6.0 Identificare dove cade il fuoco.
È una forma mentis comune associare la fotografia con bidimensionale perché ciò che guardiamo è una superficie. Questo, però, è solo il risultato finale. Esaminando i passaggi intermedi, l’obiettivo ha in ingresso un’immagine tridimensionale e restituisce in uscita un’immagine tridimensionale. È il sensore che, non essendo tridimensionale ma un piano, restituisce solo un determinato piano dell’immagine d’ingresso con la miglior risoluzione.
Ora, anche se è lapalissiano, non è male far presente che per valutare con una sufficiente accuratezza la precisione dell’autofocus, occorre, esaminando la fotografia, poter risalire con la stessa accuratezza, alla posizione del piano di messa a fuoco sul soggetto che ha dato origine all’immagine.
Io, osservando una fotografia a occhio nudo, vedo la sfocatura che varia, ma non sempre riesco a identificare l’esatto piano di messa a fuoco, con sufficiente accuratezza. Contrariamente a molte opinioni discordanti, però, trovo un buon aiuto nell’analisi numerica del file fornito dal sensore.
Sia chiaro che parlo di un aiuto e non di una risoluzione miracolosa del problema. Un detto popolare, infatti, dice che i miracoli li fanno i santi e le belle donne. Sulle seconde sono d’accordo anch’io, ma ho più di una perplessità sui primi. Tuttavia viviamo in un paese democratico e chi preferisce rivolgersi a Lourdes, San Giovanni Rotondo, …, o siti analoghi è pienamente libero di farlo.
Per quanto riguarda le opinioni discordanti sull’aiuto che può fornire l’analisi matematica, le ritengo fondate. Non le condivido, ma approvo che siano espresse. Tutte le analisi numeriche sono valide se, e solo se, sono soddisfatte alcune condizioni e nei miei dati queste condizioni non sono sempre soddisfatte.
Nonostante ciò, esaminando i dati in uscita, subito e con attenzione, quelli realmente anomali riesco a scartarli. Quelli che restano, pur non essendo precisissimi, sono più precisi del mio occhio.
Nota importante.
In commercio si trovano programmi (utilizzati anche dai siti sul Web che testano ottiche e fotocamere) i quali leggono direttamente il sensore e forniscono dati con molti decimali per tutti, o quasi tutti, i parametri dell’apparecchiatura in prova. Attenzione! Un programma non è un roveto ardente (come quello che colloquiava con Mosè) e una domanda è d’obbligo:
“Quanto sono reali questi numeri così precisi ”?
Beh! Nell’analisi numerica a calcolatore è molto diffuso e popolare un detto: “Garbage In, Garbage Out”.
La fotocamera, come già detto nel capitolo 2.2, è progettata per scattare fotografie e non per servire da strumento di misura. Dobbiamo, quindi, accettare una certa dose di variabilità nelle misure.
Variabilità che una valida statistica può, con un lavoro pesante, ridurre ma non eliminare.
Se non fosse così, le industrie e i laboratori non spenderebbero soldi nell’acquisto di strumenti ottici, ma farebbero come i siti di prova sul Web. Proverebbero tutto mediante una fotocamera.
Costi.
Seguendo i consigli del capitolo 4.5, ossia scaricando Iris, non si spende nulla.
6.1 Uso di Iris per leggere i dati del sensore.
In questo caso avere il Diagramma della Line Spread Function o del contrasto di una scala a righe, è semplicissimo bastano due comandi.
Comandi da Keyboard, non menù a finestra, che si scrivono in questa finestrella, attivata da questo bottone della Command Bar:
Descrizione dei due comandi.
L_ADD [Riga Inizio] [Riga Fine]
Questo comando somma tutte le righe specificate da [Riga inizio] a [Riga Fine] incluse.
La riga così ottenuta sostituisce l’immagine in memoria, che per essere riutilizzata va ricaricata.
Naturalmente ci sono dei particolari da tenere presenti:
– La riga può essere una sola. In questo caso i due valori saranno identici come nell’esempio mostrato in figura 6.1.1.
– Per conoscere il valore della riga da inserire basta puntarci sopra il Mouse. Le coordinate si leggono nell’angolo in basso a destra. In questo caso la riga è la [ Y:183 ]. Sistema = Windows 7.
Se non la vedete, significa che avete la finestra troppo grande. In questo caso:
* Spostate verso l’alto più che potete la finestra, di solito si risistema automaticamente con la Status Bar visibile.
* Se non funziona, aprite la finestra di output dando un comando qualsiasi. Facendo click con il pulsante sinistro del mouse le coordinate sono scritte nella finestra di Output.
– Il comando funziona solo sulle righe. Per il Diagramma di una colonna occorre ruotare l’immagine di 90°. La rotazione, fatta con IrfanView, non crea artefatti, rimappa solo gli indici.
– Sommando più righe si riduce il rumore e, se le linee (o i bordi) del Target sono quasi, ma non perfettamente, parallele al sensore (capitolo 6.5), si riduce anche l’incertezza di un pixel nel campionamento. Quando le righe sommate sono troppe, però, si riduce eccessivamente la pendenza della curva rendendo più difficile identificare il punto con il miglior fuoco. Scegliere il miglior compromesso è facile poiché il risultato si vede sullo schermo e si può procedere con dei tentativi.
– Sullo schermo una sola riga sarebbe invisibile, perciò il software scrive in memoria 20 copie della stessa riga. Si vedono nella parte alta dello schermo.
– La visualizzazione di Iris lavora in integer a 16 bit e il fondo scala è 32767 (la luminosità è solo positiva) ma quando l’immagine deriva da un file grafico, il fondo scala può essere 100000.
L_PLOT [Height]
Svolge due funzioni:
1. Scrive i dati della riga ottenuta con il comando L_ADD [Y1] [Y2] in un file ASCII “PLOT.LST” che può essere salvato. Fino a quando non si riscrive, il file rimane sempre disponibile e reiterando il comando si possono creare molti grafici di molti punti della riga, presenti tutti contemporaneamente sullo schermo.
2. Disegna il grafico dei dati.
Il disegno è flessibile. Permette di cambiare tutti gli aspetti del grafico semplicemente spostando i lati con il Mouse e/o modificando gli assi con il bottone [ Options ].
Non ho la più pallida idea di cosa significhi il parametro [Height]. Forse era un vecchio parametro non più usato, infatti, qualsiasi Valore si scriva: da non scrivere nulla, a scrivere 1, 100, 1000, 1000000, non cambia assolutamente nulla nelle uscite.
Esempio di Plot.
Il bottone [ Options ] permette di inserire la griglia delle coordinate e selezionare i valori d’inizio e fine degli assi.
Il bottone [ File ] permette di salvare il File o di caricare un File salvato in precedenza.
Per un file di testo nella finestrella [ Salva ] o [ Salva come ] scegliere il nome. Di default l’estensione è (.dat) ma possiamo sceglierne una di nostro gradimento. In ogni caso, qualsiasi sia l’estensione, il programma produce un file di testo fatto così:
0 63151
1 62785
2 64433
3 62967
4 63517
5 63517
6 63883
7 63883
8 64249
9 64065
10 62967
. …
La prima cifra è l’indice progressivo del pixel, la seconda, separata da uno spazio e non incolonnata, il valore numerico dei fotoni accumulati.
I dati che interessano (i fotoni accumulati) si possono estrarre con qualsiasi editor di testo ma un editor concepito per i compilatori strutturati, che lavora anche a colonne, come Ultraedit di Ian D. Mead scaricabile al link http://www.ultraedit.com per soli 30 dollari, è molto comodo e veloce poiché permette di prelevare tutta una colonna di dati con un comando solo. Un editor che lavora solo a linee, tipo Notepad, invece, richiede un comando per ogni dato che si desidera prendere o cancellare.
6.2 Esempio di un grafico LSF.
In questo capitolo, e nei due successivi, inserisco tre esempi su cosa si può ottenere numericamente, così si evita di aspettarsi cose irrealistiche. Una diceria, a diffusione internazionale, afferma che un esempio vale più di mille parole. Molto probabilmente la diceria non è del tutto vera ma, a volte, un esempio evita di perdere inutilmente del tempo aspettandosi cose non realistiche.
Immagine A1; Bordo verticale; 13 fotografie scattate spostando la fotocamera con la slitta micrometrica da -60 mm (000) a +60 mm (120) con intervalli di 10 mm; distanza 1,57 m (DOF = -38,94; +40,98 mm).
La didascalia indica la posizione della slitta. Ho fatto l’autofocus a metà corsa (60 mm) e poi ho spostato la macchina. Con questo metodo, rispetto alla scala inclinata, c’è maggior libertà nel scegliere la distanza. Come per la scala inclinata, però, tra uno scatto e l’altro, variando la distanza, si modificano anche le dimensioni del soggetto.
Sopra il crop del bordo al 100% (circa, dipende dalla versione di Word) e sotto i grafici di Iris.
L’aberrazione cromatica in extra focale si nota (nota 6.2.1), ma dai crop è difficile definire qual’è l’immagine più nitida, mentre dai plot si vede meglio. La centratura è circa nella posizione 040. Excel può fornire un altro aiuto sovrapponendo i grafici.
Nota 6.2.1).
Questa è l’aberrazione cromatica in Intra Focale ed Extra Focale.
Un Test valido non solo per i telescopi ma anche per gli obiettivi fotografici.
Istruzioni per creare i due grafici di Figura 6.2.2.
Dal file di testo salvato con il comando [ L_PLOT ] si estraggono i dati a cavallo della transizione Nero -> Bianco.
Qui sotto, c’è il file dati dell’immagine 120, la più sfocata.
Il dato è stabile (nero) fino all’indice 43, poi inizia a salire e ritorna stabile (bianco) all’indice 58. Questi sono gli unici dati che ci servono perché il resto è un livello uniforme. Inserire questi dati in una tabella Excel uno per volta è lungo e scomodo. Con un editor a linee, tipo Notepad, si cancellano tutti gli indici in modo che rimangano i soli valori di luminosità e il file rimasto può essere inserito in Excel che accetta, come dati, solo numeri singoli separati da un return. Un po’ più veloce ma non molto. Con un editor che lavora a colonne, invece, si preleva con un unico comando la colonna dati e s’inserisce in Excel.
Nel foglio Excel creiamo una seconda colonna di dati il cui contenuto è la differenza tra due dati adiacenti (=A2-A1). Otteniamo quella che nella figura 6.2.2 destra è chiamata pomposamente Derivata.
Questo lavoro va fatto per ogni distanza di scatto.
Adesso con la creazione grafici di Excel costruiamo due grafici. Uno che illustra la transizione da nero a bianco per tutti i punti di scatto, e l’altro che illustra la variazione tra un pixel e l’altro.
Sovrapponendo i grafici di tutte le riprese, il punto di miglior fuoco è visibile con maggior facilità, specialmente nel grafico Derivata.
Un’incertezza permane, ma la sua ampiezza è inferiore a un quinto della profondità di campo vicina.
6.3 Esempio di un grafico della scala inclinata.
Distanza un po’ minore della Foto precedente (1,4 m; DOF -30,91 mm; +32,35 mm) per non incorrere in fenomeni di battimento dovuti a troppe linee/mm. La Scala inclinata (a 45°) si trova al margine sinistro del campo inquadrato. Il Plot di Iris è sovrapposto all’immagine della scala.
Questo pattern, scegliendo opportunamente la densità delle linee, fornisce una buona risoluzione visiva già di suo, ma estraendo l’andamento del contrasto, la precisione migliora.
La prima scritta in alto è il valore RMS ottenuto da Excel della funzione di trasferimento dei blocchetti di linee. Sotto c’è il Diagramma che esce da Iris sovrapposto all’immagine. Questo è il diagramma del contrasto ottenuto sempre con Excel.
Il diagramma è stato ripreso da un’unica immagine, perciò non dovrebbe presentare irregolarità. Invece, delle irregolarità si notano nella parte molto sfocata, dove l’andamento pianeggiante della curva le evidenzia.
Sono dovute all’interazione [righe del Target] ↔ [Matrice del Sensore]. Uno dei famigerati gradi di aleatorietà che si presentano quando si fanno misure ad alta risoluzione con la propria fotocamera.
La seconda cosa che si nota, è il livello più alto nella zona sfocata vicina, rispetto a quella lontana.
È un semplice effetto dovuto al fatto che, essendo più vicina, si ha un maggior ingrandimento, quindi meno linee/mm. Il blocchetto di linee più lontano è largo 27 pixel, con 25 linee fanno 1,08 pixel/linea mentre quello più vicino è largo 56 pixel, quindi 2,24 pixel/linea, un po’ più del doppio.
Non è grave per la misura strumentale perché la variazione attorno al piano di messa a fuoco è piccola, ma può trarre in inganno se si valuta a occhio prendendo come riferimento punti lontani dal fuoco reale.
I pignoli possono comunque moltiplicare il file numerico per il corretto rapporto di riproduzione ottenendo un plot visivamente migliore. Due grafici con le dimensioni dei centimetri della scala, per diversi punti di prospettiva, si trovano nelle figure 6.8.3 e 6.8.4.
Come estrarre il blocchetto di dati per il grafico di Figura 6.3.2.
Per questo è richiesto un po’ più di lavoro che per la LSF.
1) Si isola il blocchetto di linee da cui si estrarrà il valore RMS della devianza.
I pixel d’inizio/fine si possono leggere, puntando il Mouse, sia dall’immagine sia dal grafico. Le linee di separazione tra i blocchetti sono più larghe e si vedono bene.
Nel plot il pixel e il valore appaino nella fascia grigia in basso facendo click con il mouse. Se non appiano fare prima un click su [Options] e subito dopo sul pixel. Nell’esempio qui sotto il pixel è 558 e il valore al minimo è 5124.
2) I dati per calcolare il valore RMS sono quelli che vanno dal primo valore di transizione da nero a bianco (indice 562), al primo valore di transizione da bianco a nero (indice 621) inclusi. I valori, privati dell’indice, si danno in pasto alla solita colonna di Excel.
3) Formule -> Altre Funzioni -> Statistiche -> DEV.ST(prima cella:ultima cella) e si ottiene il valore RMS che per questo file vale 8404. (nota: i due numeri sono separati da ”:”e non da “;” che, invece, separa i valori inclusi in una lista).
4) Variabilità. Un pixel può ballare tra due valori successivi della parte quasi sinusoidale e Il valore Rms in questo caso (60 pixel), cambiando un po’ gli indici, oscilla tra 8398 e 8454. Una variabilità casuale del ±0,6%.
Aumentando il numero di linee si riduce la variabilità, ma si riduce anche la risoluzione del punto a fuoco. Il contrario diminuendo il numero di linee. Quello che ho messo nelle scale inclinate mi sembra un compromesso decente (anche se può esserlo solo per me).
Facendo questo lavoro per tutti i blocchetti si estrae il grafico di figura 6.3.2.
6.4 Rapporto tra linee/mm e distanza.
Questo è uno di quei parametri che possono comportare errori di misura forti e non chiaramente
manifesti.
Deve, quindi, essere tenuto in grande considerazione poiché gli errori non sono facili da riconoscere.
L’uso di una scala inclinata, in questo caso 45°, implica che le righe, usate per la scala, devono essere proporzionate sia alla distanza del soggetto sia alla densità di pixel del sensore.
Quindi, alla fotocamera, poiché ogni tipo di fotocamera ha un sensore diverso.
Per le prove che seguono, ho usato tre stampe contenenti degli array regolari e ripetitivi di righe bianche e nere. Le stampe sono in A4 e ognuna di esse contiene quattro scale con righe larghe:
– SIU_1. Rapporto Bianco/Nero = 1:1.
Nero = 0,4 mm; Bianco = 0,4 mm.
Nero = 0,6 mm; Bianco = 0,6 mm.
Nero = 0,8 mm; Bianco = 0,8 mm.
Nero = 1,2 mm; Bianco = 1,2 mm.
– SIU_2. Rapporto Bianco/Nero = 2:1.
Nero = 0,4 mm; Bianco = 0,8 mm.
Nero = 0,6 mm; Bianco = 1,2 mm.
Nero = 0,8 mm; Bianco = 1,6 mm.
Nero = 1,2 mm; Bianco = 2,4 mm.
– SIU_3. Rapporto Bianco/Nero = 3:1.
Nero = 0,4 mm; Bianco = 1,2 mm.
Nero = 0,6 mm; Bianco = 1,8 mm.
Nero = 0,8 mm; Bianco = 2,4 mm.
Nero = 1,2 mm; Bianco = 3,6 mm.
La stampa sul medesimo foglio delle quattro scale garantisce che il fuoco è lo stesso per tutte e quattro.
Quelle sul medesimo foglio naturalmente. Io non sono stato particolarmente attento e, tra un foglio e l’altro, qualche differenza, nell’ordine di mezzo centimetro (o anche uno) può esserci. Errore mio.
Le ho fotografate alle distanze (approssimate) di: 0,5 m 1,0 m 1,5 m 2,0 m.
Le misure sono inserite nel titolo del grafico.
Distanza 0,5 m. Focale 50 mm. Rapporto di riproduzione 1:10.
Tutte le scale presentano fenomeni di battimento (indicati dalle linee blu) che influenzano il grafico.
La densità di coppie per centimetro, alla quale avviene, è:
04/04 = 13,0 06/06 = 8,3 08/08 = 6,0 12/12 = 3,8
Non c’è una diretta proporzionalità, la dipendenza è non è lontana dal reciproco dei rapporti ma è diversa.
Con la larghezza 1,2/1,2 l’influenza è debole, perché il battimento è abbastanza lontano dal fuoco, ma non è nulla. Il profilo del grafico nella parte vicina non è completamente regolare.
Con dei grafici così identificheremmo il fuoco in posizioni diverse su ogni scala invece che nello stesso punto com’è in realtà.
Stessa distanza ma densità di righe ½ (B:N = 3:1)
Esaminiamo le due densità di righe che il sensore vede nei due punti (larghezza 0,4 mm).
La densità di coppie, nei punti dove si ha il massimo, è:
Centimetro -2;-3 Scala 04/04 = 13,0 Scala 04/12 = 6,5
Centimetro -4;-5 Scala 04/04 = 12,0 Scala 04/12 = 6,0
(calcolate applicando le istruzioni del capitolo 6.B.
La differenza non è, quindi, correlata solo al numero di coppie per centimetro ma anche alla loro distribuzione interna.
Distanza 1 m. Focale 50 mm. Rapporto di riproduzione 1:20.
Pur essendo ancora poco significativa, è più vicina all’uso normale, perciò, ho fotografato tutti e tre i quartetti di scale che ho messo in appendice.
La scala da 04/04 è inutilizzabile.
La scala da 12/12 presenta il massimo visivo piatto, ossia senza attenuazione dovuta alla sfocatura per 2,5 cm. Ulteriori analisi numeriche, però, dovrebbero estrarre una posizione maggiormente definita.
Vedere al capitolo § 6.3 la prova con la Scala_1050.
Le due scale 0606 e 0808 presentano ancora dei battimenti ma più lontano dal fuoco.
Quartetto intermedio SIU_2.
Presenta un accenno di battimento solo con la scala 0404 ed è molto lontano dal fuoco. Per il resto tutto OK.
Le irregolarità del profilo di 0404 e 0606 sono il semplice effetto del campionamento non sincrono e sono inevitabili nei Test con la fotocamera.
Nonostante le Linee/cm inferiori, nella scala 0404 ricompare un battimento nocivo.
Prima di usare una scala è necessario provarla alla distanza di Test.
Distanza 1,5m. Focale 50 mm. Rapporto di riproduzione 1:30.
Siamo al limite superiore di utilizzo di una scala inclinata in formato A4 e un’occhiata superficiale non è sufficiente a definire il fuoco con precisione. Serve un’analisi numerica successiva.
Distanza 2,0 m. Focale 50 mm. Rapporto di riproduzione 1:40.
Siamo oltre un ragionevole utilizzo della scala inclinata. Sopratutto per la risoluzione del sensore, ma un po’ anche per la profondità di campo che sta crescendo.
Come si vede da queste due figure 6.4.9 e 6.4.10, però, il metodo, scegliendo la scala inclinata giusta, è ancora pienamente utilizzabile.
Conclusioni sulla scala inclinata.
Per rapporti di riproduzione da 1:10 a 1:40 (stampe in A4) e focali da 50mm in su, il metodo della scala inclinata va bene ma è necessario scegliere la scala con la giusta densità di linee perché il battimento tra le linee della scala e i pixel del sensore può causare errori di misura non trascurabili.
Questo, però, non è un problema. Con alcune prove preliminari, si vedono le iterazioni Scala ↔ Sensore e si sceglie l’accoppiata giusta.
Il problema serio sono le iterazioni Target ↔ Sensore AF con figure geometriche fini e ripetitive.
Queste iterazioni non si vedono, e possono causare un errore assai più grave poiché il sensore AF è privo di filtro Antialias (il sensore d’immagine c’è l’ha. Debole, ma debole è meglio di niente). Eliminarle, scegliendo le combinazioni opportune, è possibile ma, dovendo ricorrere a misure indirette, è un lavoro lungo.
Meglio eliminare le figure geometriche, ripetitive e fini, dai Target per il Test dell’Autofocus.
Dopotutto queste figure non le troveremo mai(o quasi) tra i nostri soggetti.
Cosa c’importa di testarle?
6.5 Esempio di un grafico con scala rada.
Quando le scale con le righe fitte causano errori, per effetto moirè, nell’identificazione del fuoco (capitolo 6.4) si può ricorrere alla scala con linee rade di figura SIR_1.
Spiegazione dei grafici.
Ho scattato due foto, una con la linea (quasi)perfettamente parallela al sensore e una inclinando il Target di un grado. Per ognuna delle due ho fatto due grafici, uno con una sola riga e uno sommando 100 righe. Sommando più righe si media il rumore e, se la linea del Target non è esattamente parallela alle righe del sensore, si mediano anche i bordi. Questo riduce la pendenza ma riduce anche l’incertezza di un pixel dovuta al campionamento. Esiste un numero di linee ottimale per cui sommandole le cose migliorano. Quante? Boh! Bisogna fare delle prove.
Con la linea perfettamente parallela al sensore tra usare una riga singola e sommare più righe non ci sono differenze evidenti. Inclinando la linea di 1° invece, la somma rende il massimo un po’ più visibile. Prendiamo le sole linee della zona della profondità di campo il numero, da 1 a 9, è riportato nell’immagine della scala.
Figura 6.5.3
Con le linee inclinate di 1° rispetto al sensore anche con il grafico amplificato, il fuoco sulla linea 6 è abbastanza chiaro. Altre due informazioni, estraibili dal grafico, sono l’area verso il nero della linea e la pendenza massima dei due bordi (la media dei due). L’area ha un massimo chiaro sulla linea 6,nella pendenza, invece, il massimo è al limite della visibilità.
Per analizzare le cause dell’anomalia nell’area della linea 3, ho fotografato il gruppo di linee con il 100mm macro.
La linea 3 (è in posizione 30 della scala) è un po’ più larga di quelle adiacenti.
Linea 3: Larghezza al centro = 82 pixel; Area = 634,57;
Linea 4: Larghezza al centro = 80 pixel; Area = 626,38;
L’anomalia dell’area è un difetto di stampa.
Nella linea 2 (posizione 40) ci sono molti puntini bianchi, altro difetto di stampa (forse dovuto alla carta).
Inevitabili difetti di stampa a parte, con un po’ di lavoro si può identificare la posizione del fuoco con una precisione di mezzo centimetro su una profondità di campo -1,56 cm, +1,61 cm, quindi 1/3 della DOF vicina e 1/6 di quella totale. Circa la stessa precisione degli altri metodi.
Nota: Questa risoluzione nell’identificare il fuoco, non è assoluta ma è proporzionale alla profondità di campo. Con profondità di campo maggiori l’identificazione peggiorerà proporzionalmente.
6.6 Grafico con l’ISO 12233 a 70 linee/mm.
Il Target è una stampa A0. Questa prova è stata perciò eseguita variando la distanza Target <-> Fotocamera.
Nelle prime due spostando la fotocamera e nelle altre due con la procedura più complessa di tenere fissa la distanza di scatto e spostare il punto di Autofocus (capitolo 2.3).
Nella carta ISO 12233 la densità delle linee/mm cambia, con un segmento d’iperbole, da 30 a 100.
Questa caratteristica è utile per mantenere le linee/mm sul sensore costanti indipendentemente dalla distanza di scatto. Esempio (i numeri sono messi a caso):
– Alla distanza X0, le linee/mm stampate sulla carta sono corrette e il centro del fotogramma Y/2 è puntato sul centro della carta.
– Scatto in AF e grafico della riga a 70 linee/mm.
Questa riga dista dal centro della carta Y0.
– Obiettivo in MF; Distanza X1 = X0 + 11,7%;
Sul sensore, a causa dell’aumento della distanza, tutti i rapporti Carta/Sensore sono aumentati dell’11,7%. Le linee/mm a Y0 sono passate da 70 a 81,7 ma anche Y0 è aumentato passando a un Y1 che ora punta sulle 60 linee/mm. 60 che, dato l’aumento dell’11,7%, è ora 70 linee/mm, esattamente quelle di prima.
– Convertendo, con Iris, la medesima riga del sensore si convertono le medesime linee/mm. Beh! La compensazione non è proprio perfetta ma, con questa geometria di scatto, è molto molto buona.
Questa tabella di Excel (Figura 6.6.2) illustra i valori reali.
In pratica non dobbiamo fare nulla. La compensazione è automatica. Uno dei rari casi in cui le cose sono più facili a farsi che a dirsi.
Domanda: “L’ISO 12233 è stata progettata anche con questo scopo?”
Io non lo so ma non lo escludo. La carta è progettata con moltissima cura e ha molti particolari che non conosco perché occorre essere iscritti alle ISO. Molti (troppi) anni fa, l’iscrizione era sui 5000$ l’anno. Un po’ troppi per chi non ha esigenze professionali ma l’andamento iperbolico, ossia secondo 1/x, è quello idoneo a questa compensazione e penso sia stato scelto intenzionalmente. Questo è il grafico ricavato dalle quattro prove.
D Variabile. È il grafico estratto analizzando le medesime linee/mm del Target, quindi variabili sul sensore.
D Corretta. È il grafico estratto analizzando la medesima riga di pixel del sensore, quindi a linee/mm costanti (la procedura facile appena descritta). È il più regolare, ma differisce di poco da D Variabile.
D Costante. È il grafico estratto con la complessa procedura di tenere fissa la distanza di scatto e spostare il punto in cui si fa l’AF (capitolo § 2.3). È il più seghettato di tutti e questo è il secondo tentativo, il primo era peggiore. Non sempre a complicarsi la vita, mostrandosi troppo i pignoli, si fanno le cose meglio, a volte si fanno peggio.
Bordo. È Il grafico della transizione al bordo del quadrato nero centrale. In pratica è la LSF già vista al capitolo 6.2.
È un po’ seghettato perché, essendo fatto sul singolo pixel, risente fortemente del salto del pixel.
Inclinata. È il grafico di Figura 6.3.2 inserito per riferimento. È tratteggiato perché, essendo stato ripreso a una distanza diversa, per inserirlo qui ho dovuto taroccarlo.
6.7 Esempi di Linee/mm con l’ISO 12233.
È un’estensione delle prove al precedente capitolo 6.6.
Per prima cosa, l’importanza di una posizione di scatto stabile.
La macchina era montata sulla slitta micrometrica Manfrotto 454.
“Bloccata” significa che è fissata con lo stuzzicadenti (Figura 5.0.2), ”non Bloccata” che è lasciata lasca.
Visivamente, la maggior nitidezza di quella bloccata si distingue bene nelle immagini originali, ma non in quelle compresse da word, nemmeno con l’immagine larga quanto la pagina e non rimpicciolita come nella figura. I grafici, presi sullo scatto con il fuoco migliore, però la evidenziano bene.
Rms è il valore della deviazione standard ricavato da Excel a 70 linee/mm. I grafici a diverse linee/mm, presi sempre sullo scatto con il fuoco migliore .
Fino a 80 linee/mm il segnale diminuisce, ma il grafico rivela un numero di linee (uguale al numero di denti di sega del grafico) pari all’immagine.
È naturalmente irregolare perché la macchina, quando è usata come strumento di misura, ha i suoi limiti.
Tra 80 e 100 linee/mm, invece, il numero di linee prima si dimezza poi diventa un terzo. La transizione si vede abbastanza bene anche nella piccola immagine in basso a destra.
È questa la zona della falsa nitidezza, fenomeno dovuto al battimento tra i pixel del sensore e le righe dell’immagine. Un filtro antialias efficiente lo eliminerebbe, ma un filtro antialias efficiente castrerebbe la risoluzione del sensore e darebbe un grigio uniforme.
La colorazione rossa quando le linee diventano molto fitte non è, o più esattamente non è solo, aberrazione cromatica dell’obiettivo, ma anche MTF del sensore. Non dimentichiamo che la densità di pixel verdi è un mezzo e quella di pixel blu e rossi è un quarto. Questa è una cosa che non si deve mai dimenticare quando si parla di risoluzione (o MTF) del sensore.
6.8 Selezione di un Blocchetto di Linee.
Questo capitolo riguarda la scelta della scala inclinata. Precisamente i pro e i contro di una scala con i segmenti visualmente separati e di una scala con la rigatura continua.
Scala con segmenti visualmente separati.
Con questo termine intendo le scale inclinate che ho disegnato nelle figure da S1 a S4 dell’Appendice.
Le ho divise in blocchetti di 5 o 10 linee separati da una linea nera più larga e più spaziata delle altre.
Questo permette di identificare le distanze semplicemente osservando i pixel con il nero più profondo e più largo. Non è necessario fare nessun calcolo. Essendo priva di allergeni questa procedura è adatta a tutti, anche a chi soffre di una pesante allergia verso i calcoli.
La contropartita è una scala con le divisioni rigide, e il dover prestare attenzione a non inserire, nel blocchetto dei dati da analizzare, un pixel appartenente alla zona di divisione.
Attenzione che non va trascurata. Queste misure comportano molte azioni ripetitive e, dopo un po’ che ripetiamo le medesime cose, l’attenzione cala inevitabilmente. Qualche errore, perciò, è sempre dietro l’angolo.
Scala con rigatura uniforme.
Con questo termine intendo le scale inclinate che ho disegnato nelle figure da SIU_1 a SIU_3 dell’Appendice.
Usare una rigatura uniforme ha il vantaggio di poter scegliere la grandezza dei blocchetti al momento e di non avere discontinuità che possano comportare errori nei dati del contrasto, ma! Come diceva un noto biologo evoluzionista:
è Scala con rigatura uniforme.
Con questo termine intendo le scale inclinate che ho disegnato nelle figure da SIU_1 a SIU_3 dell’Appendice.
Usare una rigatura uniforme ha il vantaggio di poter scegliere la grandezza dei blocchetti al momento e di non avere discontinuità che possano comportare errori nei dati del contrasto, ma! Come diceva un noto biologo evoluzionista:
“In natura non esiste un pasto gratis”.
E necessario fare qualche calcolo o usare la procedura del capitolo successivo, § 6.8 (esiste sempre più di un sistema per fare le cose).
I numeri sulla scala inclinata, infatti, indicano le distanze dal sensore, quelle che determinano la DOF.
Distanze che sono lineari, ma la linearità non vale per le distanze trasversali all’asse ottico, quelle che definiscono i limiti del blocchetto dati, o la posizione dei limiti della DOF. Si vede in questa immagine ripresa con un 50 mm da 1 m e su cui ho allungato i riferimenti della scala sul Target.
Questa immagine è a TA, per ridurre l’incertezza dovuta alla sfocatura riprenderne una a F/8 o F/11.
Per avere queste distanze, quando manca l’indicazione sulla rigatura, occorre:
1. Fare qualche calcolo. Ossia far eseguire qualche calcolo a un computer. A farli a mano il danno è maggiore dell’utilità.
2. Raddoppiare i riferimenti. Oltre alla scala laterale alla rigatura serve anche una scala sul Target. O meglio bastano tre punti per parte, ma mettendo due scale ci leviamo ogni pensiero.
I calcoli per identificare i pixel di separazione tra i blocchetti sono molto semplici e non richiedono nessuna nozione di trigonometria ma solo rapporti poiché si basano sui triangoli simili. È, quindi, conveniente farli (in Excel occupano una sola colonna) anche quando la scala ha i blocchetti separati perché ci evita degli
errori di disattenzione. Questa è la prospettiva sotto cui è vista la scala inclinata.
In viola il piano del Target, in blu la prospettiva sul sensore.
Il bordo di un blocchetto sarà spostato dal centro di:
Lateralmente: h *|n|;
Longitudinalmente b * n;
dove ‘n’ è il numero, con segno (positivo se sopra, negativo se sotto), di blocchetti che lo precedono dall’asse ottico. Abbiamo una serie di triangoli simili:
h/(Ds+b) = P+1/f; 2h/(Ds+2b)=(P+1 + P+2)/f; 3h/(Ds+3b)=(P+1 + P+2 + P+3)/f; …
[h] e (b) sono noti. Per semplificarci la vita teniamo: h = b = 10 mm.
[f] Lo fissiamo alla lunghezza focale nominale dell’obiettivo perché il piano di proiezione, disegnato in blu, è in realtà sul sensore.
[Pn] Lo misuriamo (in pixel) sul sensore e lo trasformiamo in millimetri.
Pxm = Hsensore(in Pixel) /Hsensore(in Pixel); Pixel per millimetro del sensore (5D mk0 = 121,841)
Pn(in mm) = Pn(in pixel) /Pxm;
l’unica incognita è [Ds] che ricaviamo facilmente:
(Ds+b) =h*f/P+1; …
Per ridurre l’errore ricaviamo Ds prendendo molti blocchetti.
Prendendo il medesimo numero di blocchetti [n] (nota 6.8.1) sopra e sotto l’asse ottico, (b) si annulla (sopra è positivo, sotto è negativo) e abbiamo:
Ds = 2*n*h / Pn;
A questo punto possiamo calcolare la fine (in pixel) di ogni blocchetto reale.
Distanza reale dall’asse ottico del segmento (mm). Dr = (+/-) n*h;
Distanza prospettica dall’asse ottico del segmento (pixel)
Dpn = Asse(pixel) – Dr * Pxm * f / (Ds + Dr);
Nota 6.8.1).
Verificando (memento inspectio semper) la posizione che esce dal calcolo, per i due punti da cui siamo partiti, di solito si trova che i valori non coincidono. Di poco, ma non coincidono. Ci sono due cause principali.
1°. Sono spostate nella stessa direzione. Controllare il valore in pixel assegnato alla posizione sull’asse (e farlo anche per gli altri due riferimenti). Sbagliarsi di qualche pixel è facilissimo.
2°. Sono entrambi spostati o verso l’esterno o verso l’interno. Si verifica specialmente quando abbiamo scelto due punti vicino agli estremi della scala, mentre se scegliamo due punti a metà (n=5), di solito sono uguali o quasi. La causa è la distorsione dell’obiettivo (nota 6.8.2).
Il calcolo presuppone un obiettivo ortoscopico, ma gli obiettivi hanno sempre un po’ di distorsione, in particolare a tutta apertura e noi, per avere una miglior risoluzione nella misura del fuoco, lavoriamo proprio a TA. Scegliendo due punti a metà normalmente siamo in zona lineare, mentre, avvicinandoci agli estremi la distorsione aumenta. Da punto di vista del fuoco, la faccenda è irrilevante per la misura ma, se non ci piace, possiamo o scegliere due punti che diano il miglior
compromesso, o modificare a mano il valore di Ds.
Nota 6.8.2).
Per il mio 50mm F/1,4, a 50 cm di messa a fuoco e sull’asse verticale, trovo:
Oppure possiamo calcolare la lunghezza relativa dei vari segmenti fissando la distanza da cui sono visti.
In questo caso non occorre fotografare nulla, si calcola direttamente.
Contropartita:
con il sistema precedente si compensano alcuni errori di posizione, con il solo calcolo non si compensa nulla, la posizione deve essere molto precisa.
Allego due diagrammi in cui per ogni distanza dall’asse ottico è indicata la lunghezza in millimetri sotto cui è visto un segmento di un centimetro.
6.9 Inserire la DOF nel Grafico di Iris.
Per farlo si può usare Irfan View che è (quasi) gratis. Non servono calcoli. Elementi molto allergenici.
È sufficiente fare il contrario di quello che ho fatto nella figura 6.8.1. Invece di tirare le linee di riferimento dalla scala ortogonale sul Target alla scala inclinata si tirano dalla scala inclinata alla scala ortogonale sul Target. Solo per la DOF, non serve nemmeno tirare delle linee, basta eseguire la classica selezione dell’area
di crop. Quella che con il mouse disegna un rettangolo (si può usare anche DPP o altri programmi).
In questa immagine il Dof Calculator di Van
Walree @
http://www.vanwalree.com/optics/vwdof.html
Per le condizioni di scatto si ha una profondità di campo che va:
da 0,984387 m = -1,561 cm;
a 1,01612 m = +1,612 cm;
Usiamo queste due coordinate per disegnare il rettangolo del crop.
La finestra di destra, che si apre con “shift + C”, da le coordinate in pixel.
Limite lontano = 480;
Limite Vicino = 480 + 200 = 600;
Per una corrispondenza visiva immediata possiamo sovrapporre immagine e grafico.
Naturalmente per avere la corrispondenza si deve levare l’asse verticale che non fa parte dell’immagine quindi:
Naturalmente il grafico possiamo anche sovrapporlo al limite della scala inclinata (che avremo avuto l’accortezza di centrare) così la corrispondenza è immediata.