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bepoc – L’autofocus

bepoc – L’autofocus

7.0 Precisione statica in condizioni ottimali.

Queste prove sono fatte in condizioni di buona luminosità ambiente e di soggetto con contrast. Le prove di funzionamento al limite, come luminosità e contrasto sono inserite nei capitoli 8.n.

7.1 Stabilità del sistema.

La variabilità intrinseca del sistema incide su tutte le misure.
Parlo di sistema in quanto, usando la macchina dell’Autofocus, abbiamo anche quella del sensore d’immagine, dove ±1 pixel, non è sempre trascurabile
È, quindi, la prima cosa da valutare e andrebbe misurata su tutti i soggetti e tutte le cond sia al limite, ma io l’ho fatto, finora, solo in condizioni di luce e contrasto buoni. Layout della prova.

Utilizzata la scala inclinata e il soggetto verticale.Per non modificare le condizioni di scatto, quando si cambia l’immagine, il supporto è fissato con due robusti morsetti e tutti i cambi d’inquadratura sono fatti spostando l’immagine e tenendo fissi sia la fotocamera sia il supporto.
Obiettivo . 50 mm f/1,4 Sigma
Immagine . 1; Punto 1; 0°
Distanza . 1,50 m
Illuminazione Soggetto 12 EV
Diaframma . 1/1,4
Misura . . Mediante Scala Inclinata

I quattro grafici di Figura 7.2 sono il risultato di sei scatti effettuati senza muovere nulla:
Due con l’obiettivo già a fuoco.
Due partendo dalla distanza minima (fondo corsa).
Due partendo da infinito (fondo corsa).

La scala verticale rappresenta il contrasto delle linee della scala inclinata in unità arbitrarie.
Conclusione: La stabilità dell’autofocus è ottima. Il picco massimo del contrasto cade sulla medesima distanza (- 4 cm) in tutti i sei grafici. La variabilità nell’intensità è quella normale che si ha facendo le misure con la fotocamera. Da qui in avanti, la stabilità dell’Autofocus la possiamo tranquillamente trascurare.
Nota 7.1.1) Esiste una piccola eccezione. Continuando a premere il pulsante di scatto a metà, quindi con il soggetto già a fuoco, la fotocamera (preciso la mia) alcune volte, muove il fuoco di un pelo.

Osservando la scala delle distanze sull’obiettivo e stimando a occhio la variazione, direi un po’ meno dello 0,5% della distanza, meno di 5 mm su 1 m. Per distanze grandi, data la scala, una stima simile è impossibile.

7.2 Influenza del Soggetto.

Domande: Il soggetto fotografato influenza la precisione dell’Autofocus? Se sì, di quanto?

È la classica domanda che ammette solo una risposta positiva.
Se si trova un soggetto che influenza la precisione dell’autofocus, la risposta è un SI sicuro ma, quando non si trova un soggetto che la influenza, il NO non è altrettanto sicuro perché provare tutti i soggetti, è fuori delle capacità umane e la possibilità che ne esista uno che la influenzi non si può escludere con assoluta
certezza.

Lasciando, però, ai filosofi i concetti universali, e limitandoci alle cose pratiche di tutti i giorni, queste quattro immagini dovrebbero essere sufficientemente rappresentative dei casi reali.
Naturalmente, dopo le prove del capitolo 6.4, ho escluso dai soggetti in prova, le figure geometriche con particolari fini, regolari e ripetitivi.

Note generali sul test:

– I quadratini rossi indicano l’area coperta dalla serigrafia dell’autofocus centrale (ho usato sempre, e solo, quello.)
– Non ho verificato che una linea del soggetto corrisponda a una singola riga (o colonna) del sensore senza il coinvolgimento di nessun pixel appartenente a una riga (o colonna) adiacente.
Questo non è un parametro che si possa definire trascurabile con certezza.
Non conoscendo gli algoritmi dell’AF non si può escludere che un singolo pixel su una riga, o colonna, adiacente sia decisivo.
– Ho eseguito le prove con il rapporto di riproduzione sempre fisso a 1:20 (50mm=100 cm; 100mm=2,0m; 400mm=8,0m).

Descrizione dei punti di test.

Punto 1. Un singolo bordo verticale ampio tutta l’area inquadrata dal sensore AF.
Punto 2. Presenza contemporanea di due bordi. Una prima prova con i bordi orizzontali e verticali, come in figura 7.2.1, e una seconda prova con i bordi inclinati a 45°. Priva, quindi, sia di linee orizzontali sia verticali.
Linee cui, secondo le White Papers, i sensori dell’AF sono sensibili.
Punto 3. Un singolo bordo orizzontale ampio tutta l’area inquadrata dal sensore AF.
Punto 4. Una singola linea, abbastanza ampia da non originare problemi di risoluzione, inquadrata sia orizzontalmente sia verticalmente.
Punto 5. Molte linee sottili, al pelo della risoluzione dell’obiettivo. Attenzione però. Il pacchetto delle linee è più stretto dell’area inquadrata dal sensore AF e questo può influenzare il comportamento. Inquadratura sia orizzontale sia verticale.
Punto 6. Come il 5 ma con metà linee/mm.
Punto 7. Immagine molto variegata, l’arte islamica era specialista nelle tassellature. Inquadratura solo orizzontale perché la varietà della tassellatura è indipendente dall’angolo.
Questo è il grafico del Test.

A seconda del soggetto, la mia vecchia 5Dmk 0 (Firmware nella prima versione) mette a fuoco su punti a distanze differenti. Ritenevo la cosa possibilissima, anzi, diciamo pure certa, ma le differenze si sono rivelate molto più grandi di quello che mi attendevo e separate in due gruppi. Con obiettivi molto luminosi si arriva ai limiti della profondità di campo (anni fa era prassi comune considerare OK un Autofocus quando rientrava nei limiti della profondità di campo). Scoprire che la geometria del soggetto influenza la precisione dell’AF di una tal entità, è stata, per me, una sorpresa e ancora non né sono del tutto persuaso.
Siccome non ci credevo, ho ripetuto la prova con tre modi, e due obiettivi diversi, controllando e ricontrollando tutto più volte, ma ho ottenuto, all’incirca, i medesimi risultati . Questo non esclude, naturalmente, che abbia commesso qualche errore.

Il Primo gruppo è costituito dai punti 1, 2, 3 (nella posizione in figura 1) e dai punti 4, 5, 6 in posizione verticale.
Il secondo gruppo è costituito dal punto 2 inclinato di 45°, dai punti 4, 5, 6 in posizione orizzontale e dal punto 7.

All’interno di ogni gruppo la differenza è piccola (circa 1 cm), tra i due gruppi è, invece consistente (circa 3÷4 cm) ai limiti della profondità di campo per un obiettivo molto luminoso (f/1,4).
Spostandosi attorno all’incrocio dei quadrati, piccoli spostamenti si notano anche osservando la scala della distanza sull’obiettivo. Sia con il 50 mm f/1,4 Sigma che con il 100 mm f/2,8 Macro Canon (con il 50 mm f/1,8 Canon, mancando la scala è impossibile sapere cosa succede).
Probabilmente è un comportamento d’epoca. In otto anni gli algoritmi dell’AF sono stati sicuramente migliorati e le nuove fotocamere si comporteranno senz’altro meglio.7.3 Influenza dell’Obiettivo.

Io in realtà non ho controllato l’effettiva influenza dell’obiettivo, cosa che sul Web è data per scontata, ma ho piuttosto ho esteso il Test sull’influenza del soggetto evidenziando il comportamento di diversi obiettivi su alcuni Target.

Un controllo serio dell’influenza dell’obiettivo, del resto, è impossibile a livello casalingo. Non sapendo cosa influisce, né se realmente lo fa, per un controllo serio è necessario avere a disposizione tutte le ottiche che si trovano nel magazzino di un grosso distributore internazionale ON-Line, e forse non bastano. Non è fattibile neppure il più modesto controllo di un’ottica che si dice vada male, perché, anche in questo caso, è necessario avere, sia l’obiettivo incriminato, sia un suo gemello accreditato di un buon funzionamento.
Per avere un’idea di cosa occorrerebbe controllare allego una piccola, e per nulla esaustiva, lista di parametri che potrebbero influenzare l’Autofocus. Ho fatto precedere ogni punto da un numero che, secondo le mie opinioni tutte da confermare, indica l’importanza per l’Autofocus a contrasto d’immagine.

(1) = Importante.
(2) = Poco Importante, forse indistinguibile dal nullo.
(3) = Incognito, sia in assoluto, sia perché dipende da troppi fattori.
(4) = Secondo me una leggenda.
(5) = Dipende dalla combinazione obiettivo/soggetto.
– (1) Luminosità Massima.
Determina la profondità di campo e, quindi, il contrasto disponibile per l’Autofocus.
– (2) Contrasto dell’Obiettivo.
Obiettivi con parametri identici possono avere contrasti diversi e questo può causare piccole differenze.
– (3) Focale.
– (1) Distanza di ripresa.
Cambia la profondità di campo e, con la messa a fuoco interna, anche la focale.
– (1, 3) Protocollo di comunicazione.
– (3) Diametro della pupilla d’uscita. Può essere importante per gli Autofocus a correlazione di fase.
– (2) Glare. Diminuiscono il contrasto.
– (3) Velocità. Se lento, l’azione può essere interrotta prima che il fuoco sia raggiunto.
– (2) Aberrazioni. Diminuiscono il contrasto.
– (3) Distorsione. Sul sensore AF possono finire punti diversi.
– (4) Costruttore.
– (5) Flare. Si sovrappongono all’immagine e possono dare errori anche gravi.
– (5) Immagine con particolari eccessivamente minuti.

Questo Test è, invece, maggiormente un corollario all’influenza del soggetto.
Come ho già detto, questo Test l’ho rifatto tre volte con procedure differenti e obiettivi diversi.
Descrivo qui cosa ho trovato di diverso tra i miei obiettivi.

50 mm f/1,8 Canon

L’immagine di prova e l’A1 (immagine 1, punti 1, 2, 3 di figura 7.2.1) perché è un’immagine dove si ha una variazione elevata. L’obiettivo è il 50 mm f/1,8 Canon, uguale come focale, e simile come luminosità, ma originale Canon. Usando due obiettivi, quasi identici per focale e luminosità, ma uno originale e l’altro no, si prova quella che è l’evidente differenza tra obiettivi originali e di terzi, il protocollo di comunicazione.
Protocollo che la Canon, come tutti, ritiene di sua proprietà personale.
La figura 7.3.1 sono i quattro plot dell’intensità estratti con Iris e in Figura 7.3.2 il contrasto estratto con Excel.

Il comportamento è uguale a quello del 50mm Sigma (Figura 7.2.2). Il grafico è più regolare solo perché sono stato maggiormente attento nella raccolta dei dati.
Con tutti e due i 50 mm luminosi, l’AF della mia vecchia 5D (con la taratura attuale) si comporta bene con soggetti, chiamiamoli naturali. Si comporta, invece, male con linee sottili verticali e bordi singoli orizzontali o verticali. Di questo sono, adesso, abbastanza confidente ma, per essere totalmente confidente che questo sia il comportamento reale, aspetto una prova fatta da altri.

100 mm f/2,8 (mk 0) Canon.

Prova con un obiettivo diverso, sia come focale sia, soprattutto, come luminosità f/2,8 invece di f/1,4 (2 stop in meno) cosa che influisce sul contrasto del sensore AF.
L’immagine è l’A6 (Immagine 3; Punto 5; di figura 7.2.1) che forniva, anche lei, un’evidente differenza tra la posizione verticale e orizzontale delle linee.
La distanza di ripresa l’ho spostata a 2 m per conservare il rapporto di riproduzione (e con lui si conserverebbe anche la profondità di campo se il diaframma fosse lo stesso, cosa che non è perché passa
da 1,4 a 2,8. Essendo un confronto tra due ottiche molto diverse come caratteristiche, e non una misura assoluta, ho scattato solo a 80 linee/mm (Punto 5) e saltato le 40 linee/mm (Punto 6). Grafico di Iris e andamento del contrasto.

Con le linee disposte in orizzontale il Front-Focus, originato probabilmente dalla taratura, è proporzionalmente il medesimo del 50 mm f/1,4. Passando alle linee verticali il fuoco si sposta in avanti, qualitativamente allo stesso modo, ma quantitativamente molto meno. 2 cm su 2 m, molto meno del 50 mm f/1,4 dove era 3,5 cm su un metro. Se questo dipende dalla diversa luminosità, come penso, o dalla diversa focale, per ora non sono in grado di dirlo. Vedremo più avanti.

400 mm f/5,6 Canon.

Stessa immagine ma un obiettivo di due stop ancora meno luminoso e con il quale i sensori orizzontali non funzionano (figura 5.0.4).

Il fuoco con le linee orizzontali è sempre lo stesso. Quello con le linee verticali, invece, ora si è spostato da un front focus a un back focus (molto piccolo).
Apparentemente il punto di AF arretra a mano a mano che la luminosità dell’obiettivo diminuisce.
Che, però, sia funzione della luminosità e non, invece, della focale, della distanza o di qualcosa d’altro, è una mia ipotesi ancora da confermare.

Precisione di tre obiettivi f/2,8 totalmente diversi.

Obiettivi in prova . . 16-35, mk II, @ 35 mm.
100 macro mk 0.
70-200, mk 0, @ 200 mm.
Luminosità . . . 11 EV.
Rapporto di riproduzione . 1:10.
Target . . . . Immagine A3.

Non ho provato il 16-35 @ 16 mm perché la prospettiva sotto cui è vista la scala inclinata è ingestibile e il 70-200 @ 70 mm perché la distanza minima di messa a fuoco è 1,4 m, quindi un rapporto massimo 1:20.
I grafici della scala inclinata. In rosso la posizione del Target (punto teorico di messa a fuoco).

Questo è l’andamento del contrasto estratto con Excel.

Nonostante siano tre obiettivi completamente diversi, il grafico ha il medesimo andamento. La mia opinione che la luminosità sia la principale (forse l’unica) differenza tra diversi obiettivi nei riguardi dell’Autofocus si rafforza.

7.4 Conclusioni sulla precisione.

La precisione dell’autofocus (della mia 5D mk0) dipende dal soggetto inquadrato molto più di quello che pensavo.
Questa dipendenza è abbastanza ampia da rendere difficile parlare di precisione senza un riferimento al soggetto fotografato e alla luminosità dell’obiettivo utilizzato.

La mia macchina è tarata in modo che con soggetti, che possiamo chiamare naturali perché contengono un’elevata varietà di forme, mette a fuoco con un front focus di circa un terzo della profondità di campo degli obiettivi molto luminosi (f/1,4). A parer mio, questa è una buona precisione ed è congruente con l’abituale taratura delle fotocamere (capitolo § 3.4), ma può essere insoddisfacente per altri. Non si può, invece, dire lo stesso di alcuni disegni geometrici.

Le linee ripetitive causano errori di lettura a causa dei battimenti con le linee di pixel del sensore. È estremamente probabile, diciamo pure certo, che causino problemi anche di messa a fuoco. Analoghi problemi si hanno con quadratini ripetitivi.
Anche soggetti geometrici grossolani causano piccole deviazioni dal punto corretto. In particolare la mia 5D mk0 presenta una certa debolezza, con le linee verticali.

Con obiettivi luminosi (f/1,4) e focali medie siamo al limite della profondità di campo. Con obiettivi meno luminosi, e di focale più lunga, la precisione migliora. Migliora in cm e, quindi, ancor di più se espressa in termini di profondità di campo.
Questo può causare inconvenienti pratici? Non lo so, ma potrebbe arrecare qualche nocumento alle foto di architettura fatte con il diaframma completamente aperto.

Qualcuno scatta foto di architettura a f/1,4?
Si! È possibilissimo. La fotografia permette la massima libertà d’espressione e il fuoco selettivo è una libertà d’espressione non indifferente, ma chi fa una cosa del genere:
– O è un completo parvenu, e in questo caso non otterrà niente di buono, indipendentemente
dall’Autofocus.
– O agisce per uno scopo preciso. In questo caso sa cosa vuole ottenere e non ha nessun problema perché ogni sua azione è diretta verso un determinato, conscio, risultato finale.
– O gli piace semplicemente lamentarsi e questa è una buona occasione per farlo. 

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