1.0 Premessa.
Il Test riportato qui, può, a buona ragione, essere considerato assolutamente inutile perché riguarda l’autofocus della mia 5D mk0, una fotocamera di otto anni fa! Ora è in vendita la mk III.
Viene naturale chiedersi perché illustro il test di un prodotto obsoleto.
Beh! Io ero partito per provare l’Autofocus del 50 mm F/1,4 Sigma e verificare la veridicità delle voci presenti sul Web che attribuiscono alle ottiche Sigma ogni sorta di turpitudini.
Il mio obiettivo funziona bene ma, avendo letto per anni, post su post, degli inconvenienti che il Web attribuisce alle ottiche Sigma nei confronti dell’autofocus, mi è venuta voglia di verificare queste dicerie.
Il Web ha, infatti, una caratteristica importante:
Non ha controlli e ognuno può scrivere ciò che vuole.
Questa caratteristica, come tutte le cose umane, ha aspetti sia positivi sia negativi.
Permette ai dissidenti che abitano in regimi oppressivi di far sentire la loro voce ma, se la intendiamo come fonte d’informazione, non abbiamo la minima sicurezza che quello che leggiamo corrisponda a verità.
Non infrequentemente i post sono originati da: errori personali (nel caso migliore), mitomania, narcisismo, incompetenza, imitazione, sete di vendetta, …, fino ad arrivare a una guerra commerciale tra le case come quella, ad esempio, che tempo fa, all’epoca della 400D, fu condotta contro la Canon per contrastare il successo commerciale che stava ottenendo.
Chi non crede che queste cose succedano vada a guardarsi i post dell’epoca. Gli stessi nickname conducevano una campagna, avente come tema un’inesistente sottoesposizione, su ben 23 (ventitré) forum italiani di fotografia e, su ognuno di essi, avevano scatenato la corsa a chi aveva la 400D che sottoesponeva di più.
L’analisi sociologica di questi fenomeni di massa sarebbe indubbiamente interessante, ma anche tralasciandola, non possiamo negare che noi, e includo tutti noi, ogni tanto prendiamo uno di questi post, dal suono accattivante, come uno slogan che ci identifica “un fotoamatore esperto” e, essendo fieri di esserlo, lo propaghiamo ampiamente senza un minimo esame critico.
Un esempio di slogan che qualche anno fa ebbe un vasto successo:
“Il miglior zoom del mondo? Le mie gambe!”
A parte difficoltà pratiche o contingenti, cambiando la distanza dal soggetto mediante le proprie gambe, si può modificare l’inquadratura come cambiando la focale. Questo è lapalissiano, ma è altrettanto evidente che, oltre all’inquadratura, cambia anche la prospettiva, cosa che non avviene rimanendo immobili e cambiando la focale. Tuttavia, nonostante l’errore concettuale fosse palese, per due o tre anni divenne uno degli slogan preferiti da chi ci teneva ad apparire un fotoamatore evoluto.
Raggiunto un certo livello di diffusione, infatti, questi slogan, chiamiamoli così, sono considerati veri, tout court, perché si pensa:
“Lo dicono tutti, quindi è senz’altro vero”.
Io, però, sono un miscredente, ed essendo cosciente di esserlo, ho verificato, con le mie limitazioni, quanto nel contenuto degli slogan riferiti all’Autofocus, e considerati veri, fosse realmente tale.
Finite le prove:
1°. Il Test lo avevo già fatto.
2°. Nelle lamentele, si leggono spesso, troppo spesso, delle cose dovute alla scarsa accuratezza delle prove, piuttosto che a reali problemi dell’Autofocus.
3°. Ieri l’Autofocus era una comodità di cui si poteva fare a meno. Oggi non più perché obiettivi e fotocamere sono ormai progettati in funzione dell’Autofocus (note 1.0.1 e 1.0.2) e questo test potrebbe servire per verificare i miglioramenti avvenuti in questi otto anni.
4°. Trovavo giusto diffondere l’Eresia, ossia installare il dubbio negli uomini di fede (coloro che credono fermamente a ciò che dice il Web), illustrando le difficoltà che s’incontrano in qualsiasi Test, anche il più banale, e convincerli che un sano scetticismo su ciò che leggono, è cosa buona e giusta.
Ho, perciò, pensato d’inviarlo lo stesso e, avendo dato molta importanza al punto 2°, ho:
– Scritto più cose su come fare e cosa non fare nei Test che sulle prove vere e proprie.
– Usato spesso un tono volutamente polemico in modo da stimolare le persone a verificare bene cosa fanno quando provano i componenti del loro sistema fotografico. Le riflessioni pacate, infatti, tendono ad assopire la gente mentre l’accusa di non far bene qualcosa la rende combattiva e decisa a ribattere (e per ribattere efficacemente occorre ricontrollare ciò che si è fatto).
La mia verifica, naturalmente, ha le consuete limitazioni dei test casalinghi (capitolo 1.3).
Nota 1.0.1).
Per avere Autofocus veloci, gli obiettivi di recente progettazione non muovono più il barilotto, ma sono tutti con la messa a fuoco interna. Con questi sistemi (esistono diverse soluzioni) l’escursione è breve, le masse mobili sono ridotte e gli Autofocus sono veloci.
La breve escursione, però, rende difficile una messa a fuoco manuale di precisione. Per rendersene conto non occorre nemmeno provarci, basta guardare la scala delle distanze.
Qualcuno riesce a mettere a fuoco su 6 m, piuttosto che su 5 m, nei 2 mm scarsi che separano i 3 m da infinito?
Difficile vero?
Nota 1.0.2)
In base al principio “tanto ci pensa l’Autofocus”, dal mirino delle fotocamere, sono stati tolti tutti gli aiuti alla messa fuoco ed è rimasto solo il vetro smerigliato (note 1.0.3 e 1.0.4). A meno di una vista eccezionale, usando soltanto il vetro smerigliato, la precisione manuale, checché né dicano i detrattori dell’AF, è inferiore a quella di un buon Autofocus.
Chi possiede una macchina con il Live View, e non si trova in pieno sole, può ingrandire l’immagine di 5 o 10 volte ma l’ingrandimento digitale è diverso da quello fornito da un Loupe ed io, non avendo una fotocamera con il Live View, non posso fare confronti.
Nota 1.0.3)
Nelle macchine più costose lo schermo è intercambiabile. Per queste macchine, schermi con immagine spezzata e microprismi sono in commercio ma è necessario verificare cosa succede all’esposizione. Sono, infatti, poche le fotocamere in cui la lettura della luce è eseguita da un modulo separato, illuminato dallo specchio secondario assieme a quello dell’Autofocus. La maggioranza esegue la misura nel pentaprisma e lo schermo (oltre alla luce che entra dal mirino) influenza la lettura.
Nota 1.0.4)
Per migliorare la luminosità del mirino, parametro sempre critico, specialmente su APS-C dove l’ingrandimento è maggiore, alcuni schermi di messa a fuoco sono formati da microlenti o da una lente di Fresnel. Uno schermo così è più luminoso di un vetro smerigliato perché concentra tutta la luce nell’oculare, ma rende al massimo quando è accoppiato a un determinato obiettivo. Sulle Reflex l’obiettivo è intercambiabile. Questi schermi sono, quindi, progettati per un obiettivo di caratteristiche intermedie e mettere a fuoco correttamente un obiettivo molto luminoso, da usare a TA, può essere arduo.
1.1 Provare l’Autofocus è utile?
Cominciamo con il dare per scontato che usare le fotocamere per fotografare, da più soddisfazioni che farci delle prove e questa è la norma per tutti, o quasi, i fotoamatori.
Sbrigata la norma, veniamo alle prove. Qui l’opinione è interamente soggettiva e va da chi le considera totalmente inutili e materia per sfaccendati, a chi le considera interessanti perché chiariscono alcune cose sconosciute, a chi le utilizza per sintonizzare in modo più fine il proprio modo di fotografare, a …, e l’opinione varia non solo con la persona ma, per il medesimo individuo, con il tipo di prova e con il modo in cui è eseguita.
Siccome abbiamo la fortuna di vivere in un paese democratico ogni opinione ha, come i voti, il medesimo valore di tutte le altre, ma è cosa comune considerare la propria opinione con un occhio di riguardo ed io non faccio eccezione per cui nel seguito quella che è la mia opinione, anche se me non sembra, la tratto sicuramente meglio delle altre.
Nel caso dell’Autofocus, i motivi per un Test, potrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere un paio.
Il primo è un motivo pratico.
Nelle fotocamere un po’ datate, ossia non fornite di microregolazione dell’obiettivo, la precisione dell’Autofocus dipende, anche, da una taratura meccanica molto delicata. Verificarla ogni tanto può evitarci degli errori. Quanto a metterci mano personalmente, invece, sconsiglio vivamente di farlo a meno di non essere bravi in queste cose.
Il secondo motivo, valido per me e non so per quanti altri, è la curiosità.
Dell’Autofocus si parla solo per denunciare che il proprio lavora male, ma ogni cosa ha i suoi limiti.
Verificare questi limiti, non specificati dai costruttori, io lo trovo principalmente interessante, ma anche utile poiché aiuta a scegliere la soluzione migliore in più di un’occasione.
1.2 Corrente di pensiero poco corretta.
Quando si parla di Test, ogni tanto si legge quest’affermazione fatta con fierezza:
“Io le prove le faccio nel modo in cui uso l’attrezzatura. Per me è quello che conta.”
Questo pensiero che, tra le altre cose, rivela un buon livello di autostima, ha un eccellente impatto mediatico ed è molto diffuso. A prima vista, sembra anche il sistema migliore. Con delle prove centrate sul nostro modo di fotografare, possiamo ottenere il massimo profitto per migliorarlo. Una cosa sicuramente da apprezzare.
Purtroppo sembra il sistema migliore ma non sempre lo è. Per esserlo, infatti, occorre soddisfare alcune condizioni che sono assolutamente necessarie, pur non essendo sempre sufficienti.
Vediamone un paio.
1°. Affinché la prova sia valida, non solo per noi (altrimenti pubblicarla è inutile) ma anche per coloro che leggono la descrizione, assieme al Test dobbiamo illustrare pure: “Il nostro modo di usare l’attrezzatura”.
Se non lo facciamo, e non lo ho mai visto fatto, chi legge non può sapere se la prova è valida anche per il suo modo di usare l’attrezzatura e non solo per il nostro.
2°. L’attrezzatura deve essere usata nel modo corretto.
Con “corretto”, termine vago, intendo adatto per il risultato che l’Autore della fotografia vuole, o vorrebbe, ottenere. Quando io ho visto espressa questa massima, invece, la prova, in genere, era una fotografia fatta usando l’attrezzatura in modo poco adatto allo scopo. Per altri scopi poteva essere validissimo ma, appunto, per altri scopi.
Inevitabilmente, l’Autore era insoddisfatto e dava tout court la colpa di non aver realizzato ciò che voleva, all’attrezzatura senza fare nessuna autocritica al proprio operato.
Sempre in materia del “nostro modo di fotografare” è bene abbassare il livello di merito che troppo spesso è assegnato a qualche fotografia esclusivamente perché “è fuori dagli schemi comuni”. I geni, persone rare, fanno spesso dei capolavori in contrasto con il pensiero comune. Questo agire al di fuori degli schemi tradizionali fa sì che i geni siano sovente incompresi. Sono, infatti, troppo avanti rispetto ai loro contemporanei. Ritenerci, però, dei geni solo perché: a) scattiamo foto senza seguire i protocolli canonici e b) riteniamo di essere incompresi, significa confondere le cause con gli effetti.
Noi, se non siamo già pienamente soddisfatti di noi stessi e vogliamo migliorare, quando pubblichiamo qualcosa che non incontra l’approvazione generale, specialmente se abbiamo allegato: “Commenti e critiche ben accetti” (testo con la stessa diffusione dell’equazione E=mc2 nei libri di divulgazione), prima di prendere cappello al primo commento non positivo, dovremmo indagare sul nostro lavoro. Potremmo scoprire che siamo nel giusto e tutti gli altri sbagliano, ma potremmo anche scoprire che siamo noi a sbagliare. L’eccesso di autostima è sovente nocivo al miglioramento, poiché soffoca lo spirito di autocritica indispensabile a riconoscere i propri errori e a evitarli nel futuro.
1.3 Limiti dei test casalinghi.
Nei Test casalinghi, la voce “limiti” non deve mai essere trascurata, per molti buoni motivi.
Questo vale sia quando i Test li facciamo noi sia quando leggiamo le descrizioni di Test fatti da altri.
Il primo limite, è dato dal fatto che noi proviamo un unico esemplare, o il nostro, o quello di un amico.
Questo limite è di carattere veramente universale, perché è indipendente dal Test.
L’estensione agli altri esemplari è un puro atto di fede. Non è mai un ragionamento razionale.
In pratica è come discutere dell’altezza degli uomini dopo averne misurato uno solo.
Un’analisi seria richiede, invece, di provare numerosi esemplari e di farlo con una metodologia che:
– Sia comune, o almeno equivalente.
– Fornisca risultati ripetibili.
Questo, con un po’ di collaborazione, non è impossibile!
Un singolo fotoamatore non può provare numerosi esemplari, ma se numerosi fotoamatori provano ognuno il proprio esemplare, con la medesima procedura, si può fare una statistica affidabile. I fotoamatori però sono una categoria con un sano spirito d’indipendenza, ed io ho forti dubbi che qualcuno farà dei Test sulle sue ottiche e/o fotocamere con procedure dettate da altri.
In genere, poi, c’è una forte tendenza ad affidarsi al parere di un estraneo, definito un esperto (di solito siti Web ritenuti affidabili, a volte a ragione, altre no) per tutte le decisioni che riguardano la nostra vita, dalla scelta della carta igienica a quella del coniuge. In rete sono, infatti, presenti più consulenti matrimonialisti che fotografi matrimonialisti e quest’uniformità di pensiero si nota ovunque. Non è raro che la scelta del coniuge sia affidata a siti specializzati in quest’argomento e, similmente alla macchina fotografica, dopo qualche anno si cambia il coniuge con il modello nuovo ritenuto, a torto o a ragione, più performante. Per ora non siamo al noleggio ma, forse, è solo questione di tempo.
Il secondo limite è dato dal numero delle condizioni di contorno provate.
Diversi Test dipendono da molti parametri e provare l’influenza di ognuno di essi richiede un numero di prove che diventa rapidamente enorme.
Di solito non abbiamo né il tempo, né la possibilità, né soprattutto la voglia di provarle tutte, per cui le nostre prove riguardano quasi sempre un numero limitato di variabili.
Il terzo limite (in realtà un gruppo di limiti) è un limite tecnico/strumentale.
In casa non è mai, o quasi mai, possibile eseguire i Test con la precisione dell’industria, perché non possediamo né le attrezzature, né le competenze necessarie e questo vale anche per alcuni siti che pubblicano Test sul Web.
Questa è una cosa importantissima che dobbiamo sempre tenere presente, e non solo quando facciamo un Test ma anche quando leggiamo i risultati di un Test fatto da altri.
Il quarto limite riguarda la comunicazione.
Gli addetti ai lavori hanno codificato dei termini cui hanno attribuito dei significati precisi e univoci, Tra loro, perciò, si comprendono senza equivoci pur usando un linguaggio succinto. Noi, invece, usiamo il linguaggio comune. Linguaggio che, come diceva George Orwell in 1984, si è sviluppato non solo per comunicare, ma anche per ingannare e i suoi termini, derivati dalla vita quotidiana, a volte non sono né univoci né precisi. È, quindi, possibile non essere pienamente compresi e/o, ancor
peggio, fraintesi.
Per una comunicazione chiara e completa è, perciò, necessario descrivere accuratamente ogni cosa che abbiamo fatto, anche quello che a noi sembra del tutto irrilevante e/o logico, perché può esserlo per noi ma non per gli altri. Una descrizione dettagliata rende il testo lungo e prolisso ma è necessaria, se vogliamo essere sicuri che gli altri possano capire e valutare adeguatamente quello che abbiamo fatto.
Nota: Adeguatamente va inteso in senso sia positivo sia negativo. Entrambi i sensi sono necessari.
A proposito di comunicazione.
Quando commettiamo qualche errore difficile da identificare, comunichiamolo. Potrebbe essere utile a qualcuno.
Per la stessa ragione, non tarocchiamo mai i dati. Anche quando un singolo dato è talmente improprio che siamo convinti sia un nostro errore nascosto, comunichiamo lo stesso perché, in seguito, potrebbe rivelare qualche comportamento non atteso.
Non facciamo troppo gli orgogliosi facendo finta che noi non commettiamo mai errori. Tanto non ci crede nessuno.
1.4 Limiti alle aspettative.
Il nostro livello di soddisfazione, o d’insoddisfazione, una volta acquistato un oggetto, non dipende solo dalla qualità dell’oggetto acquistato ma anche, e in maniera importante, da cosa ci attendevamo dall’acquisto.
Se le nostre attese erano eccessive e/o semplicemente non congruenti con l’oggetto acquistato, saremo sicuramente insoddisfatti, anche se la qualità dell’oggetto è eccellente. Un’aspettativa superiore a quello che l’automatismo può ragionevolmente offrire, è l’impressione che ricavo da un’analisi superficiale di molte lamentele sull’Autofocus. Un esempio di aspettativa eccessiva.
Tempo fa, su Canoniani.it era apparsa una vibrata, molto vibrata, protesta da parte di un membro che lamentava un Front-Focus di 1,5 cm su 2 m e in un ritratto gli metteva a fuoco il naso invece dell’occhio. Affermava “Io posso sbagliare ma gli sbagli devono essere miei e non dell’attrezzatura …” o qualcosa di simile. Beh! Un Front-Focus di questa entità è inferiore alla normale taratura fatta dalle case e dai centri di assistenza per bilanciare gli errori (capitolo § 2.4) ed è pure difficile da misurare.
Scoprirlo dopo che si è acquistato l’oggetto, come in questo caso, può essere frustante, ma incolpare l’oggetto è sbagliato perché lui è nella norma. La colpa è nostra! Prima di acquistarlo dovevamo informarci meglio e verificare se le sue specifiche erano adeguate alle nostre esigenze. Lamentarsi dopo non serve a nulla (i lamenti non risolvono i problemi) è l’atteggiamento di non considerarci parte determinante del cattivo affare non ci renderà neppure più cauti negli acquisti futuri.
Un paio di frequenti aspettative che sono eccessive.
Confronto tra l’Autofocus e il nostro sistema visivo.
È spontaneo assegnare all’Autofocus quello che fa in nostro occhio, incoraggiati in questo dalla pubblicità delle case fotografiche che afferma:
“Voi scattate. A tutto il resto pensiamo Noi” .
Non facciamoci ingannare. L’Autofocus, checché se ne dica, è ancora lontano dalle prestazioni del sistema visivo (umano e non) e ci resterà per molto tempo. In effetti, la pubblicità vanta spesso prestazioni che potrebbero finire sotto il termine giuridico di:
“abuso della credulità popolare”. Reato che, tempo fa, fu accollato a Vanna Marchi.
Confronto tra Reflex e Compatte.
Pensare: ”Una Reflex costa dieci volte una compatta, quindi, fa foto dieci volte migliori” è una delle aspettative che riservano le delusioni più cocenti. Delusioni che diventano brucianti quando, prima o poi capita, un nostro amico che, con una compatta o un telefonino, realizza una foto migliore della nostra scattata con una Reflex.
È una cosa che non deve sorprendere. I costruttori hanno dedicato molto tempo a sviluppare gli automatismi per le fotocamere di larga diffusione e sono riusciti ad ottenere foto migliori di quelle realizzate da un fotografo non molto esperto e a volte anche di quelle scattate da uno esperto. Per le Reflex, invece, hanno dato per scontata una maggior abilità e autonomia del fotografo. Hanno, perciò, concentrato gli sforzi sui parametri puramente tecnici lasciando in secondo piano gli automatismi. E soppesiamo bene anche le stupende foto che vediamo sulle riviste, tipo National Geographic. Sono fatte con una Reflex, questo è vero, ma sbagliamo se pensiamo che il merito sia della Reflex. È anche suo, ma solo in minima parte, la quasi totalità del merito è del fotografo.
I costruttori, però, stanno attenti alle richieste del mercato, e il mercato è in evoluzione. Quindi cambieranno anche le reflex, prestando una maggior attenzione agli automatismi. Cambieranno lentamente perché il grosso del mercato è in mano a fotografi tradizionalisti, ma cambieranno. Come il solito, in meglio per alcuni, in peggio per altri. Per rallegrare lo spirito tra un automatismo e l’altro.
Intelligenza Artificiale e risoluzione di TUTTI i nostri problemi.
Per ora siamo a cinquant’anni di trepida attesa e di promesse non mantenute ma, così dicono, nel 2045 l’I.A. sarà cosa fatta. In base a cosa è stata fissata questa data? Esattamente non lo so ma, probabilmente, secondo calcoli simili a quelli che hanno stabilito la creazione dell’universo Domenica 6 Ottobre 3761 a.C. alle 23, 11 minuti e 20 secondi, istante d’inizio del calendario ebraico.
Questa Intelligenza Artificiale, però, oltre a risolvere TUTTI i nostri problemi, né creerà, come spesso succede, almeno un paio di nuovi. Uno etico e uno pratico. Iniziamo con quello etico.
– Quando non saremo soddisfatti di una foto realizzata dal cervello (artificiale) della Fotocamera, dovremmo tenerglielo nascosto. Se venisse a saperlo né soffrirebbe. Non parliamo poi di spegnerlo… (equivale a ucciderlo).
Poi quello pratico.
– La nostra fotocamera, essendo intelligente, non farà le foto che piacciono a noi esseri imperfetti, ma quelle che piacciono a una mente geniale (quella della fotocamera naturalmente). Mente troppo superiore alla nostra per riuscire a comprenderla.
1.5 Conclusioni finali.
Le conclusioni messe all’inizio invece che alla fine possono sembrare atipiche, ma non è vero.
Le conclusioni sono il riassunto di un testo lungo prolisso e noiosissimo. Mettendole all’inizio, chi non è veramente interessato può avere un sommario senza sobbarcarsi una gravosa e noiosa lettura.
Dunque!
Precisione.
L’Autofocus, in condizioni statiche (quelle dinamiche non le ho provate) e su soggetti naturali è preciso ma con una puntualizzazione. Di solito è tarato con un po’ di Front Focus per compensare l’asimmetria della profondità di campo. Questo migliora le consuete condizioni d’uso, ma con distanze brevi e diaframmi aperti può dare qualche problema. Se questo è il nostro consueto modo di fotografare, la soluzione è tararselo o farlo calibrare da un centro assistenza, ma spiegando bene le nostre esigenze, altrimenti lo tarano nuovamente con il Front Focus come da specifica.
Ha, però, ancora qualche problema sui soggetti geometrici, quelli usati di solito per i Test. Quando facciamo un Test usando un soggetto così, teniamo presente che il risultato può essere sbagliato e controlliamo con un altro soggetto.
Efficienza.
L’Autofocus, rapportato alle mie aspettative, ha raggiunto un buon livello di efficienza per tutte le situazioni ordinarie. Il sistema, però, è complesso e, come tutti i sistemi complessi, in situazioni rare va in tilt o commette qualche errore.
Gli errori, in situazioni rare, non giustificano l’opinione generalizzata che le combinazioni fotocamera↔obiettivo comportino inesattezze casuali e non diagnosticabili. La stragrande maggioranza di questi errori ha cause precise. In genere sono attribuibili al fotografo e diagnosticarli è difficile, ma quando sono attribuibili al sistema, la diagnosi è possibile, se non viene fatta, è perché manca la voglia di impegnarsi, specialmente in cose che al momento sono impopolari.
Questo commento è riferito alle riviste e i siti che pubblicano Test sul Web.
Effetti collaterali.
Come i bombardamenti sull’ex Jugoslavia, anche l’Autofocus, ha i suoi effetti collaterali.
Uno di questi, che trovo particolarmente sgradevole, è la difficoltà del fuoco manuale. Per migliorare la velocità dell’Autofocus è stato reso difficile il fuoco manuale di precisione. Io sono per la libertà completa, naturalmente quando non interferisce con la libertà altrui, e vorrei usare la fotocamera come voglio io. Doverla, invece, usare come vogliono le case produttrici, non è di mio gradimento.
Una nota.
Se decidete di leggere il testo che segue, leggetelo con spirito critico.
Se lo trovate tutto giusto, vuol dire che non lo avete letto attentamente perché qualcosa di quanto ho scritto, è sicuramente sbagliato.
P.S. L’ho già detto, ma lo ripeto nelle conclusioni: sarebbe interessante ripetere queste prove su una fotocamera recente, ad esempio una 5D mk III, per vedere i progressi realizzati nel frattempo.