

 

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Come si può notare, la silice di partenza è una quantità trascurabile (4,5%), cui si aggiunge un modesto 13,5% di fondente (ossido di Boro); il restante materiale è costituito da un  impressionante 73% di ossido di lantanio, gadolinio e tantalio e da un 9,5% di ossido di tungsteno e zirconio deputato al “controllo” delle caratteristiche fisiche del vetro in presenza di una quantità così impressionante di ossidi delle Terre Rare; considerando che anche le procedure di miscelazione, fusione e raffreddamento sono decisamente critiche, è facile comprendere la ragione dei costi esorbitanti di questi speciali vetri lanthanum Dense Flint.

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Questi schemi originali Canon mostrano lo schema ottico delle due versioni di 24mm TS-E L ed i relativi MTF ad f/3,5 ed f/8 a 10 e 30 cicli/mm di frequenza spaziale: è facile inferire che la nuova versione presenta una resa superiore alla massima apertura ed una qualità d’immagine molto più soddisfacente ai bordi del campo, fattore importante in un decentrabile la cui copertura effettiva “procede oltre” per altri 12,01mm…

 

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